IMMIGRATI: UNO SPORCO GIOCO DELLE PARTI

Redazione di Operai Contro, Ricevo e volentieri diffondo la piccola testimonianza inviata da un compagno tedesco della FdA. Riguarda la situazione dei rifugiati in Germania ed è scritto da alcuni attivisti del gruppo Refugees Welcome della città di Bonn. Certo è molto parziale perché non riguarda situazioni più vivaci e attive di Amburgo o Berlino, bensì una realtà molto più circoscritta. Che dire? In Europa si consuma uno sporco gioco a scarica barile ai danni dei rifugiati politici e, in generale, degli immigrati, che sono anch’essi rifugiati, altrimenti se ne resterebbero ben volentieri a casa loro. Intanto in Italia […]
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Redazione di Operai Contro,

Ricevo e volentieri diffondo la piccola testimonianza inviata da un compagno tedesco della FdA.

Riguarda la situazione dei rifugiati in Germania ed è scritto da alcuni attivisti del gruppo Refugees Welcome della città di Bonn. Certo è molto parziale perché non riguarda situazioni più vivaci e attive di Amburgo o Berlino, bensì una realtà molto più circoscritta.

Che dire? In Europa si consuma uno sporco gioco a scarica barile ai danni dei rifugiati politici e, in generale, degli immigrati, che sono anch’essi rifugiati, altrimenti se ne resterebbero ben volentieri a casa loro.

Intanto in Italia si recita la tragica pantomima di Lampedusa, dopo che tre mesi fa papi e presidenti avevan pianto lacrime di coccodrillo, senza nulla vedere … A ruota, il CIE di Ponte Galeria fa scoprire alle anime belle del PD lo sconcio delle galere per immigrati, dimenticando la Turco-Napolitano che le istituì … Più onesto è il destro Lupi che difende la Bossi-Fini, rivendicando il sano razzismo di molti bravi italiani.

Se non ci fosse da piangere, ci sarebbe da ridere.

Buon natale. Dino,

«Con questo testo vogliamo informarvi a proposito della condizione effettiva di tre persone, un caso che è un esempio di una situazione più diffusa. In aprile tre rifugiati originari della Nigeria sono arrivati a Bon. Con il nostro gruppo “Refugees Welcome” (Bonn) e con l’aiuto di singoli impegnati abbiamo potuto e possiamo ancora sostenerli. Ma la situazione di Mohammed, Sabi e Obinna è ancora incerta e molto difficile. Anche se abbiamo trovato loro una stanza per un periodo limitato, loro non hanno ancora ottenuto alcun sostegno dallo stato. Riescono a vivere grazie a quello che raccolgono volontari e donatori privati.

Questo è molto importante per stimolare la pressione dell’opinione pubblica e per denunciare questo caso come esempio della politica di asilo dell’Unione Europea e spingere verso un cambiamento. Queste tre persone non sono in alcun modo un caso isolato. Essi fanno parte delle centinaia di rifugiati senza casa presenti in Germania.

In Nigeria dal 2007 la guerra in corso tra la milizia islamica radicale di Boko Haram e l’esercito nigeriano ha provocato numerose vittime civili. Questo è il caso di Mohammed, Sabi e Obinna: sono dovuti fuggire perché non volevano unirsi a Boko Haram e lo stato nigeriano non garantiva loro alcuna protezione. Come in quasi ogni triste storia di rifugiati essi non hanno solo perso beni e averi, ma anche parenti.

Sono volati in Libia dove hanno trovato lavoro e hanno potuto sostenere le proprie famiglie inviando loro denaro. Ma quando nel 2011 anche in Libia è scoppiata la guerra civile e la NATO ha bombardato il paese, sono stati catturati insieme con migliaia di altri migranti. Sono stati derubati, picchiati, infilati in piccole barche e mandati in mare. Quelli che sono sopravvissuti al viaggio sono stati detenuti sull’isola italiana di Lampedusa.

Un vero e proprio stato di asilo è stato loro rifiutato, hanno solo ottenuto un “permesso di soggiorno per motivi umanitari” e sono stati spediti sul continente. Questo status è temporaneo e le deportazioni sono in corso. Non c’è chiarezza sui termini e le ragioni di un rifiuto dell’asilo. C’è scarsa informazione sui diritti e pochi sanno che si può ricorrere in giudizio contro le deportazioni. Il lavoro offerto ai rifugiati è paragonabile allo schiavismo ed ospitarli è vietato. In Italia le condizioni sono orribili, apertamente razziste e degradanti, comunque questo non significa che i rifugiati in Germania siano trattati generosamente.

Fino all’aprile del 2013 sono vissuti in Italia in centri collettivi, che garantivano appena cibo e cure mediche. Infine questi spazi sono stati chiusi. Hanno avuto 500 euro in contanti e come a circa 25000 altri rifugiati che si trovavano alla deriva, è stato detto di lasciare l’Italia e trovare un posto migliore al nord, utilizzando i 500 euro come un capitale di base per persone senza fissa dimora e senza possibilità. Con il titolo di soggiorno e un visto per turismo per tre mesi è legale muoversi in tutta Europa. Ma questo significa davvero solo “movimento”. Infatti non vi è ancora alcun sostegno pubblico, non c’è permesso di lavoro e asilo in qualsiasi paese europeo.

Ovviamente è una tattica dello stato italiano quella di far muovere verso altri paesi europei i rifugiati che presto o tardi sarebbero diventati illegali. L’Italia semplicemente non vuole occuparsene. Ma non è solo colpa dell’Italia: gli stati europei hanno volontariamente preparato questa situazione, prima fra tutti la Germania, ed ora nessuno si sente responsabile o anche solo pensa ad intervenire in qualche modo. Per il governo tedesco è chiaro che l’Italia è responsabile e vorrebbe che tutti i rifugiati fossero deportati nuovamente in Italia. Là tutto ricomincerebbe da capo: situazione di abbandono, povertà, sempre minacciati dal razzismo e da una ulteriore deportazione verso paesi dove le loro vite sono sotto diretta minaccia.

Noi chiediamo adeguate soluzioni abitative e sicuri titoli di soggiorno per i nostri tre amici, per creare un precedente e poter aiutare persone in situazioni simili. In questo momento stiamo raccogliendo denaro e siamo già andati in giudizio diverse volte.

Ma come gruppo organizzato in una rete locale di antiautoritari non vogliamo parlare a nome di altri o dire cosa fare. Raccontando le loro storie ed aiutandoli in questo modo speriamo di sostenere lo sviluppo dell’autorganizzazione degli sfruttati».

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