GLI OPERAI NON PETTINANO BAMBOLE

Contributo per il dibattito sul Partito Operaio informale Cari lettori di Operai Contro, gli operai non pettinano bambole. Non le hanno mai pettinate. Sia perché non ne hanno il tempo sia perché a loro non interessa. Sempre più spesso neanche i loro bambini le pettinano, perché i padri e le madri non hanno quasi neanche i soldi per fare la spesa e comprare da mangiare. Gli operai non trascorrono il tempo a scacciare le mosche. Hanno ben altri, e grossi, problemi. Bisogna essere operai e vivere da operai per capire questo. O almeno, per chi operaio non è, bisogna […]
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Contributo per il dibattito sul Partito Operaio informale

Cari lettori di Operai Contro, gli operai non pettinano bambole. Non le hanno mai pettinate. Sia perché non ne hanno il tempo sia perché a loro non interessa. Sempre più spesso neanche i loro bambini le pettinano, perché i padri e le madri non hanno quasi neanche i soldi per fare la spesa e comprare da mangiare.

Gli operai non trascorrono il tempo a scacciare le mosche. Hanno ben altri, e grossi, problemi. Bisogna essere operai e vivere da operai per capire questo. O almeno, per chi operaio non è, bisogna aver vissuto con gli operai, ai presidi, nelle occupazioni, nelle lotte, e con essi aver spartito il pane e il freddo, trascorso i giorni e le notti insieme, condiviso la rabbia e la disperazione, subìto i colpi alle spalle dei sindacalisti venduti e le mazzate dei poliziotti, sentirsi operaio dentro.

 

Dunque, se altri consumano tempo ed energie a pettinare bambole, scacciare mosche e acchiappare nuvole, gli operai hanno altro per la testa. Molti acchiappanuvole girano intorno agli operai, si sciacquano la bocca con parole pseudorivoluzionarie, fanno il loro tempo, poi si defilano. A volte, finanche spesso, criticano, attaccano persino, gli operai, accusandoli di essere compromessi, integrati, rassegnati, sconfitti, di non lottare, di non essere rivoluzionari. Con la pancia piena e la sicurezza di un lavoro ben pagato o di essere mantenuti da qualcuno è facile lanciare anatemi contro chi è costretto per mangiare e sopravvivere a lavorare in un lager con cento kapò, come le fabbriche moderne, a sottostare a mille ricatti e pressioni e tante volte a chinare la testa. Interessano agli operai questi personaggi, singoli o uniti in gruppi, anche quelli, se ce ne sono, che eventualmente orbitino intorno all’AsLO? Interessano agli operai dell’AsLO? Se gli operai, e quelli dell’AsLO in particolare, si attardassero con essi, perderebbero tempo prezioso. Dimostrino essi, una buona volta, invece di sciorinare chiacchiere, di avere a cuore gli interessi degli operai, comincino a passare dalle parole ai fatti prendendo apertamente posizione con e per gli operai, andando davanti alle fabbriche, ai presidi, alle officine occupate, cercando di organizzarsi con gli operai, mettendosi al loro servizio.

 

Lo stesso discorso vale per i lettori di OC, per chi ci scrive e anche per gli associati all’AsLO. Senza forza operaia non si costruisce nessun Partito Operaio. Senza o con pochi operai non si va da nessuna parte. Abbiamo bisogno sempre di più di farci conoscere nelle fabbriche, di portare la nostra proposta organizzativa fra altri operai, di staccarli dal sindacalismo borghese, di farli rompere con l’attendismo. E allora a che cosa servono su OC autoconsolatorie denunce solo telematiche di situazioni di vario tipo di cui si è più o meno a conoscenza, senza però coinvolgere direttamente operai, senza fare con essi un salto di coscienza e di capacità organizzativa? A che cosa servono dissertazioni teoriche spesso vacue e fumose su strategie, tattiche e presunte soluzioni, appelli, per darsi un tono, a seguire il grande teorico di turno? Se l’unico lavoro “politico” che si fa è quello dei polpastrelli sui tasti non abbiamo alcuna prospettiva seria. Saremmo dei rivoluzionari da tastiera, non altro.

