DEL RIO: SCIOPERI VIETATI

Redazione di Operai Contro, dopo lo sciopero della metropolitana a Roma, la paura dei padroni fa 90. Per questo motivo Del Rio e  i sindacalisti vogliono vietare gli scioperi Occorre mostrare la faccia felice perché  altrimenti padroni e politici piangono A mio parere durante l’Expo e il Giubileo occorre incrementare gli scioperi. Del Rio e Pisapia non rompano Un lavoratore Dal Corriere ROMA «Gli accertamenti sono ancora in corso e non mi voglio sbilanciare, però…». Però? «Se si dovesse dimostrare che un piccolo gruppo di persone è riuscito a tenere in ostaggio la Capitale sarebbe un salto indietro nel […]
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Redazione di Operai Contro,

dopo lo sciopero della metropolitana a Roma, la paura dei padroni fa 90.

Per questo motivo Del Rio e  i sindacalisti vogliono vietare gli scioperi

Occorre mostrare la faccia felice perché  altrimenti padroni e politici piangono

A mio parere durante l’Expo e il Giubileo occorre incrementare gli scioperi.

Del Rio e Pisapia non rompano

Un lavoratore

Dal Corriere

ROMA «Gli accertamenti sono ancora in corso e non mi voglio sbilanciare, però…». Però? «Se si dovesse dimostrare che un piccolo gruppo di persone è riuscito a tenere in ostaggio la Capitale sarebbe un salto indietro nel tempo, una cosa gravissima. Tanto più adesso». Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio arriva da Reggio Emilia, dove i trasporti pubblici funzionano decisamente meglio che a Roma. Forse per questo fatica a credere ai racconti del solito venerdì nero di Roma: la metropolitana ferma ancora prima dell’orario previsto per lo sciopero, i treni che hanno lasciato i passeggeri a metà corsa.

Perché, ministro, dice che la cosa è più grave adesso?
«Siamo alla vigilia di due eventi che porteranno l’immagine dell’Italia nel mondo, come l’Expo e il Giubileo. E tutti – politici, sindacalisti, lavoratori – dobbiamo assumerci la nostra dose di responsabilità verso il sistema Paese. Non possiamo lasciare a piedi i visitatori che vengono nelle nostre città e non possiamo lasciare a terra chi ogni mattina prende il bus o la metro per andare in ufficio. Anche perché spesso sono i cittadini più deboli, come gli anziani o gli studenti».

Sta chiedendo di non organizzare scioperi nelle prossime settimane?
«Nessuno vuole comprimere un diritto sacrosanto dei lavoratori ma credo sia una questione di sensibilità sociale, di affetto verso il nostro Paese. Parlerò anche di questo con i sindacati, che mi hanno scritto per incontrarmi. Li riceverò presto e volentieri».

Cambierete le regole degli scioperi nel disegno di legge sul trasporto locale che presenterete nelle prossime settimane?
«Il tema è sul tavolo, ne stiamo discutendo anche con l’Autorità di regolamentazione dei trasporti. Non abbiamo ancora deciso se ci sarà un intervento di legge o di altro tipo. Ma è chiaro che servono delle regole più stringenti».

Pensate di consentire lo sciopero solo se viene proclamato dalle sigle che rappresentano la metà più uno dei lavoratori del settore?
«È ancora presto per entrare nei dettagli, tuttavia se c’è un accordo fra la maggioranza dei sindacati, sia per fare uno sciopero sia per non farlo, mi riesce difficile pensare che la minoranza possa decidere tutto».

Nella riforma allo studio si dice che il controllo dei biglietti sul bus può essere affidato anche a vigilantes privati. Perché?
«Perché sono ancora tanti, troppi, quelli che il biglietto non lo pagano. Quando va bene, in Italia, l’incasso dei biglietti copre il 30% dei costi aziendali. La media europea è il doppio. Tuttavia non vogliamo mettere un poliziotto o una guardia giurata su ogni bus: il biglietto si paga perché è un dovere, non perché si ha paura della multa. La nostra idea è consentire di scaricare dalle tasse, in tutto o in parte vedremo, il costo dell’abbonamento ai mezzi pubblici».

Fino a qualche anno fa era possibile.
«Ed è stato un errore toglierlo: è un modo per aiutare i cittadini a essere più responsabili».

Se i biglietti coprono la metà dei costi del trasporto rispetto all’Europa, però, non sarà colpa solo dei “portoghesi”. Dobbiamo aspettarci aumenti delle tariffe?
«Il problema non è il prezzo del biglietto ma l’efficienza delle imprese. Oggi nel settore abbiamo troppe imprese, e con bacini di utenza troppo piccoli. In tutto, in Italia, ce ne sono più di 150. Il nostro obiettivo è arrivare a 40/50».

E come?
«Favorendo le fusioni con incentivi fiscali alle imprese che si uniscono, ad esempio con un taglio dell’Irap. Oppure consentendo ai Comuni che dismettono le loro quote per favorire una fusione, di usare l’incasso al di fuori del patto di stabilità».

Volete aprire le porte ai privati, quindi. E anche alle ferrovie dello Stato? «Sono ipotesi che non vanno precluse ma incoraggiate. Questo è un settore a basso rendimento, è difficile fare i soldi con i bus. Aziende che si occupano anche di altri servizi, magari più redditizi, possono essere di grande aiuto».

Parliamo di grandi opere. Che fine faranno gli oltre 400 progetti che non sono entrati nella mini lista del Def, il Documento di economia e finanza?
«C’è stato un grande equivoco. Le opere elencate nel Def non sono quelle che prendono soldi ma, più semplicemente, quelle che collegano l’Italia all’Europa oppure hanno valenza sovra regionale».

Eppure sindaci e governatori delle opere rimaste fuori sono molto preoccupati.
«A partire dalla prossima settimana incontreremo una Regione per volta e faremo il punto. Più che alla lista, però, farei attenzione ai piani economici finanziari. Io sono favorevole al project financing , le opere pubbliche realizzate con l’aiuto dei privati. Ma non è possibile che si apre un cantiere, se si dice che lo Stato metterà un miliardo di euro e poi finisce che ne deve mettere 7 su 14».

Si riferisce all’autostrada Orte-Mestre?
«Anche quella va osservata attentamente ma il discorso vale per tutti i cantieri. Lo Stato non sarà più il bancomat delle imprese che vogliono guadagnare con le varianti in corso d’opera. E per questo rottameremo il principio del massimo ribasso, che spesso si è rivelato un trucco per portare a casa l’appalto e poi far lievitare i costi».

Nel suo primo giorno al ministero, ha preso la bicicletta ma è andato contromano. Le hanno fatto la multa?
«No, ma non me ne sono accorto, chiedo scusa. Erano cinque metri appena. E comunque nella mia città andare contro mano in bici è possibile. È per una questione culturale: i centri storici devono essere di pedoni e biciclette».

Roma, però, non è Reggio Emilia. Il casco non se lo mette?
«Ma non è mica obbligatorio. Vado in bici per avere l’aria in faccia e il vento fra i capelli. Poi mi chiudo in ufficio tutto il giorno: almeno quei 5 minuti lì lasciatemeli».

 

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