OSTIA: CONTRO TUTTE LE TESTATE

per il dibattito Ricevo e volentieri diffondo un testo (anzi, una testata) che mi ha spinto ad alcune riflessione. Fin dai primi anni Sessanta del secolo scorso, sento parlare di mafia e di lotta alla mafia, un argomento che da allora è diventato ricorrente nelle cronache. E, periodicamente, le cronache esaltano vittorie che, eventi successivi, immancabilmente, smentiscono. Di fronte a questa guerra infinita, senza vincitori né vinti, qualche sospetto mi è sorto. Son giunto alla conclusione che la mafia sia consustanziale alla società capitalistica italiana, dove sussiste un rapporto conflittuale (come tutti i rapporti del capitale) che lo Stato […]
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per il dibattito

Ricevo e volentieri diffondo un testo (anzi, una testata) che mi ha spinto ad alcune riflessione. Fin dai primi anni Sessanta del secolo scorso, sento parlare di mafia e di lotta alla mafia, un argomento che da allora è diventato ricorrente nelle cronache. E, periodicamente, le cronache esaltano vittorie che, eventi successivi, immancabilmente, smentiscono. Di fronte a questa guerra infinita, senza vincitori né vinti, qualche sospetto mi è sorto. Son giunto alla conclusione che la mafia sia consustanziale alla società capitalistica italiana, dove sussiste un rapporto conflittuale (come tutti i rapporti del capitale) che lo Stato italiano, ovviamente, è chiamato a mediare.

Quando, nei periodici regolamenti di conti, la mediazione istituzional-politica viene meno, ci scappano i morti ammazzati. Anche nei salotti buoni del potere economico. Solo nell’Eni (Ente nazionale idrocarburi), abbiamo il fondatore, Enrico Mattei, saltato per aria nei cieli di Lombardia (1962), e poi due alti papaveri, Raul Gardini e Gabriele Cagliari, suicidati (1993). Ancor più sanguinose le faide nel mondo bancario: Giorgio Ambrosoli sparato sotto casa (1979), Roberto Calvi impiccato a Londra sotto il ponte dei Frati Neri (1982), Michele Sindona ammazzato in carcere (1986)… Giungendo a tempi recenti, nella sera del 6 marzo 2013, David Rossi, responsabile area comunicazione del Monte dei Paschi di Siena, vola dalla finestra del suo ufficio.

Questi criminali esempi sono solo la punta dell’iceberg di una società fondata sullo sfruttamento e sull’oppressione. Una società che ogni giorno ci ammazza nei luoghi di lavoro e devasta l’ambiente in cui viviamo.

E allora, che non ci rompano i coglioni, ‘sti antimafiosi di mestiere dei Partiti, della Stampa e dello Stato! Oggi, di dicono una cosa, domani ce ne fanno un’altra.

«In Italia, organizzazioni come la mafia hanno storicamente sostituito o meglio surrogato lo Stato, creando un rapporto non di rivalità bensì di connivenza, altrimenti non si capirebbe il permanente, ancorché conflittuale, connubio Stato-Mafia, che alligna nelle varie lobby istituzional-politiche. E non solo in Italia. La vitalità della mafia consiste nell’intessere rapporti di solidarietà a base familistica e locale che surrogano le carenze dello Stato, soprattutto nelle sue funzioni assistenziali. Tanto più consistenti in una fase come l’attuale, in cui il Welfare viene smantellato»

[Vedi: Dino Erba, Vivere senza salario. I senza risorse, i senza futuro crescono di giorno in giorno. Oggi si arrangiano. E domani? – Recensione a Giorgio Panizzari, L’albero del peccato, Colibrì, Paderno Dugnano (Milano), 2017. – Milano, 1° settembre 2017]

 

Ostia

CONTRO TUTTE LE TESTATE!

 

Non abbiamo simpatia per atteggiamenti coatti e mafiosi intimi al dominio e al controllo affaristico territoriale metropolitano, né per i “servitori” di media

e carta stampata e dei loro padroni.

Tantomeno per la legalità stauale,

il più delle volte per altro assente ed inutile, se non per imporre la sua legge di classe contro sfruttati e poveri,

e contro i tentativi di questi ultimi, di ribellarsi.

E’ un assioma generale che trova nell’aggressione di Ostia ai danni di un giornalista di Rai2 l’ennesima conferma.

Ostia, 13° città d’Italia, cosiddetta terra di nessuno, o forse terra di tutti, tranne dei romani del lido.

Terra di ogni profitto, di ogni scorreria organizzata, dove all’ordine giuridico legale si sostituisce spesso quell’intreccio di paternalistico e dispotico potere delle bande mafiose di quartiere, legato al malaffare variamente denominato ed espressione-portavoti al potente di turno.

A Ostia, ex lido dei romani, trasformato in una gigantesca periferia anonima come tutte le altre, ricca di palazzoni e sale da gioco e povera di servizi, si vive male anche senza gli Spada, o con qualche pantera in piu’.

Il guasto profondo, in cui si annida l’endemico ed ineliminabile crimine, sta nella concentrazione e concentrazionarietà metropolitana, nella sua inumanità, nella sua piattezza, nel suo subordinarsi al ciclo del capitale h24 produci-consuma-crepa!

Un guasto, alla prova dei fatti, di impossibile soluzione, stando agli inutili ricambi municipali, da un P.D. commissariato ad un M5stelle evidentemente impotente.

Adesso, per un naso rotto, si riscoprono violenze e legami clientelar-elettorali, magari sperando sotto sotto che Casapound indichi il “proprio” candidato da votare al ballottaggio del 19 novembre tra grillini e centrodestra (il voto, come la pecunia, non ollet!).

Adesso, si “manifesta tutti uniti” (ma il P.D. non i sarà….) per la legalità……………. e per rimediare al dimezzamento elettorale del M5stelle.

Ma lor “signori” dell’”ordine pubblico” e dei partiti non sapevano già prima della “testata” del passaggio di consegne dai Fasciani agli Spada nel controllo profittuale di interi quartieri di Ostia?

Ed ora, la spettacolarizzazione del fermo del “testone”, in quale strategia di recupero politico si inserisce?

Ed infine, la cosiddetta onda Casapound ( 9% si ma sul 36% di votanti!) non era prevedibile ed arginabile prima, visto che “siamo tutti antifascisti”?

Ancora una volta, l’eterna questione della corruzione e della “lotta contro la corruzione”, se da un lato si pongono come illusione ideologica benpensante, dall’altra divengono terreno di spartizione elettorale per il prossimo ballottaggio locale ma anche per le prossime politiche generali.

Chi paga sono i “cittadini”, ed in particolare quelli sfruttati, piu’ esposti ed indifesi di fronte a vessazioni statuali ed ai “rimedi sostitutivi” mafiosi.

L’unica chance per gli oppressi è quella di non schierarsi con nessuna “testata”, di non farsi ingannare da nessuna promessa, di non partecipare a “cortei per la legalità” o a ballottaggi elettorali, come per altro sta succedendo sempre piu’ in termini di massa.

Non è la soluzione, ma un buon inizio.

Sfiduciare il potere, i suoi strumenti, i suoi servitori piu’ o meno legali, è un primo passo verso la possibilità di combattere la corruzione capitalistica, ineliminabile in questa società.

Pino

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