QUANDO GLI ALBANESI ERAVAMO NOI

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fonte: internet
Recensione
[k]L’orda[k] – Quando gli albanesi eravamo noi [k]
di Gian Antonio Stella, il giornalista del Corsera che ha messo sotto accusa la Casta, ci ricorda quando eravamo clandestini, ruffiani e malavitosi.
A noi, vecchi Emigranti si cerca di farlo dimenticare.

Non siamo mai stati clandestini? Balle.

[k]D’inverno passavamo le Alpi a centinaia, ogni notte; si emigrava in Svizzera, in tanti morivamo, sul San Bernardo dovevano seppellirci in piedi.

Non sbarcavamo sulle spiagge altrui con le carrette della mafia? Falso. A decine di migliaia arrivavamo sulle coste del Maine, contratto di matrimonio incluso.

Non mendicavamo? Altra bugia. I bambini costretti a chiedere la carita’ a New York erano migliaia, e la Mafia li marchiava all’orecchio perche’ non scappassero.

Non eravamo terroristi? Fu uno di noi che fece saltare in aria Wall Street ottant’anni prima di Osama Bin Laden.[k]
La favola che ci descrive sempre migliori degli immigrati di oggi, non regge.
Il libro di G. A. Stella, L’orda – Quando gli albanesi eravamo noi [k] e’ un pugno nello stomaco, contro gli oracoli gli vedono immigrati-invasori, che capovolge la sempre pronta idea di [k]italiani brava gente[k], da agitare ora a Padova, domani a Kabul o a Bagdad.

Dalle pagine del libro scopriamo che per i nostri attuali e cari amici americani i [k]saraceni[k] eravamo noi. Che mentre il Duce ratificava le leggi razziali di Hitler sulla nostra superiorita’ ariana, gli americani ci guardavano come feccia, mediterranei olivastri, negri, gentaglia da linciare. Scimmie, topi di fogna, ecco come i giornali di Londra, New York e Chicago ci ritraevano nelle vignette che pubblicavano impunemente, senza che l’Italia protestasse. Anch[k]essa si vergognava di noi, [k]se ne fotteva dei suoi figli di terza classe[k].

[k]Crepavamo come mosche sulle navi, portati via dalla febbre mentre in prima classe altri italiani cenavano a [k]mousse au chocolat[k]. Vendevamo per fame i nostri bambini, li mettevamo in mano a negrieri che li rinsecchivano ancora per farli entrare in stretti, luridi camini. Mandavamo legioni di nostre donne a morire nei bordelli del Cairo, Tripoli e Algeri. Sedotte con promesse di lavori onesti e poi vendute agli arabi, che le volevano bionde e possibilmente bambine.

[k]Orda[k] e’ un pugno nello stomaco, secco come una fucilata. Un pugno che ci voleva per alleggerire la nausea di porcherie, veleni, bestialita’, cloroformio e di bugie soprattutto. Anche l[k]autore non ne puo’ piu’. Picchia con rabbia, offre uno specchio alla societa’ italiana senza piu’ nessun filtro del politicamente corretto. Demolisce il razzismo della brava gente, a partire dalla sua veneto che sgobba e dai suoi falsi miti, urla contro [k]il fetore insopportabile di xenofobia che monta, monta in una societa’ che ha rimosso parte del suo passato[k].

Letteratura disfattista. Ci voleva per iniziare a regolare i conti con le origini, a partire da suo nonno Toni [k]Cajo[k] buonanima, che [k]mangio’ pane e disprezzo in Prussia e Ungheria e sarebbe schifato dagli smemorati che sputano oggi su quelli come lui[k]

Quelli che ci hanno dato lustro, altroche’ se li ricordiamo. I Cuomo, gli Jacocca, i La Guardia. In tanti si sono fatti onore, i loro successi nel mondo li leggi ovunque. Ma gli altri, chi li ricorda? Nessuno. [k]Quelli che non ce l’hanno fatta e sopravvivono oggi tra mille difficolta’ nelle periferie di San Paolo, Buenos Aires, New York o Melbourne fatichiamo a ricordarli[k].

27 milioni sono stati gli operai e i lavoratori delle campagne partiti fra il 1876 e il 1976. 27 milioni, mezza Italia di oggi, pago’ il prezzo che il progresso dell[k]industria riservava loro, non per mancanza di mezzi di sussistenza, benche’ per questo siano stati costretti a emigrare. Anzi, al contrario, emigrarono perche’ lo sviluppo di questi mezzi di sussistenza che il progresso industriale garantiva, era in contrasto con la proprieta’ privata dei mezzi del lavoro e della terra; per il profitto che dovevano rendere non avevano nessun interesse affinche’ una parte del prodotto del lavoro degli operai, seppur aumentato a dismisura rispetto alla vecchia base produttiva, si ripartisse su quella che ormai era diventata una eccedenza di forza lavoro.

Vogliono riscrivere i libri di Storia. Vogliono rimuovere tutti quegli elementi che spingerebbero a riconoscere che le migrazioni hanno una sola ragione che e’ lontana dalla volonta’ del migrante. Lo facciano pure. Queste verita’ rimosse diverranno nuove armi inoppugnabili di lotta.

Il libro di Stella contribuisce a contrastare questa rimozione che pseudo-intellettuali stanno montando da tutti i fronti. Vogliono ripartire da un vuoto di memoria per costruire una storia falsa. Non vogliono che i figli sappiano quanto fu dura, e i figli non vogliono avere in un clandestino lo specchio del loro padre. La lezione che hanno imparato e’: stranieri si, ma senza lavoro no!

Bella e consolante demagogia, quando ad essere senza lavoro, o destinati come eterni precari, siamo direttamente noi i primi, e non certo per colpa degli stranieri. Vogliono auto-assolversi dai vizi nazionali che distingue ogni borghesia, salvo poi coalizzarsi quando il loro potere sara’ in bilico.

Elp 25 aprile 2008

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