IL BALLETTO DEI NUMERI

L’ISTAT apre il balletto dei numeri sull’inflazione, la sua funzione politica è coprire il governo sull’aumento dei prezzi e non è difficile manovrando sulle statistiche. Peccato che i prezzi al consumo dicano altro.
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L’ISTAT apre il balletto dei numeri sull’inflazione, la sua funzione politica è coprire il governo sull’aumento dei prezzi e non è difficile manovrando sulle statistiche. Peccato che i prezzi al consumo dicano altro.

Caro Operai Contro, solito salario del 2020 quando l’inflazione era allo 0,1%, più gli scarsi e scaglionati aumenti dei rinnovi contrattuali, si compra meno si mangia male e si vive peggio, dopo il balzo dell’inflazione di questi anni.
Ma di recupero salariale per far fronte al carovita non se ne parla, e il governo Meloni dopo aver peggiorato i contratti a termine e rilanciato i voucher con il lavoro occasionale, vuole affossare anche la spinta per il salario minimo legale.
I dati ufficiali confermano se ve ne fosse bisogno, solo in parte la pesante realtà delle famiglie operaie e quelle simili per condizione sociale.
A settembre secondo l’Istituto ufficiale di statistica (Istat), l’inflazione sarebbe scesa al 5,3 per cento.
C’è però un indagine condotta dall’Istituto demoscopico “Noto Sondaggi”, per la quale a settembre “l’inflazione percepita”, sarebbe all’11,2%, quindi il doppio dell’Istat.
A ben guardare i prezzi di ogni singolo prodotto e tariffa, cominciando dagli alimentari e altri di prima necessità, sorprende che la media si fermi all’11,2% e non salga oltre.
Una sorpresa che trova spiegazione in un terzo dato, quello che sembra avvicinarsi di più al carrello della spesa che esce “povero” dal supermercato.
E’ un dato che non proviene dagli elaborati calcoli degli uffici di statistica, ma direttamente dal “listino prezzi”, come dichiara in un intervista a Repubblica D. Brisigotti, direttore generale di Coop Italia: “a fine anno rispetto dicembre 2021, il totale dei rincari arriverà al 25% e il fatto che l’inflazione rallenti non significa che i prezzi scenderanno. Continueranno a crescere, lo vediamo dai nuovi listini”.
Quanto basta per confermare la funzione puramente propagandistica del “carrello tricolore”, la campagna “anti inflazione” lanciata dal governo Meloni. “I nuovi listini” – dice Brisigotti – sono già definiti dalla grande distribuzione almeno fino a dicembre, su questi il governo non ha posto alcun limite. (Come già detto su queste pagine).
Riprendendo dal direttore della Coop: “il fatto che l’inflazione rallenti non significa che i prezzi scenderanno. Continueranno a crescere, lo vediamo dai nuovi listini”.
Ne consegue che si rafforzerà la tendenza già in essere rilevata dall’Istat: il calo dei consumi in volume delle vendite al dettaglio, insieme all’aumento dei prezzi fa aumentare la spesa per lo stesso volumi di consumi.
In questo modo in poche parole, il calo dell’inflazione non porterebbe alcun beneficio agli operai, che si troverebbero con lo stesso salario a comprare meno prodotti e la grande distribuzione ad aumentare i profitti movimentando meno prodotti.
Se il calo dell’inflazione a queste condizioni non fosse “momentaneo”, spingerebbe la grande distribuzione a tagli del personale, con analoghe ripercussioni su tutta l’industria che produce e trasforma le merci per far arrivare sugli scaffali il prodotto finito.
In che misura questo processo sia già iniziato lo si vedrà. In ogni caso la situazione è già pesante e a questo punto, visto anche che prima di questo governo i “contratti atipici” ovvero i contratti precari, sono tra le prime cause del peggioramento della condizione di una larga parte di forza lavoro, forse vale la pena valutare collettivamente, la possibilità di una piattaforma che rivendichi alcuni punti trasversali a tutte le categorie, in grado di unificare gli operai per una possibile mobilitazione e lotta. Sempreché il sindacalismo dalle mani libere se ne faccia carico.
Per dare un’idea i punti potrebbero essere: – La fine di tutti i contratti precari – aumenti che riallineino il salario al carovita; una “scala mobile” che permetta ai salari di stare a ridosso dell’inflazione; un salario minimo legale.
Troppa carne al fuoco? Il solito elenco della spesa? Non funzionerebbe? Può darsi.
Finora abbiamo constatato che con la linea sindacale del cappello in mano, su ogni questione, una dopo l’altra il governo sostanzialmente sbatte la porta in faccia agli operai.
Obbiettivi chiari e comuni possono unire gli operai nella lotta. Se le sigle sindacali piccole e grandi, comprese quelle in grado di mobilitare milioni di operai, decidessero di muoversi insieme. Ma ormai si sa, sono in concorrenza fra loro per il numero di tessere, e soprattutto le grandi hanno dirigenti compromessi con le forze politiche che sono state al governo nel corso degli anni ed hanno deciso di non disturbare troppo i padroni delle imprese.
Il governo Meloni convoca sindacati e associazioni a cose fatte, le usa come zerbino delle sue decisioni.
E’ sordo anche alle oceaniche manifestazioni operaie del sabato, che nella forma di grandi processioni ordinate non fanno male a nessuno. Occorre fare leva con scioperi e lotte intelligenti, che colpiscano la produzione in ogni settore e ovunque gli interessi del padrone. E forse gli interessi operai verranno presi in considerazione.
Saluti Oxervator.

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