La guerra al Califfato pone le basi alla III guerra mondiale

Redazione di operai contro, la presenza in Siria dell’esercito russo è ormai un dato acquisito dalle altre potenze europee e dagli Usa. Il salto di qualità nella guerra in Medio Oriente lo sta imponendo la Russia con il rafforzamento militare di tutta la fascia costiera del Mediterraneo che va dalla sua storica e strategica base del porto di Tartus fino all’aeroporto di Latakia. Il quale è da due settimane rifornito quotidianamente con un ponte aereo di carri armati T-90 e artiglieria, sistemi missilistici e antiaereo. La determinazione della Russia ha riacceso la voglia di bombardare di Usa e Francia, […]
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Redazione di operai contro,

la presenza in Siria dell’esercito russo è ormai un dato acquisito dalle altre potenze europee e dagli Usa. Il salto di qualità nella guerra in Medio Oriente lo sta imponendo la Russia con il rafforzamento militare di tutta la fascia costiera del Mediterraneo che va dalla sua storica e strategica base del porto di Tartus fino all’aeroporto di Latakia. Il quale è da due settimane rifornito quotidianamente con un ponte aereo di carri armati T-90 e artiglieria, sistemi missilistici e antiaereo. La determinazione della Russia ha riacceso la voglia di bombardare di Usa e Francia, ma il vero nocciolo della questione sarà a breve l’intervento con truppe di terra.

Alberto Negri, esperto di Medio Oriente del Sole 24 ore, ci racconta candidamente che i bombardamenti degli Usa, a parte 250mila morti, non sono serviti a nulla contro l’Isis, che l’Iraq e il suo esercito si sono liquefatti, che lo stesso sta avvenendo in Siria, e che «se continua così gli Usa potrebbero essere costretti a ricorrere ai cosiddetti “boots on the ground”». Solo che gli scarponi sul terreno li metterebbero nel Califfato, e questa volta vi troverebbero anche quelli dell’esercito russo ben più gradito da Assad.

La “santa alleanza” che si vorrebbe costituire contro il Califfato, farà forse contenti quelli che si scandalizzano per le gole tagliate dai “barbudos”, che evidentemente pensano, con le menti annebbiate dalla propaganda guerrafondaia occidentale, che le carni straziate dalle bombe occidentali o di Assad siano meno barbare. Non la pensano allo stesso modo i civili siriani che cercano di mettersi in salvo a centinaia di migliaia dalle città bombardate.

Ma la questione è un’altra. “Il nemico comune”, l’Isis, santificherà forse l’alleanza dei tagliatori di teste su scala industriale, ma fa dei più grandi paesi capitalistici dei solidali alleati solo apparentemente, e in ogni caso lo fa momentaneamente. Il Califfato rimette in discussione persino i confini nazionali, gli interessi delle borghesie locali ma anche quegli equilibri tra le grandi potenze che quei confini avevano tracciato, per i propri interessi economici, sulla base dei rapporti di forza scaturiti dalla seconda guerra mondiale. E ora, per rivederli, si pongono le basi a un nuovo massacro mondiale.

I successi militari del califfato hanno sgretolato i piani imperialisti degli Stati Uniti in Iraq e Siria, e ora minacciano seriamente l’alleato storico della Russia, il regime di Assad. La Siria è, in fin dei conti, l’unico avamposto militare della Russia nel Mar Mediterraneo e in Medio Oriente.

Putin avrà forse minor necessità di mascherare l’imperialismo della borghesia russa davanti alla sua opinione pubblica, anzi fa dello sfoggio muscolare un elemento di rafforzamento politico. Non a caso tale sfoggio si presenta anche nella iconografia personale, caratteristica comune nei dittatori borghesi (ben nota agli italiani che hanno nella loro storia Mussolini). Il fronte interno russo economicamente è allo sfascio, e con il crollo del prezzo delle materie prime persino l’industria estrattiva è in difficoltà. Il fronte esterno, la forza militare, e l’apparato industriale che gli sta dietro, è la sola unica speranza per la borghesia russa di rimandare la resa dei conti con i suoi operai. Se la crisi spinge una borghesia nazionale contro l’altra, alla borghesia russa di Putin non resta che imboccare la strada di un imperialismo sempre più aggressivo in quelli che ritiene i suoi spazi vitali.

Se ne sono già viste le dinamiche nello scontro con l’Ucraina: prima l’appoggio ai separatisti russofoni, poi le truppe russe sul territorio ucraino (sempre negate), il tutto condito da propaganda e forniture di armi senza vergogna. Quando poi la situazione è stata matura, nel giro di poche ore, la Crimea è passata dall’Ucraina alla Russia manu militari.

Sui libri di storia forse scriveranno che Europa e Stati Uniti non si opposero all’annessione della Crimea pensando che la Russia si sarebbe fermata lì, come oggi troviamo scritto sui Sudeti o la Polonia a proposito di Hitler, e nulla sullo scontro tra l’imperialismo tedesco e gli altri alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Probabilmente ci toccherà anche leggere che la “santa alleanza” contro l’Isis, quasi una riedizione moderna delle crociate, oltre ad avere provocato un massacro tra le popolazioni del Medio Oriente ed esodi di milioni di persone, sul campo è divenuta la scintilla che innescò il conflitto mondiale tra le grandi potenze, la terza guerra mondiale, con i suoi x,x miliardi di morti. Basta che poi ci risparmino le interpretazioni banali sulle ragioni della guerra e che i potenti della terra non si immaginavano, non sapevano, fecero il possibile, e altre amenità del genere. Ben altro successe prima del ’39, ben altro sta succedendo ora.

R.P.

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