LA FRUTTA MARCISCE NEI CAMPI. MA PER GLI OPERAI COSTA TROPPO  

Albicocche, pesche e nettarine non hanno mercato. I frutticoltori non riescono a venderle. Sono forse di cattiva qualità? No, sono integre, saporite, perfette. Eppure i commercianti, i mediatori, la grande distribuzione organizzata (super, ipermercati e discount) non le vogliono o sono disposti a pagare non più di 20-25 centesimi al chilo, anche meno. A questi prezzi gli agricoltori non recuperano neanche il costo della raccolta, perciò preferiscono lasciare la frutta sugli alberi, a cadere e marcire.   Gli operai, i proletari, i disoccupati non possono acquistare albicocche, pesche e nettarine o ne limitano molto il consumo perché costano troppo: […]
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Albicocche, pesche e nettarine non hanno mercato. I frutticoltori non riescono a venderle. Sono forse di cattiva qualità? No, sono integre, saporite, perfette. Eppure i commercianti, i mediatori, la grande distribuzione organizzata (super, ipermercati e discount) non le vogliono o sono disposti a pagare non più di 20-25 centesimi al chilo, anche meno. A questi prezzi gli agricoltori non recuperano neanche il costo della raccolta, perciò preferiscono lasciare la frutta sugli alberi, a cadere e marcire.

 

Gli operai, i proletari, i disoccupati non possono acquistare albicocche, pesche e nettarine o ne limitano molto il consumo perché costano troppo: 2,00-2,50 €/kg e anche di più! E non solo albicocche, pesche e nettarine. Quest’anno il consumo di frutta e verdura è al di sotto del livello minimo raccomandato dal Consiglio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in un paese come l’Italia che è leader europeo nella produzione di frutta e verdura! È quanto emerge anche dal dossier su “Frutta e verdura dai campi alla tavola nel 2014” elaborato dalla Coldiretti. È quanto tutti gli operai vedono sulle proprie tavole.

 

La frutta si perde e gli operai non possono mangiarne! Questo è il capitalismo. Questa è la misera anarchia del modo di produrre capitalistico. Nessuna merce, pur ottima, ha mercato se non è in grado di produrre un certo tasso di profitto. Nel momento in cui tale tasso scende sotto il livello prestabilito dal capitalista la merce non si vende più.

 

I commercianti non sono disposti a pagare di più le albicocche, pesche e nettarine agli agricoltori, perché altrimenti diminuirebbe il loro profitto. A essi non interessa acquistare e rivendere tutta la merce presente in campo, non interessa soddisfare i bisogni di tutti, preme acquistare solo quella quantità di merce che, rivenduta a un determinato prezzo al consumatore, permette loro di conseguire il livello di profitto prefissato.

 

Anche agli agricoltori preme vendere la propria merce solo se raggiungono un certo livello di profitto. Se il loro profitto scende sotto il livello prestabilito, o se addirittura diventa negativo, perché i commercianti capitalisti sono più forti degli agricoltori capitalisti e impongono sul mercato la forza dei propri prezzi, allora preferiscono abbandonare tutto nei campi!

 

Vani sono allora, per tentare di accrescere i consumi, gli appelli nazionalistici a “consumare italiano”, inutili le urla protezionistiche contro l’invasione di albicocche, pesche e nettarine spagnole, greche, francesi, nordafricane, ecc. che aumenta l’offerta e riduce i prezzi. Chiacchiere vuote, è falso che l’aumento dell’offerta spinge verso il basso i prezzi al consumo. I padroni del commercio li aumentano, mentre comprimono verso il basso i prezzi ai produttori, per spartirsi, lungo la catena distributiva, il massimo valore possibile. L’arrivo di prodotto estero contribuisce solo a esasperare verso il basso i prezzi ai produttori, italiani o comunque nazionali: come sanno gli agricoltori che, in Francia, hanno distrutto alcuni camion di pesche provenienti dalla Spagna.

 

Gli agricoltori capitalisti qualcosa raccattano anch’essi, al tavolo della spartizione del profitto, dipende dalla loro forza contrattuale verso i capitalisti del commercio. Gli agricoltori poveri, quelli che non assumono forza lavoro, invece si immiseriscono, scendono più in basso nella scala sociale. Gli operai fanno la fame e rinunciano anche alla frutta e alla verdura. Gli operai hanno tutto da guadagnare a rivoltarsi contro questo sistema che distrugge ricchezza sociale per mantenere inalterato il profitto di pochi e a cercare alleati fra gli agricoltori poveri spinti verso la proletarizzazione.

 

SPARTACUS

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