PARIGI DEVE DUNQUE BRUCIARE

Dalla lotta all'innalzamento dell'età pensionistica allo scontro duro contro Macron, il governo e le classi dei ricchi
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Dalla lotta all’innalzamento dell’età pensionistica allo scontro duro contro Macron, il governo e le classi dei ricchi


 

Nella vicenda delle pensioni in Francia, che da gennaio porta ripetutamente in piazza la gente, blocca treni, metropolitane ed aerei, chiama allo sciopero ripetutamente operai e lavoratori, un altro solenne atto si è consumato venerdì 14 aprile. La trafila istituzionale prevedeva che il Consiglio Costituzionale verificasse che non ci fosse stata troppo spregiudicatezza da parte del governo, nell’uso di articoli e commi della Costituzione, nonché dei regolamenti di camera e senato, per far approvare la legge che porta l’età per andare in pensione da 62 a 64.
La piazza e gli scioperi in questi ultimi 4 mesi hanno regolarmente anticipato ogni passaggio legislativo, ma ogni volta i manifestanti si sono poi dovuti ricredere: la forza da loro messa in campo non era mai abbastanza a far tornare sui propri passi il governo. E così, settimana dopo settimana: altro passaggio superato, altra giornata di mobilitazione. I vari settori in lotta a dover sempre più radicalizzare scioperi e proteste, con blocchi ai cancelli di fabbriche, depositi, raffinerie e manifestazioni in cui l’inasprimento delle lotte, la violenza sembrava quasi venire richiesta dalle stesse forze dell’ordine, che di volta in volta hanno aumentato la repressione e preparato la successiva piazza ad un più alto gradino dello scontro. Governo e Presidente della Repubblica sordi alle richieste degli operai e dei lavoratori, manifestanti sempre più urlanti.
Un copione in qualche modo già visto all’epoca dei Gilets Jaunes, le cui manifestazioni, anche in quel caso regolarmente tenute settimana dopo settimana, sono andate avanti per più di un anno dal novembre 2018, sfociando altrettanto regolarmente in scontri violenti con la polizia. Una polizia sempre più agguerrita e cattiva, una piazza a sua volta sempre più pronta ad affrontarla, per niente intimidita. Ci volle più di un anno, e infine qualche concessione economica sia sugli aumenti dei carburanti che sulla tassazione degli stipendi, per far rifluire il movimento. Tuttavia negli strati bassi francesi la voglia di rivalsa nei confronti di Macron e dei politici chiamati a governare il paese è rimasta così alta da sfociare prima nella forte astensione alle elezioni regionali del 2021, e adesso a riprendere sotto nuova forma nelle manifestazioni in difesa delle pensioni e negli scioperi, spesso legati alla richiesta di aumenti reali di salario per contrastare una inflazione che in Francia, come in Italia, viaggia intorno al 10%.
Una presa di coscienza da parte della gente in piazza urlata a più riprese dai manifestanti di tutte le età, compresi i più giovani studenti che si sono aggiunti sempre più numerosi. Una risposta collettiva che potrebbe suonare così: “la questione delle pensioni (retraites) la potete condire con tutte le chiacchiere che volete, ma già ci viene rubata la vita sul lavoro ogni giorno, non siamo disposti a farci rubare altri due anni di questa misera vita andando in pensione più tardi, in realtà lo fate per continuare ad arricchirvi; prendete i soldi dai vostri già ricchi patrimoni e dai profitti”.
Lo hanno capito perfettamente, ad esempio, i giovani manifestanti che giovedì hanno invaso la sede di LVMH, azienda del lusso francese, scandendo: “soldi, ci sono, nelle tasche dei datori di lavoro! “. LVMH, mentre Macron e il governo ripetono che la legge sulle pensioni è dovuta alla crisi, ha pubblicato i risultati economici dell’ultimo trimestre con un pieno di profitti.
Alla luce di tutto ciò sono apparse sempre più stonate, anche ai sindacati storicamente più filogovernativi come la CFDT, le spiegazioni della prima ministra, Élisabeth Borne, e dei suoi ministri chiamati a sostenere pubblicamente la manovra sulle pensioni che è dalla campagna elettorale del 2016 che Macron cerca ripetutamente di “portare” nelle casse dello Stato, ovvero dei padroni. Un presidente della Repubblica che più che essere ottuso ed estraneo al mondo che lo contesta, e chiuso nei palazzi del potere come un antico monarca – così ce lo vogliono rappresentare qui in Italia i media -, è ormai visto giustamente, dalla stragrande maggioranza dei francesi, come il presidente dei ricchi. Non solo semplicemente da essi finanziato nelle campagne elettorali, ma proprio con essi a tal punto colluso da diventare imbarazzante alla borghesia tutta per i danni alla tenuta del sistema sociale.

