MAFIA, NDRANGHETA, CAMORRA, AMMINISTRATORI CORROTTI, POLITICI CORROTTI, GANGSTER, PREGIUDICATI

Redazione di Operai Contro, ogni giorno è un bollettino di guerra: cupola mafiosa a Roma, Ndrangheta in Umbria, mafia a Milano e in tutta la Lombardia, Mafia a Venezia, amministrazioni che favoriscono i parenti in Emilia e Romagna, ecc La vecchia Mafia siciliana al confronto sembra una confraternità. La magistratura indaga, i carabinieri arrestano, i politici vengono assolti o condannati ai domiciliari Cinque milioni di disoccupati, operai in CIG, pensionati alla fame Redazione se non si fa la rivoluzione, se non si seppellisce per sempre il capitalismo, non so cosa di peggio ci può capitare Un lettore dal fatto […]
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Redazione di Operai Contro,

ogni giorno è un bollettino di guerra: cupola mafiosa a Roma, Ndrangheta in Umbria, mafia a Milano e in tutta la Lombardia, Mafia a Venezia, amministrazioni che favoriscono i parenti in Emilia e Romagna, ecc

La vecchia Mafia siciliana al confronto sembra una confraternità.

La magistratura indaga, i carabinieri arrestano, i politici vengono assolti o condannati ai domiciliari

Cinque milioni di disoccupati, operai in CIG, pensionati alla fame

Redazione

se non si fa la rivoluzione, se non si seppellisce per sempre il capitalismo, non so cosa di peggio ci può capitare

Un lettore

dal fatto quotidiano

Duro colpo all’organizzazione ‘ndranghetista in Umbria, con i Carabinieri del Ros che, nella provincia di Perugia e in altre zone del territorio nazionale hanno arrestato 61 persone legate a unsodalizio mafioso radicatosi nel territorio del capoluogo umbro. Un’operazione denominata “Quarto Passo” e che ha mostrato quanto la malavita calabrese stia conquistando il territorio nazionale, dopo essersi ormai da anni stabilita anche nel nord Italia.

Le misure cautelari, emesse su richiesta della procura distrettuale antimafia di Perugia, considerano i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, usura, danneggiamento, bancarotta fraudolenta, truffa, trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante delle finalità mafiose, fino all’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione. Un’organizzazione che faceva capo alle cosche della ‘Ndrangheta perugina e che allungava i suoi tentacoli a tutto il territorio umbro, infiltrandosi, come si legge in una nota dell’Arma, nel tessuto economico locale. La malavita organizzata perugina, in diretto contatto con le grandi famiglie calabresi, era riuscita a mettere le mani, utilizzando metodi mafiosi come incendi o intimidazioni per compiere estorsioni, su attività imprenditoriali, soprattutto nel settore edile.

Le forze dell’ordine, dopo aver arrestato i 61 membri dell’organizzazione, stanno procedendo con il sequestro di beni mobili e immobili che, si pensa, siano il frutto dell’attivtà malavitosa del clan. Il valore stimato dei beni supera i 30 milioni di euro.

Roma

Il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha in mano, in queste ore, il pallino del possibile scioglimento del comune perinfiltrazione della criminalità organizzata. Un dossier difficile, sul quale pesa anche un’ombra che arriva direttamente dall’inchiesta: è un incontro avvenuto il 18 marzo scorso con Salvatore Buzzi, il boss della cooperativa 29 giugno, organizzato direttamente da Gianni Letta. Un filo che parte dai piani più alti della politica, attraversa la Roma barocca dei poteri silenziosi, per sbarcare nel piccolo paese di Castelnuovo di Porto, raccontato nei dettagli dai carabinieri del Ros nelle carte depositate dopo gli arresti della scorsa settimana. Una storia che – chiede Libera – Pecoraro dovrà spiegare molto bene: “Ci stiamo comprando mezza prefettura”, sussurravano gli uomini di Carminati e Buzzi nei mesi scorsi. Non solo: la Commissione d’accesso agli atti dovrà verificare possibili forme di infiltrazione o di condizionamento negli atti del Comune, ma era la stessa prefettura a dover vigilare sulla legalità di ambiti sensibili come la gestione dei campi nomadi, sui cui appalti Buzzi e soci avevano messo le mani.

