LA GRANDE ABBUFFATA CAMBIA I COMMENSALI

Il Superbonus è stato un grande affare per le imprese del settore edile, amministratori, ingegneri e ceti medi proprietari. Ora si sono accorti che costa troppo per il bilancio dello Stato e lo hanno ritagliato su misura per grandi imprese, le banche e le classi medio alte.
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Il Superbonus è stato un grande affare per le imprese del settore edile, amministratori, ingegneri e ceti medi proprietari. Ora si sono accorti che costa troppo per il bilancio dello Stato e lo hanno ritagliato su misura per grandi imprese, le banche e le classi medio alte.


 

Il Superbonus 110%, una misura che si aggiunge ad una marea di bonus per la casa, il più importante e consistente, un’incentivazione introdotta il 19 maggio 2020 dal governo Conte II, consente ai beneficiari di effettuare lavori di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico senza aver alcun tipo di costo. Una misura che ha favorito imprenditori, professionisti e classe media.
Chiariamo subito che i bonus possono sembrare una misura che aiuta tutti ma non lo sono. Il bonus 110 è stato cucito sulla classe media. L’idea di rilancio economico dei cinque stelle era di riattivare l’economia ed il Pil sostenendo i padroni dell’edilizia e, a seguire tutta la filiera, e nello stesso tempo agevolare principalmente i ceti medi proprietari di case.
Chi si è arricchito sono state principalmente le grandi aziende del settore edilizio che hanno gestito il grosso dei finanziamenti; a seguire, affaristi e professionisti in grado di sapersi muovere tra leggi, amministrazioni e pratiche con l’ausilio di tecnici di amministrazioni capaci di chiudere un occhio al momento opportuno. 110 miliardi sciorinati in meno di due anni. Il bonus doveva coprire le spese per lavori di ristrutturazione inerenti a interventi antisismici e di risparmio energetico.
I lavori, risolto l’aspetto burocratico, potevano essere finanziati attraverso vari modi: anticipando la spesa da parte del proprietario dell’immobile e poi recuperando la spesa con le detrazioni fiscali negli anni successivi per 10 anni. Oppure cedendo il credito a una banca dietro pagamento di consistenti interessi.
Per le imprese del settore e professionisti è stata una manna caduta dal cielo. I prezzi degli interventi, dei materiali, della consulenza e realizzazione dei progetti sono lievitati a dismisura, è stata una grande abbuffata. Il sistema creditizio ha avuto la sua più che generosa fetta scontando crediti.
Si stima che il Superbonus abbia generato 124,8 miliardi di euro, pari al 7,5% del Pil italiano.
L’altra faccia della medaglia è che il rapporto deficit/Pil, per il 2022, si è attestato all’8%. Un valore, spiega l’Istat, superiore al 5,6% previsto. Ma mentre gli aspetti positivi toccheranno a imprenditori e ceto medio, del deficit se ne dovranno fare carico principalmente i lavoratori dipendenti in generale, i pochi che pagano le tasse .
Lo stesso “lavoro” che il superbonus avrebbe portato, per gli operai edili è stato un affare a perdere. I cantieri sono sorti come funghi e tutta questa frenesia l’hanno pagata gli operai edili che hanno visto aumentare l’intensità del lavoro e lo sfruttamento. L’irregolarità del lavoro nei cantieri è stata una costante. Nel 2022, su 100 cantieri ispezionati dall’Ispettorato del lavoro ben 91 non erano in regola in materia di sicurezza. Ciò significa che il 90% dei cantieri sul territorio è irregolare per lavoro in condizioni pericolose e lavoro nero. Delle 13.000 infrazioni registrate nel corso di tutto il 2021, il 50% riguarda l’inadeguatezza delle misure di protezione e sicurezza nel caso di caduta dall’alto per mancanza del doppio parapetto, materiali usurati, montaggio irregolare di tubi o ponteggi e mancanza di parasassi o cartelli di pericolo. Il risultato è stato che gli incidenti negli ultimi mesi del 2022, sono aumentati del 30%, causando un incremento del numero delle morti da 114 a 127 in un solo anno, con un incremento dell’11%.
Il governo Meloni ha deciso, con la scusa del deficit, di mettere in discussione il superbonus, ma a senso unico, limitando ulteriormente l’accesso ai piccoli proprietari, ma lasciando intatta la possibilità di usufruirne ai ricchi, alle imprese edili e alle banche.
Già Draghi aveva limitato l’accesso al superbonus per le case unifamiliari e, vista la crescita enorme della speculazione, aveva creato limitazioni alla cessione del credito che, pur non eliminando il superbonus, di fatto lo rendeva inaccessibile alle piccole imprese e ai proprietari di case non ricchi. Con il governo Meloni si è deciso di selezionare ulteriormente chi può accedere alla misura. Di fatto il superbonus potrà essere richiesto solo da chi ha i soldi per poter anticipare il pagamento dei lavori e poi recuperarli attraverso le detrazioni fiscali, questa volta in cinque anni. Inoltre, nei prossimi anni, il bonus non sarà più al 110%, ma di meno.
La Meloni ha dichiarato che il superbonus è già “costato 2.000 euro a ogni italiano”. La soluzione più logica del governo era quella di toglierlo di mezzo. Ma con una giravolta acrobatica, a cui questo governo ha fatto l’abitudine, di più e meglio dei saltimbanchi precedenti, non lo toglie di mezzo. Con le nuove misure si salvaguardano grandi imprese, banche e classe medio-alta. Bisogna chiudere l’accesso al superbonus solo ai più deboli, se mai è stato praticabile per loro, vietando lo sconto in fattura e la cessione del credito. In sostanza lascia aperta la porta solo per chi ha un cassetto fiscale ampio e ha la possibilità di anticipare l’importo dei lavori. Per le pratiche avviate prima di queste misure (febbraio 2023) mette una clausola di salvaguardia per chi ha le carte in regola per i lavori. Questi potranno ancora usufruire dello sconto in fattura. Quindi i condomini che hanno approvato i lavori e depositato le Cilas (certificato di inizio lavori) entro il 25 novembre scorso potranno andare avanti con le vecchie regole, sempre che non venga utilizzata la pratica dilatoria di Draghi per escludere ancora i piccoli beneficiari.
Il governo sferza parte dei suoi stessi elettori, classe medio-bassa e piccoli imprenditori, per garantire profitti e benefici solo ai grandi imprenditori e classe medio-alta.
Una cosa è certa: questa storia del bonus agli operai non ha portato niente di buono, non hanno visto un euro, solo un aumento del debito pubblico che, avrà bisogno per essere finanziato di un incremento dello sfruttamento operaio l’unica fonte dal quale attingere ogni ricchezza disponibile. Tant’è che gli operai sono costretti a subire un ulteriore aumento dello sfruttamento e il peggioramento delle condizioni di lavoro. Per gli operai oltre al danno la beffa perché il governo per fare cassa vuole ridimensionare le agevolazioni sull’irpef che valgono 156 mld suddivise tra deduzioni, detrazioni, esenzioni, riduzioni di aliquota, come le spese sanitarie, le spese per disabili, per l’istruzione secondaria e universitaria, per le attività sportive praticate da ragazzi, per i canoni di locazione studenti universitari fuori sede, per gli asili nido, per le spese funebri, per le erogazioni liberali a partiti politici, onlus, società sportive ed associazioni sportive dilettantistiche, fino ai bonus mobili ed elettrodomestici.
S. C.

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