Renzi con Cgil Cisl e Uil, vuole abolire lo sciopero

Caro Operai Contro, le purghe ai dissidenti interni alla Fiom, servono per dimostrare ai padroni la coerenza della Cgil, che nel gennaio 2014, insieme a Cisl e Uil, firmarono con Confindustria un testo per limitare (nella sostanza abolire) la libertà di sciopero, al di fuori del sindacalismo nazionalista e compiacente con i padroni. Ora il governo Renzi si prepara a integrare e trasformare in legge, quanto sottoscritto dal sindacalismo collaborazionista nel gennaio 2014. Qui allego un articolo del Sole 24 Ore di sabato 9 aprile. Saluti Ornella Vasca Non si potrà scioperare contro un contratto aziendale approvato a maggioranza, […]
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Caro Operai Contro,

le purghe ai dissidenti interni alla Fiom, servono per dimostrare ai padroni la coerenza della Cgil, che nel gennaio 2014, insieme a Cisl e Uil, firmarono con Confindustria un testo per limitare (nella sostanza abolire) la libertà di sciopero, al di fuori del sindacalismo nazionalista e compiacente con i padroni. Ora il governo Renzi si prepara a integrare e trasformare in legge, quanto sottoscritto dal sindacalismo collaborazionista nel gennaio 2014.

Qui allego un articolo del Sole 24 Ore di sabato 9 aprile.

Saluti Ornella Vasca

Non si potrà scioperare contro un contratto aziendale approvato a maggioranza, che avrà efficacia erga omnes: è la novità scritta nel Programma nazionale riforme approvato ieri dal consiglio dei ministri con il Def. Che contiene l’impegno del governo ad intervenire quest’anno su una riforma della contrattazione aziendale per rendere «esigibili ed efficaci i contratti aziendali», garantendo «la pace sociale in costanza di contratto».Oltre all’impegno formale del Pnr, c’è un’istruttoria in corso da parte del team di tecnici di Palazzo Chigi coordinati dal sottosegretario alla presidenza Tommaso Nannicini, che dovrebbe concretizzarsi in un provvedimento legislativo a maggio, in tempo utile per rispondere alle sollecitazioni che arrivano da Bruxelles con cui è in corso una trattativa sulla flessibilità nei conti pubblici. Nel Pnr è contenuto un altro principio di indirizzo: i contratti aziendali potranno prevalere su quelli nazionali in materie legate all’organizzazione del lavoro e della produzione. Il governo sembra intenzionato a porre ordine sul tema della gerarchia delle fonti contrattuali, oggetto di contenzioso, essendovi diversi orientamenti giurisprudenziali, con esiti spesso contraddittori. In linea con quanto già previsto dall’articolo 8 della legge Sacconi e dal Jobs act, i contratti aziendali potranno derogare dal Ccnl su tutti i temi che riguardano l’organizzazione del lavoro, e con il riferimento alla “produzione” è in gioco anche una quota di salario (si veda «Il Sole-24ore» di ieri).

Ma torniamo all’intervento sullo sciopero. Il piano del governo dovrebbe prevedere che, una volta sottoscritto un contratto aziendale, che ha avuto il sostegno della maggioranza (ancora va definito se fa riferimento alle Rsu o ai lavoratori), le parti sono vincolate al rispetto: in caso di violazione da parte dei sindacati o dell’impresa scattano sanzioni, né è possibile scioperare contro quanto concordato in sede negoziale. Si tratta di un principio, peraltro, contenuto nel Testo unico firmato da Confindustria e sindacati a gennaio del 2014, in attuazione dell’articolo 40 della Costituzione, con l’obiettivo di porre un limite legale all’esercizio del diritto di sciopero, se finalizzato a vanificare il contratto aziendale concluso dalle parti stipulanti. L’ipotesi sembra essere che, spiega Arturo Maresca (ordinario di diritto del lavoro alla Sapienza di Roma) «lo sciopero non può essere utilizzato dai sindacati dissenzienti per far saltare il contratto collettivo aziendale, né può essere utilizzato per vanificare le utilità che le imprese hanno conseguito con il contratto aziendale», ad esempio «il contratto aziendale prevede lo straordinario il sabato, ma i sindacati scioperano per liberare i lavoratori da questo obbligo». Sulla titolarità a partecipare ai tavoli negoziali, il provvedimento dovrebbe recepire il principio concordato dalle parti sociali nel Testo unico del 2014, con la soglia minima del 5% calcolata in base ad iscritti e voti alle elezioni delle Rsu.

 

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