NON C’E’ BISOGNO DI CERCARE LONTANO

Basta questa intervista di un operaio che fa lo stesso lavoro dei cinque operai ammazzati a Brandizzo per capire di chi sono le responsabilità e sotto quali pressioni sono costretti a lavorare pagando con la vita.
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Basta questa intervista di un operaio che fa lo stesso lavoro dei cinque operai ammazzati a Brandizzo per capire di chi sono le responsabilità e sotto quali pressioni sono costretti a lavorare pagando con la vita.

Ha poco più di trent’anni, il fisico messo a dura prova dal lavoro da operaio che costa fatica quotidiana, non vuole rivelare il suo nome ma racconta come funziona la vita degli operai di manutenzione delle ferrovie che quasi ogni sera sui binari della Rfi fanno lo stesso lavoro dei cinque operai morti dell’impresa Sigifer a Brandizzo :
«Non dormo da due notti. Quella della tragedia mi hanno avvisato alle tre. Stavo lavorando, ero sul binario di una stazione in Lombardia. Mi hanno detto che Michael, Kevin, Saverio e gli altri erano morti, tutti. Avevo in mano un attrezzo. L’ho appoggiato a terra perché mi sono sentito un tuffo qui, sul cuore. Da allora non riesco a prendere sonno. Noi sappiamo che si inizia a lavorare quando il capo ci dice a voce che possiamo farlo. E ce lo dice non quando arriva un pezzo di carta, ma quando i treni hanno smesso di passare. Fanno tutti così. Passato l’ultimo treno che trasporta passeggeri, si va sui binari. Il modulo, o l’autorizzazione, arriva, ma entro la fine del nostro turno di lavoro». «Di solito – racconta l’operaio, che ha lavorato in passato con alcune delle vittime – si inizia a lavorare verso le 23, perché dopo quell’ora i treni non ci sono più. Si va alla stazione tutti insieme, su un furgone, e si inizia a scaricare. Questa operazione è lunga, perché bisogna tirare giù dal camion attrezzi pesanti, e a volte percorrere anche 500 metri per portarli nel punto giusto. A me è capitato di trasportarli di persona anche per un chilometro intero, camminando sul binario». Concluse le operazioni preliminari, iniziano i lavori di manutenzione o saldatura. E per finirli c’è un tempo massimo. «Non si può assolutamente sforare un certo orario, che di solito corrisponde alle 4 di mattina. Perché se la ditta che lavora per Rfi, finisce i lavori più tardi, paga delle penali altissime, alla stessa Rfi, perché provoca ritardi ai treni passeggeri. A noi dicono sempre così, che bisogna fare in fretta. Che un minuto di ritardo nostro, può costare anche 5mila euro, o 4mila euro al minuto da pagare. Quando un treno è in ritardo, la mattina, c’è la caccia al colpevole, e si scarica subito la colpa su chi fa i lavori ai binari. Ecco perché si inizia presto a lavorare, verso le 23, appena sono passati gli ultimi treni della sera, per guadagnare tempo».
«Da quanto ne so – specifica nel dettaglio l’operaio che ha una decina d’anni d’esperienza – noi sappiamo che bisogna iniziare a lavorare subito, il prima possibile. Poi l’autorizzazione di carta, nel frattempo arriva. La cosa essenziale è riceverla prima che il turno finisca. E abbiamo poche ore per fare tutto, solo cinque di solito, e spesso per terminare lavori lunghi e complessi». «Erano tutti bravi e preparati i cinque ragazzi che sono morti – conclude – c’è chi aveva appena iniziato, come Kevin, da soli due anni, e chi invece come Saverio di anni ne aveva 53. Ognuno a modo suo aiutava gli altri e ce la metteva tutta. Quel treno li ha presi di spalle. Non potevano vederlo». «Adesso che sono morti – si lascia scappare prima di andare via –tutti capiscono quanti rischi correvano e quanti ne corriamo»
La magistratura sta accertando le responsabilità e ha indagato i due capi responsabili di quanto accaduto. Il primo, responsabile rfi del cantiere che li ha autorizzati senza autorizzazione formale ed il nulla osta del centro di controllo di Chivasso. L’altro è capo cantiere della Sigifer (impresa appaltatrice dei lavori sulla linea)
I capi squadra nella realtà sono quelli che sono i veri responsabili di ciò che succede quando un operaio muore sul lavoro o viene menomato da un macchinario.
Ingegneri, capi fabbrica, capi reparto, capi turno sono i solerti esecutori degli interessi del padrone, spingendo gli operai come buoi al macello per concludere velocemente il lavoro anche a costo di saltare le più normali norme antinfortunistiche.
Questi moderni kapo, che fanno il lavoro sporco per conto del padrone permettendogli di restare estraneo al processo produttivo, minacciano costantemente gli operai di provvedimenti e di sanzioni disciplinari finanche di licenziamento, affinché il lavoro proceda velocemente senza interruzioni garantendo il massimo del profitto, e garantendo a se stessi una più alta retribuzione. Ora il responsabile che ha spinto gli operai sulla massicciata ferroviaria i 5 operai per iniziare velocemente i lavori, può non dormire più di notte fino a consumarsi la coscienza, può avere sensi di colpa enormi ma ciò non toglie che è stato parte integrante di questa macchina spaventosa che maciulla gli operai in nome del profitto.

D.C.

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