Ma torniamo ai fatti degli ultimi giorni. Poiché per le migliaia di francesi in lotta e per le strade di Francia la cacofonia più alta alle loro orecchie deve essere suonata con l’ultimo il discorso di Macron, fatto alla nazione lunedì scorso, 17 aprile.
Il primo grande ceffone alla piazza era appena stato assestato il venerdì precedente dal Consiglio costituzionale: la legge non è anticostituzionale, l’uso che il governo ha fatto dell’articolo 49.3, con il quale il governo aveva bypassato la discussione in Parlamento, è legittimo. I 9 “saggi” del Consiglio, tutti appartenenti all’élite politica (di destra e di sinistra) che negli ultimi 30-40 anni hanno rappresentato gli interessi dell’alta borghesia francese, taluni nominati dallo stesso Macron, remunerati 14mila euro al mese da sommarsi alle altre loro rendite di ex senatore, deputato, magistrato, ministro, Primo ministro (Laurent Fabius, premier del governo di sinistra durante la presidenza Mitterand, oggi presiede proprio il Consiglio costituzionale per 15mila euro/mese), persino di direttore generale della compagnia di assicurazioni AXA, se si fossero espressi diversamente non solo avrebbero affossato la legge, ma lo stesso governo e persino Macron.
Non poteva andare diversamente, ma anche gli ultimi stolti creduloni dell’opposizione di sinistra e i dirigenti sindacali come Laurent Berger (segretario della CFDT), che vi avevano riposto le ultime speranze, erano a questo punto serviti. La parola tornava alla piazza, che infatti si era data nuovamente appuntamento in quelle ore sotto il palazzo del Consiglio, trovandolo circondato da transenne e da un vero e proprio esercito di polizia, ma anche al Presidente Macron che aveva 15 giorni per promulgare o rigettare la legge.
La gente non aveva potuto far altro che urlare la sua indignazione nelle strade di Parigi intorno al palazzo, chiedendo ancora una volta le dimissioni del governo. Macron dichiarava invece che il governo andava avanti, lui avrebbe firmato la legge al più presto entro 48 ore. Ma non passava neanche la notte e al mattino del sabato (15/04/2023) Parigi si svegliava con il secondo ceffone, questa volta direttamente del Presidente della V Repubblica, la firma presidenziale era stata posta, la legge era già in gazzetta ufficiale.
A questo punto, le forze che si esprimono in piazza, un movimento frammentato di operai e lavoratori, gruppi politici vari, giovani studenti delle scuole superiori e universitari nulla hanno potuto contro una dirigenza sindacale del cosiddetto intersindacale (CGT, CFDT, FO) che non si è mossa con la stessa rapidità dello Stato. Occorreva una risposta immediata, l’intersindacale rimaneva invece attaccata alla chiamata collettiva per il primo maggio. Ma 15 giorni sono una enormità in questi momenti, che Macron stesso ha pensato bene di riempire con un discorso alla nazione in TV per il lunedì successivo.
Solo che, se i francesi benpensanti lo hanno visto dal loro divano di casa, quelli che l’ascoltavano dalla piazza l’hanno deriso, fischiato e cominciato con le “casseroles”, le pentole, riprendendo il rituale del Charivari che già prese di mira altri potenti francesi come François Guizot nel 1841.

D’altra parte se Macron, rivolgendosi direttamente ai francesi, ha assunto l’iniziativa politica e la piena, originale paternità della legge per le nuove pensioni, e ha fissato i “prossimi 100 giorni” affinché il governo, i suoi ministri, il Presidente incontrino i francesi, le parti sociali per spiegare e completare l’opera, ora per le piazze di Francia e per i lavoratori non si tratta solo di abrogare quella legge, ma di fare cadere governo e Presidente, e quindi ormai urlano soltanto “Macron dimission”.
La cronaca di questa settimana è che ad ogni uscita pubblica dei “monarchi” di Francia un “comitato di accoglienza” dei lavoratori e cittadini di Francia si è formato. Solo che al posto dei soliti bagni di folla plaudente, ovunque Macron e Governo vadano ricevono contestazioni “agitate”, vengono accolti da un comitato di cittadini che fischiano, battono le pentole, tirano uova e ortaggi, e se non ci fosse una massiccia protezione della polizia se la vedrebbero pure male. E tutto ciò non solo nelle grandi città come Parigi, Lione e Marsiglia dove la polizia viene normalmente concentrata per picchiare i manifestanti, spezzare e disperderne i cortei, ma anche nei comuni più piccoli di qualche migliaio di abitanti. E gli amministratori locali, industriali, borghesi notabili che in queste occasioni sono sempre lì pronti a ricevere le alte cariche dello Stato, a stringergli e a farsi stringere le mani, si arrischiano anch’essi la loro bella raffica di insulti e uova, nonché lo sputtanamento, la derisione e la compromissione con dei “monarchi” le cui teste rischiano di “rotolare su selciato”.
La polizia ormai perquisisce e obbliga la gente comune a lasciare ai posti di blocco le loro armi improprie fatte di pentole e pentolini prima di potersi avvicinare alle transenne, ma la rabbia non possono fermarla e gli insulti nemmeno, nonostante i divieti di manifestazione e gli arresti. Ormai saranno le guardie del corpo e i servizi di sicurezza che decideranno quali uscite dai palazzi consentire al monarca.