 

L’esperienza mi insegna che solo la difficile e dura scuola della lotta di classe eleva realmente il livello di coscienza del singolo operaio o di un gruppo di operai (e anche di non operai) e pone la necessità di organizzarsi come un problema che va posto e risolto. Perciò, con sana umiltà, senza riempirci la bocca di tattiche e strategie, impariamo a lavorare con gli operai, ad ascoltarli. Altrimenti, per fare le mosche cocchiere, creiamo solo confusione.

 

Per fare un salto di qualità organizzativa abbiamo dunque bisogno di un’assemblea nazionale convocata spontaneisticamente, sull’onda di qualche casuale “richiamo alle armi”, e magari ben pubblicizzata, giusto per contarci? Che, piuttosto, potrebbe risolversi in un farci contare e individuare tutti insieme da qualche eventuale infiltrato? Se pensiamo che la borghesia e i suoi cani da guardia stiano a dormire e non fiutino dove stanno e si organizzano i loro mortali nemici di classe e non prendiamo adeguate contromisure di vigilanza, è meglio che ci diamo a collezionare francobolli!

 

Abbiamo bisogno di intensificare il lavoro nelle e davanti alle fabbriche, di unirci fra operai e con gli operai come l’unghia alla carne, di posizioni centralizzate e uguali per tutti da portare nelle e davanti alle fabbriche, di un giornale cartaceo agguerrito e combattivo, con periodicità quanto più breve possibile, per far crescere la discussione dentro, davanti alle fabbriche e in ogni luogo dove gli operai si incontrino e si aggreghino (circoli, dopolavoro, piazze, ecc.), di opuscoli per diffondere le posizioni politiche del Partito Operaio che stiamo cominciando a costruire nelle lotte quotidiane, di accentuare la discussione su quale Partito Operaio serve oggi, anche, perché no!, sotto il profilo organizzativo e teorico. Cari operai, senza questo e altro ancora, non si va da nessuna parte, non si compiono passi in avanti sulla strada della liberazione degli operai dallo sfruttamento. Ma questa è la strada che abbiamo già intrapreso. Altro che pettinare bambole! Noi in questi anni non l’abbiamo mai fatto!

 

AULESTOC

(autore e lettore storico di Operai Contro)

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2 Comments

  1. piero

    caro aulestoc, condivido la tua analisi, non cerchiamo divisioni quando non ci sono. Nel mio intervento mi sono riferito chiaramente “a tutti quelli che orbitano intorno al giornale”. Inoltre ho detto chiaramente “SOLO QUANDO GLI GLI OPERAI OCCUPANO LE FABBRICHE E I PICCHETTI CAMBIANO REALMENTE LE COSE”. La centralità operaia, da parte mia, non è messa in discussione, anche se sono insegnante, ho fatto il muratore e il bracciante e consco il sudore della fronte e la lotta di classe. Il “pettinar le bambole” non si riferiva agli operai combattivi, ci mancherebbe altro! E’ indubbio,però, che il riconoscimento di tutti gli operai come classe sociale è ancora lontano dal realizzarsi. E io so che quando questo avverrà integralmente realmente molte cose cambieranno. Permettimi, però, un appunto: se si vuole realmente superare il lavoro salariato si pone un problema politico e di alleanze che bisogna affrontare, altrimenti si rimane SOLO nell’ambito delle rivendicazioni sindacale. Ma non è questa la finalità, anche statutaria delll’ASLO. CON AFFETTO.

    • piero

      Vorrei fare un altra precisazione: dove abito non ci sono fabbriche, degne di nota, non c’è una classe operaia, e quindi non POSSO partecipare a picchetti o presidi anche perchè non ce ne sono. Se ci fossero vi parteciperei. Ma questo mi deve impedire di solidalizzare con altri operai d’Italia. Caro operaio io mi sono esposto, in una terra difficile come la Sicilia, in prima persona non nascondemi dietro pseudonimi, ma firmandomi con nome e cognome. Ho fatto quello che mi era possibile fare. Con affetto, però, devo dirti che sbagli perchè la solidarietà agli operai, quando è sincera e costruttiva, è una forza in più e permetterebbe di ottenere risultati più duraturi e certi.Se la classe operaia deve avere prospettive politiche, deve essere di riferimento anche per i disoccupati, gli immigrati e altre figure sociali non integrate nel mondo del lavoro. Altrimenti si difende SOLO il posto di lavoro. Allora si che il superamento del lavoro salariato diventa un parlare a vuoto.