Il 17 marzo scorso gli investigatori captano una telefonata di Salvatore Buzzi diretta a Massimo Carminati: “Domani c’ho appuntamento co’Gianni Letta, quindiquanno me ricapita“, annuncia Buzzi al telefono. Un colpo grosso, come lui stesso ammette. L’obiettivo è quello di ottenere rapidamente un appuntamentocon il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, arrivato nella capitale nel 2008, quando ancora governava Silvio Berlusconi, sulla scia della “emergenza” dei campi Rom. Il Ros capisce subito che quell’appuntamento è un passaggio chiave. Non mollano neanche un minuto il capo della cooperativa romana. Il giorno successivo pedinano Buzzi insieme a Carlo Guarany, dirigente della “29 giugno” finito anche lui agli arresti, per capire se quell’incontro fosse reale o una millanteria: “In effetti, il 18 marzo u.s. – scrive il Ros – così come documentato da un servizio di osservazione espletato da militari di questo Reparto, il Buzzi, accompagnato nell’occasione da Carlo Guarany, si recava in largo del Nazareno n. 8, ove insistono gli uffici del Dott. Gianni Letta”. Terminata la riunione, il presidente della cooperativa romana chiama Mario Schina, che gli chiede l’esito dell’incontro con Letta: “Bene. Mi ha mandato dal Prefetto … Io alle sei vedo il Prefetto di Roma”, risponde Buzzi. Missione compiuta, dunque.

Nel pomeriggio i Ros aspettano gli imprenditori davanti all’ingresso della prefettura. L’incontro – scrivono i carabinieri – va in porto. Anche in questo caso è una telefonata di Buzzi a rivelarne l’esito: “Allora, col Prefetto è andata molto bene – racconta a Luca Odevaine – gli abbiamo parlato di questo Cara di Castelnuovo di Porto co … no del Cara (…) e lui mi ha detto: ‘Basta che il Sindaco me dice di si io non c’ho il minimo problema, anzi la cosa è interessante, lasciatemi tutto’”. Uno dei passaggi chiave successivi arriva a maggio, quando le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Castelnuovo di Porto si stavano avvicinando. In una telefonata del 7 maggio scorso Salvatore Buzzi offre apertamente un sostegno economico per la campagna elettorale al vice sindaco uscente Alfonso Pedicino: “Compagno vice Sindaco, come stai? – esordisce Buzzi – Ti telefonavo per sapere se te serve una mano, finanziariamente, nella cam … assoluta legalità”. “Eh, se fosse possibile”, risponde senza esitare il vice Sindaco. In fondo la “29 giugno” era da sempre un’impresa “d’area”, legata a stretto filo con il Pd. Il finanziamento, secondo il Ros, va in porto, i soldi arrivano nelle casse del sindaco uscente Fabio Stefoni. Una volta rieletto, per Buzzi aumentava la “speranza che ciò accelerasse la definizione dell’iter burocratico per l’apertura del centro di accoglienza”.

Se l’episodio documentato nelle carte dell’inchiesta racconta nei dettagli il modus operandi della cooperativa 29 giugno, rimane da chiarire il ruolo del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro, che nei giorni scorsi ha sostenuto di aver sempre rispettato le regole nella gestione delle emergenze Rom e migranti. Quello che è certo è il suo peso nell’amministrare i “villaggi della solidarietà” creati nel 2008 dal governo Berlusconi. Se gli affidamenti partivano dal comune di Roma, la prefettura aveva il compito di garantire la legalitàdei campi Rom della capitale. E oggi quella stessa prefettura si trova a decidere il futuro dello stesso comune. Un nodo politico divenuto decisamente complesso con l’esplosione dell’inchiesta della Procura, su cui punta anche Libera: “Dopo l’indagine Mondo di mezzo e il coinvolgimento di alcune cooperative che operano con i migranti e i rifugiati – scrive Gabriella Stramaccioni, dell’Ufficio di Presidenza di Libera – chiediamo chiarimentianche alla Prefettura di Roma. Riteniamo che ci sia stato, in questi anni, quantomeno un comportamento opaco da parte di chi aveva il compito di controllare e monitorare queste realtà”.

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