Già qualcuno ha rammentato che quel riferimento temporale da parte di Macron sia stato poco felice: con il termine di “100 giorni” viene indicato l’ultimo periodo di Napoleone tra la fuga dall’Elba e il definitivo esilio a S. Elena. Aggiungiamo noi che sicuramente saranno 100 giorni non di pacificazione ma di caos e se, nel suo cervello, Macron pensava di arrivare a festeggiarne la fine il 14 luglio, applaudito dalla folla di francesi riconciliati con il suo presidente sugli Champs Eliseé, il Presidente rischia invece di fare la fine di quel Luigi XVI che la Francia festeggia per essersene liberato con la rivoluzione del 1789, in cui, il 14 luglio, venne abbattuta la Bastille, simbolo dell’oppressione della nobiltà sulle altre classi della società.
I francesi hanno già coniato una nuova parola per questi prossimi 100 giorni, “grèvilla”, combinazione di “grève” (sciopero) con “guérilla” (guerriglia). Macron e i ministri del suo governo sono avvisati.
R. P.


Il palazzo del Consiglio Costituzionale nei giorni in cui i “9 saggi” si riunivano per sancire che andare in pensione a 64 anni invece che 62 è legittimo (Venerdì 14/04/2023):


Video riassuntivo di una settimana “agitata” (15/04/2023 – 22/04/2023):


Volantino della CGT degli operai elettrici in cui promettono, dopo aver già tolto la luce durante la visita di Macron nel dipartimento dell’Hérault, e durante una visita di una fabbrica in Alsazia, «la “Grèvilla”con perturbazioni energetiche ogni volta sia possibile durante le visite dell’esecutivo, del presidente e di suoi amici» e in altre rilevanti occasioni: «Il Festival de Cannes, il Grand Prix di Monaco, Roland-Garros et le Festival d’Avignon potrebbero trovarsi al buio. Non ci arrenderemo!»



Alcuni video di questi giorni

“Macron démission” (Sélestat in Alsace, pomeriggio di mercoledì 19/04/2023)






Fischi, slogan e pentole hanno accolto Christophe Béchu, ministro dell’ecologia. (Le Mans nella Loira, mercoledì 19/04/2023)

La visita di Macron nel dipartimento dell’Hérault nella regione dell’Occitania.

Inizio della manifestazione organizzata dalla CGT a Montpellier, in occasione delle visita di Macron in Occitania (20/04/2023):

Lancio di uova sulla CRS. A due vie dal collegio Luise Michel, a Ganges, dove Macron faceva visita, la polizia ha sbarrato l’accesso con due cellulari. (Ganges, Occitania, giovedì 20/04/2023)

Ad un altro varco i manifestanti hanno cercato di sfondare il cordone di polizia:

Due “pericolose manifestanti”, vengono fermate all’ingresso di Ganges e devono lasciare le loro armi ai piedi della polizia:

Durante la visita al collegio Luise Michel, a Ganges, alle 13, il collegio è improvvisamente rimasto al buio! Questa è stata la dichiarazione rilasciata alla stampa da FNME-CGT, dal sindacato CGT Energie 34 e dall’Unione dipartimentale CGT 34:
“Nella continuità della mobilitazione di ieri che segue il Presidente e che porta la rabbia dei lavoratori, l’aeroporto di Montpellier e il collegio sono stati messi in sobrietà energetica”.


Il video che segue fa capire bene come le visite di Macron vengono ancora rese possibili, ma per quanto ancora? (Ganges, Occitania, giovedì 20/04/2023):

Ferrovieri alla Défense (Parigi, 20/04/2023):


I manifestanti si organizzano per le prossime visite di Macron e ministri, nella cartina i prossimi comitati d’accoglienza che si vanno preparando:

Queste invece le manifestazioni con casserolades che ci sono già state:

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