L’ECONOMIA ITALIANA VA BENE: PROFITTI ALLE STELLE, I SALARI SOTTO I PIEDI

La denuncia sui bassi salari è ormai una consuetudine, ma senza sostenere ed organizzare scioperi e manifestazioni per imporre ai propri “imprenditori” un loro aumento è solo una noiosa lamentazione.
Condividi:

La denuncia sui bassi salari è ormai una consuetudine, ma senza sostenere ed organizzare scioperi e manifestazioni per imporre ai propri “imprenditori” un loro aumento è solo una noiosa lamentazione.

Caro Operai Contro, “Fatto 100 il salario reale a gennaio 2020, poco più di 3 anni dopo ad aprile 2023, è crollato a 87,18. Quindi si è ridotto di quasi il 13% (12,82) in 3 anni e 4 mesi. Invece analizzando il bilancio delle imprese italiane tra il 2017 e il 2021, gli utili netti sono aumentati del 77%”.
Questa l’analisi dello scrittore e ricercatore M. Gaddi che intervistato dal quotidiano “Il Manifesto” commenta: “Quella che stiamo vedendo è dunque un’inflazione da profitti: le imprese hanno aumentato i prezzi e hanno incassato più guadagni. E questo nonostante l’aumento dei costi dell’energia. Contrariamente alla vulgata generale, a parte i settori energivori, nel resto della produzione questi costi sono stati molto contenuti”.
Sicuramente – si può aggiungere – con l’aumento dei prezzi ha agito anche l’alto sfruttamento operaio, comprese le occupazioni precarie e salari miserabili, nel determinare una crescita così alta degli utili netti.
Mentre i profitti sono andati alle stelle e i salari in cantina, il governo Meloni fa la bocca larga sbandierando gli scarni aumenti salariali che, derivanti dal taglio del cosiddetto “cuneo fiscale” (Irpef), andranno in busta paga dal prossimo luglio e per 6 mesi fino dicembre 2023.
Faranno il tris con i 2 già in busta paga, messi dal governo Draghi e dalla legge di Bilancio 2023. Anche con questo terzo intervento sul “cuneo fiscale”, i salari in Italia non subiranno significativi miglioramenti, come potere d’acquisto nei confronti dell’alto carovita, e rispetto il grado di sfruttamento degli operai.
I padroni non sborseranno un euro nonostante l’impennata dei profitti!
Non contento il governo, con il lavoro delle Commissioni prosegue l’inasprimento dei contratti di lavoro a termine. Rende ancora più scarse le possibilità di una occupazione stabile. Alimenta la precarietà e la subalternità della forza lavoro occupata a “intermittenza”.
In tal modo oltre che fare un regalo ai padroni, il governo spera di togliere respiro all’insorgere di proteste e ribellioni, che nel frattempo covano e si radicano in profondità.
Uno scandalo che emerge chiaramente dagli stessi dati del ministero del Lavoro: in una sua Nota elaborata con Inps, Istat, Inail e Anpal, si rileva che nel terzo trimestre del 2022, il 61,7% delle nuove posizioni lavorative a tempo determinato, non supera i 6 mesi.
Più nel dettaglio: il 31,7% è inferiore a un mese. Un altro 30% va da due a sei mesi, mentre meno dell’1% supera l’anno.
Questo dice perché i nuovi contratti a termine (rinnovabili fino 24 mesi non più 12), voluti dal governo Meloni, prenderanno ancora di più il posto delle occupazioni stabili.
Viene vanificato ciò che restava del decreto Dignità, con il quale il governo Conte 1 nel 2018, metteva un limite ai padroni, nell’abusare dei contratti a termine invece di assumere stabilmente, riducendo da 24 a 12 mesi la loro durata, sempre con le causali per i contratti inferiori ai 12 mesi.
Le aziende non avranno più l’obbligo di indicare la causale per i rinnovi, non solo per le proroghe, dei contratti a termine inferiori ai 12 mesi. Non dovranno più giustificare il motivo per il quale rinnovano un lavoratore precario, anziché assumerlo stabilmente. Insomma, assunzioni selvagge in piena regola, ma legalizzate.
Se l’azienda poi troverà un accordo con il sindacato, le nuove norme permetteranno di derogare ulteriormente i nuovi contratti a termine. In questo caso quindi, la durata di 24 mesi potrebbero diventare 36?
Per i contratti di somministrazione viene invece cancellato il limite del 20%, per il personale in apprendistato, per i lavoratori in mobilità, disoccupati o svantaggiati. Sempre nel segno della precarietà.
Queste le norme tra le più rilevanti in via di approvazione del governo Meloni.
Saluti Oxervator.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.