L’EMBARGO DEL GAS RUSSO? PUÒ ASPETTARE

Le dichiarazioni a sostegno dell’Ucraina non si risparmiano, ma gli affari fra gli oligarchi russi e l’ENI non possono subire intralci. I più importanti finanziatori dell’aggressione di Putin si trovano a casa nostra, dal governo Draghi ai manager ENI- SNAM
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Le dichiarazioni a sostegno dell’Ucraina non si risparmiano, ma gli affari fra gli oligarchi russi e l’ENI non possono subire intralci. I più importanti finanziatori dell’aggressione di Putin si trovano a casa nostra, dal governo Draghi ai manager ENI- SNAM


 

Caro Operai Contro, dopo aver minacciato lo stop al gas russo per non finanziare la guerra di Putin, Draghi (e gli altri governi della Ue) ha scelto di non pestare i piedi agli oligarchi del mercato energetico in Italia, con in testa l’Eni che insieme a Putin divide i profitti dell’estrazione e del commercio del gas russo.
Da uno studio della Banca d’Italia risulta fattibile l’embargo totale al gas russo, pagando una recessione dello 0,5 per cento del Pil, invece di una sua crescita prevista del 3 per cento. Una perdita secondo la Banca d’Italia, ampiamente sopperibile con nuovi fondi Ue.
Ma il governo Draghi e l’Ue continuano, come hanno fatto finora, a dare un colpo al cerchio e una alla botte. Sostengono da una parte l’esercito ucraino, facendo comunque affari con il commercio di armi e dall’altra finanziano con l’acquisto di gas russo, la guerra di Putin. Non disturbano gli affari dell’Eni, ma neanche quelli della russa Gazprom, che su tratte di gasdotti sono in società, con a capo Cristian Signoretto, direttore della divisione gas dell’Eni, e membro del Consiglio generale di Confindustria. Al suo fianco c’è Elena Viktorovna Burmistrova, numero tre di Gazprom, capo delle esportazioni del gigante russo.
Eni è una S.p.A. multinazionale di cui lo Stato è azionista di minoranza, rispetto alla somma delle quote azionarie dei privati. In pratica è una società per azioni e come tale si muove per fare i propri interessi, non quelli dei consumatori, come dovrebbe essere per un’azienda ufficialmente controllata dal Tesoro.
Riconosciuta ufficialmente in campo internazionale per il passe-partout del Tesoro, Eni, con gli accordi sul gas con Putin, ha reso l’Italia sempre più dipendente dal gas russo.
All’Eni gli vanno strette le sanzioni che Draghi, i governi europei e quello degli Stati Uniti, hanno appioppato al Cremlino come deterrente alla guerra. Per questo Eni si è subito mobilitata, accompagnata dall’omino del governo di turno, a fare accordi sul gas e cercarne ancora in altri paesi produttori, una manovra per dare l’impressione di volersi sganciare dalle forniture di gas russo.
Negli ultimi tempi il gas di Putin è fortemente rincarato, e non è dato sapere se estrarlo in Italia dalle piattaforme esistenti abbia costi più alti o più bassi. Il governo si limita a dire che le piattaforme estrattive di gas in Italia non sono comunque sufficienti per il fabbisogno del paese. Ciò significa che se anche costasse meno non si estrarrebbe perché non copre tutto il fabbisogno?
Sembra che le sanzioni finora varate contro Putin preoccupino la governatrice della banca centrale russa, Elvira Nabiullina. La quale in un discorso ufficiale alla Duma, la camera bassa del parlamento russo, ha ammesso che le sanzioni stanno iniziando ad avere un influenza negativa sull’economia russa e che, dopo aver “colpito in un primo momento il mercato finanziario” ora le “sanzioni avranno un impatto più forte sull’economia”. L’allarme della banca centrale russa, sempre per bocca della sua governatrice, rimarca: “il periodo in cui l’economia nazionale può vivere sulle sue scorte è limitato”. Per questo motivo si cercherà di “abbassare l’inflazione a ogni costo”. Tra le contromisure all’economia di guerra, il sindaco di Mosca annuncia un piano di sostegno per 200 mila operai e lavoratori rimasti senza lavoro, per le centinaia di aziende straniere che han chiuso.
Se le sanzioni hanno creato questa situazione in Russia, e se è vero che economicamente il paese vacilla, l’embargo totale di gas che Draghi ha minacciato, solo per imporre austerità e sacrifici ai soliti noti, avrebbe davvero messo in ginocchio l’economia russa, costringendo Putin a trattare da Zar dimezzato.
Invece Draghi non interrompe l’acquisto di gas con il quale Putin si finanzia la guerra. L’embargo colpirebbe gli interessi degli oligarchi della gestione energetica in Italia. A cominciare dal suo a.d. Claudio Descalzi, fino a Ernesto Ferlenghi cittadino russo dal 1995, insignito di diverse onorificenze da parte del Cremlino, di cui una recente. Ferlenghi è considerato la mente e il cuore Eni in Russia.
Non da ultimo. Come fa presente il quotidiano Domani, Eni è l’unica tra le compagnie petrolifere più importanti europee a non aver espresso pubblicamente alcuna condanna nei confronti della aggressione di Putin all’Ucraina.
Saluti Oxervator.

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