IL LAVORO A SALARIO NON EMANCIPA, RENDE SCHIAVI

Alla Stellantis di Melfi sindacalisti firmatutto e politici locali sono tutti contenti. C’è la promessa che sulle linee si lavorerà su nuovi 5 modelli. In che condizioni, con quali salari, attraverso quanti licenziamenti mascherati non è dato di sapere, tanto saranno gli operai a farne le spese.
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Alla Stellantis di Melfi sindacalisti firmatutto e politici locali sono tutti contenti. C’è la promessa che sulle linee si lavorerà su nuovi 5 modelli. In che condizioni, con quali salari, attraverso quanti licenziamenti mascherati non è dato di sapere, tanto saranno gli operai a farne le spese.

Il lavoro è diventato l’obiettivo. Sembra che la massima aspirazione di un operaio sia quella di lavorare. Ad ogni costo e in qualsiasi condizione. Questa è la concezione che hanno i nostri sindacalisti. Si firmano accordi su accordi solo per il “lavoro”.
Con l’ultimo comunicato dei firmatutto a Melfi del 3 ottobre, i suddetti esultano: “Finalmente i 5 modelli sono realtà”. La dirigenza Stellantis ha dato loro il contentino. La “realtà” a cui fanno riferimento i sindacalisti, dovrebbe cominciare tra un anno per il primo modello; fra due anni per altri due modelli; e fra tre anni per gli ultimi due. Dei cinque modelli uno solo a marchio jeep.
Tra un anno finirà la produzione della 500L e tra due anni quella della Renegade.
Nei prossimi due anni, quindi, verranno eliminati dalla produzione due modelli e dovrebbero sostituirli i primi tre elettrici perché gli ultimi due arriverebbero l’anno dopo.
Dal punto di vista del “lavoro” è evidente che non ci saranno miglioramenti, ma sicuri peggioramenti. Le auto elettriche, come ben sanno gli operai, hanno bisogno di meno lavoro in produzione e, quindi, già ora molti operai sarebbero in esubero anche se tutti e cinque i modelli venissero prodotti subito. Quindi, da qui a tre anni l’azienda sarà impegnata a far fuori quelli che non servono, continuando la politica seguita fino ad ora.
Il settore più colpito sarà l’indotto. Non a caso nel comunicato i sindacalisti ricordano che la stessa Stellantis chiama in causa i politici “per una trasformazione epocale del settore automotive che non produca danni sociali”. Tradotto in linguaggio chiaro, significa che lo smaltimento degli esuberi dovrà essere attuato con partecipazione e soldi anche dello Stato.
Queste sono le conseguenze sicure della “grande conquista” dei cinque modelli, se verranno effettivamente prodotti. Perché bisogna ricordare che già il caro Marchionne ci ha abituato, prima di Tavares, a piani industriali annunciati, ma mai realizzati, almeno dieci. Servivano a sostenere le prese in giro dei nostri sindacalisti nelle loro politiche “per il lavoro” del passato che come risultato hanno avuto il dimezzamento degli operai Fca in poco più di dieci anni.
Le politiche per “il lavoro” hanno un solo scopo: tenerci buoni e farci dimenticare i veri problemi. Nella realtà il padrone segue un solo piano industriale: quello che gli dà la possibilità di realizzare subito il massimo profitto.
A noi operai servono i soldi, non il lavoro. Se potessimo scegliere, non ci faremmo consumare su una linea per quattro soldi per far vivere senza fare niente un branco di parassiti che, con quello che noi produciamo, fanno la bella vita.
In questo sistema di produzione noi lavoriamo solo fino a quando serviamo per arricchire il padrone. Diventiamo disoccupati quando non serviamo più.
Non ci sono piani industriali diversi per noi. Se il padrone non guadagna abbastanza, o ha la possibilità di guadagnare di più da altre parti o in altro modo, il nostro “lavoro”, il mito dei sindacalisti che non lavorano, finisce.
Noi dobbiamo difendere i nostri interessi attuali, qui ed ora.
Mentre gli azionisti Stellantis ingrassano sempre di più, noi siamo quasi alla fame con i salari sempre più bassi.
Mentre i sindacalisti si masturbano sui piani futuri per il lavoro, noi di lavoro bestiale, sulle linee, qui e in trasferta, ne abbiamo fin sopra i capelli. Ora ci interessa abbassare i ritmi del lavoro attuale, non il lavoro che verrà.
In America, gli operai dell’auto guidati da un sindacato, passato attraverso una crisi in cui vertici erano finiti in buona parte davanti ai giudici perché avevano preso mazzette dai padroni, compresa Fca dell’ illuminato Marchionne, sono in sciopero per ottenere più soldi in busta paga, migliori condizioni di lavoro, uguale trattamento per fissi e precari, aumenti salariali legati all’inflazione in modo automatico.
Da noi, sindacalisti che si offendono se li si chiama venduti, invece di interessarsi di questi problemi, che da noi sono ancora più gravi che in America, si travestono da amministratori aziendali e plaudono per i piani industriali annunciati dai padroni veri, con la scusa di “difendere il lavoro”. Se non si vendono per grandi cifre, si vendono per piccoli privilegi abbracciando in pieno, fabbrica per fabbrica gli interessi dei padroni.
F. R.

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