E’ COSI’ CHE SI FA

I portuali inglesi in sciopero per otto giorni bloccano il porto di Felixstowe, chiedono aumenti salariali e non si accontentano delle briciole. In italia solo chiacchiere e distintivi e una poltrona per la Camusso, ex segretaria della CGIL, in Parlamento.
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I portuali inglesi in sciopero per otto giorni bloccano il porto di Felixstowe, chiedono aumenti salariali e non si accontentano delle briciole. In italia solo chiacchiere e distintivi e una poltrona per la Camusso, ex segretaria della CGIL, in Parlamento.

Con l’inflazione salita oltre il 10%, i portuali britannici bloccano il più importante porto del Regno Unito, proclamando uno sciopero di otto giorni e respingendo come inadeguata l’offerta padronale di un aumento dei salari dell’8%. Intanto decine di migliaia di altri operai, postini e infermieri scaldano ulteriormente la torrida estate britannica aprendo ulteriori fronti di lotta per il salario. E in Italia? Con gli aumenti salariali non solo bloccati da oltre 20 anni ma ridotti del 2,90% (fonte OCSE), gli operai e i lavoratori poveri sono ridotti sul lastrico senza che le burocrazie sindacali compromesse avanzino qualsiasi piattaforma di adeguamento salariale all’inflazione galoppante. C’è da meravigliarsi se, ringraziandola per servigi resi ai padroni, l’ex segretario generale CGIL viene candidata al parlamento dal partito degli industriali italiani? Come nel Regno Unito tocca agli operai costringere le strutture sindacali di appartenenza a inseguirli, aprendo nelle fabbriche e nei posti di lavoro vertenze per recuperare almeno il tasso di inflazione. L’alternativa può essere solo un immiserimento ulteriore delle già precarie condizioni di vita degli operai e delle classi subalterne.
MC

Sciopero nel porto più grande del Regno Unito per salari più alti per combattere l’inflazione


Domenica 21 agosto, i lavoratori portuali di Felixstowe, il più grande porto per container del Regno Unito, hanno iniziato otto giorni di sciopero, chiedendo aumenti salariali che combattano realmente l’inflazione. Si stanno unendo all’ondata di scioperi in Gran Bretagna durante quella che è stata definita “l’estate del malcontento”.

La Izquierda Diario Argentina

23 agosto 2022


Domenica 21 agosto, gli operai del porto di Felixstowe, il più grande per container del Regno Unito, hanno iniziato il primo di otto giorni di sciopero.

I lavoratori portuali chiedono un aumento salariale di fronte a un’inflazione che supera già il 10 per cento all’anno, unendosi a un’ondata di scioperi che ha incluso centinaia di migliaia di operai e lavoratori nei settori dei trasporti, della sanità, dell’istruzione, del petrolio, delle poste, della giustizia, della logistica e di altri settori.

Il sindacato Unite nel Suffolk rappresenta circa 1.900 operai. Anche se quel numero può sembrare piccolo rispetto ad altri sindacati che hanno votato per lo sciopero per aumenti salariali, circa il 48 per cento di tutti i container nel Regno Unito passa attraverso Felixstowe, nel Suffolk, sulla costa orientale dell’Inghilterra. La posizione strategica dei portuali all’interno della catena di approvvigionamento conferisce loro un enorme potere, inclusa la capacità di paralizzare il commercio in tutta la Gran Bretagna.

Lo sciopero è storico; I porti britannici non vedono uno sciopero dal 1989. Lo stesso sta accadendo in altri settori, come quello sanitario, dove il sindacato degli infermieri sta votando per lo sciopero per la prima volta in assoluto.

Il porto di Felixstowe gestisce circa 4 milioni di container provenienti da circa 2.000 navi all’anno, quasi la metà di tutto il carico commerciale che entra nel paese. Un comunicato stampa del sindacato ha accusato la società che gestisce il porto e la sua società madre, CK Hutchison Holding Ltd., di dare la priorità ai profitti rispetto al benessere dei lavoratori. La società “afferma di non potersi permettere di pagare i propri operai”. Ma, ha affermato il segretario generale di Unite Sharon Graham, “Felixstowe Docks ha dato, come tutti i padroni, la priorità a profitti e dividendi invece di dare ai propri operai una parte decente della torta”.

L’azienda ha offerto un aumento salariale di solo l’8%, che la dirigenza sindacale e la base hanno rifiutato.

Secondo gli ultimi dati ufficiali, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) della Gran Bretagna è aumentato del 10,1 per cento a luglio, dopo un aumento del 9,4 per cento del mese precedente, rendendo l’indice dei prezzi al consumo di luglio il livello più alto in più di 40 anni. Gli aumenti sono stati registrati principalmente nei prezzi più elevati per elettricità e gas, ma anche per trasporti, cibo e transito.

La protesta al porto è l’ultima di un’ondata di scioperi iniziata più di un mese fa e che promette di crescere nelle prossime settimane. Circa 115.000 impiegati delle poste hanno già annunciato uno sciopero di quattro giorni, chiedendo un aumento salariale in linea con l’inflazione. C’è l’imminente sciopero degli infermieri nel servizio sanitario nazionale britannico e mezzo milione di altri operatori sanitari in Inghilterra e Galles hanno iniziato il processo di voto per lo sciopero a settembre.

Anche altri operai del settore logistico hanno annunciato scioperi per aumenti salariali e migliori condizioni di lavoro, o hanno minacciato scioperi. Circa 800 operai Amazon a Tilbury, nell’Essex, a est di Londra, hanno incrociato le braccia all’inizio di agosto chiedendo un aumento di stipendio di £ 2 l’ora. La compagnia del miliardario Jeff Bezos aveva offerto un aumento di soli 35 centesimi.

D’altra parte, negli ultimi giorni è diventata diffusa una massiccia campagna per evitare di pagare le crescenti bollette di luce e gas. Il costo medio di elettricità e gas nel Regno Unito sta aumentando di circa il 250 percento in un solo anno. La campagna “Don’t Pay UK” (Non Pagare ndt) prevede il mancato pagamento di massa delle bollette a partire dal 1 ottobre.

La situazione in Gran Bretagna è diventata intollerabile per gli operai e per i settori più poveri, che vedono crollare verticalmente il loro potere d’acquisto. La reazione del governo all’impennata è stata vietare gli scioperi, legalizzare l’assunzione di crumiri nel tentativo di rompere le interruzioni del lavoro e fissare limiti alle offerte di aumento salariali ben al di sotto del tasso di inflazione. Ma l’ondata di scioperi continua e al momento sembra non esserci una soluzione in vista.

Altri paesi europei con alta inflazione stanno vivendo situazioni simili. Ma la crisi, aggravata dalla aggressione russa all’ucraina, sta provocando rivolte e ribellioni anche in paesi che stanno affrontando seri problemi nel fornire carburante o cibo di base, come abbiamo già visto in Sri Lanka , Bangladesh, Iran, Ecuador e altrove.

Pubblicato per la prima volta in spagnolo il 22 agosto su La Izquierda Diario.


A cura di MC

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