COVID: UN’INCHIESTA STRABICA

Chi si oppose con tutti gli strumenti possibili alla zona rossa in Valseriana furono gli industriali, è risaputo. Nella ricerca dei responsabili i giudici malati di strabismo puntano il dito contro politici e professoroni, Confindustria e Assolombarda non sono nemmeno citati.
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Chi si oppose con tutti gli strumenti possibili alla zona rossa in Valseriana furono gli industriali, è risaputo. Nella ricerca dei responsabili i giudici malati di strabismo puntano il dito contro politici e professoroni, Confindustria e Assolombarda non sono nemmeno citati.


 

Caro Operai Contro, “Una chiusura con zona rossa dal 27 febbraio nella bergamasca, avrebbe potuto evitare 4.148 decessi, pari al 67,5 per cento dell’eccesso di mortalità di quelle settimane, oltre 6 mila”. Queste le conclusioni con il calcolo del modello matematico, del microbiologo Andrea Crisanti e i suoi collaboratori, consulenti dei PM nell’inchiesta sul Covid in Lombardia sopratutto nella bergamasca, che manda a giudizio 19 indagati di primo piano, politici e professoroni sanitari del Cts, (Comitato Tecnico Scientifico – Ministero della Salute).
Confindustria non risulta indagata. Nemmeno una parola chiara sugli industriali della valle e i vertici di Confindustria, che si opposero alla costituzione della zona rossa, con i fedeli servitori che li assecondarono. Le loro pressioni perché non si chiudessero le attività in Lombardia, non sono state ritenute degne di attenzioni da chi sta indagando. Formalmente e ufficialmente gli industriali non ricoprono cariche politiche. Evidentemente i magistrati non considerano indebite forzature per il profitto ad ogni costo, quella che poi si è rivelata un’ecatombe umana a fini di lucro. Preceduta da una forzatura da posizione economicamente dominante, della massima organizzazione della borghesia industriale.
L’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota con 4 PM e la guardia di Finanza, è durata 3 anni. Divisa in 3 parti: la gestione dei casi Covid all’interno dell’ospedale di Alzano Lombardo; la mancata zona rossa in Val Seriana; e la mancata attuazione del piano pandemico regionale e nazionale.
A condurre la crociata perché non fosse dichiarata la zona rossa con il fermo delle fabbriche, Confindustria con il suo giornale Sole 24 ore, dopo l’incontro tra Fontana e Assolombarda, titolava in prima pagina: “Fabbriche aperte in Lombardia”, mettendo il messaggio in rete per accalappiare ordini di merci anche a livello internazionale, da situazioni in difficoltà proprio per il Covid. In Lombardia bisognava dare la precedenza alla fabbricazione e circolazione delle merci, anziché la precedenza e salvaguardia delle vite umane.
“Non siamo untori”, “imprese sicure, serrata irresponsabile”, titolava “il Giornale” del 24-03-2020, riprendendo un’intervista di Carlo Bonomi, in procinto di essere nominato presidente di Confindustria.
Alla data dei fatti, Conte presidente del Consiglio e Fontana presidente della regione Lombardia, oggi sono accusati di epidemia colposa aggravata e di omicidio colposo. Poco meno le accuse per gli altri indagati.
Le contraddizioni emerse dalle loro dichiarazioni messe a confronto, hanno spinto gli inquirenti a capire se da parte dei massimi responsabili, vi sia stato dolo o reato nella condotta gestionale della pandemia in questa regione, in particolare nel primo periodo quando, a differenza di altre regioni, galoppò subito in modo esponenziale con contagi e oltre 6 mila morti in poche settimane.
Bonometti allora presidente di Confindustria Lombardia sentenziò: “No alle zone rosse nella bergamasca, questa era la nostra posizione sempre condivisa e fatta propria dalla regione Lombardia”.
Mentre medici e infermieri lavoravano senza alcun protocollo da applicare, gli inquirenti hanno accertato che l’alta funzionaria regionale Andreassi, in un messaggio al consigliere regionale di Italia Viva, Nicolò Carretta così si esprime: “Il senatore Matteo Salvini non vuole che la regione prenda posizione. Vuole mettere in difficoltà il governo…Purtroppo il presidente (della regione Fontana ndr) è ostacolato da Confindustria, e immagino da Salvini”.
Buona parte dei politici e dei mass media hanno accolto la notizia dell’atto giudiziario come uno scandalo. Una inammissibile intromissione che col senno di poi, non mirerebbe tanto a chiarire responsabilità se la strage pandemica nella bergamasca si sarebbe potuto almeno limitare ai livelli delle altre regioni, ma avrebbe come scopo principale, lo scatenamento di una battaglia tra varie forze politiche, tra la regione e il governo centrale, per un regolamento di conti, compresi i luminari dei Cts.
Nei talk show e dibattiti televisivi, giornalisti, opinionisti, mestieranti della chiacchiera, ognuno difende la propria pagnotta, prendendo le difese degli indagati della propria parte politica. E tutti sono a dire che, se vi sono state negligenze o sbagli nel gestire la pandemia, non è certo colpa della propria parte politica!
Invece di chiedersi se sia logico che Confindustria, nonostante le sue pressioni, non sia sul banco degli inquisiti, men che meno degli imputati. Il dibattito viene trascinato nelle solite bagarre del caotico opinionismo da ballatoio, tanto caro al Palazzo per avere mani libere e soprattutto, rimandare ogni volta lo scontro con una vera opposizione.
Saluti Oxervator.

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