GLI OPERAI GKN E I GIOVANI INGEGNERI

Sta circolando un documento che dei giovani ingegneri hanno redatto dopo la discussione con gli operai della Gkn sulla fabbrica e le sue possibilità di riapertura. Non è bello leggere il testo in questione  ...
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Sta circolando un documento che dei giovani ingegneri hanno redatto dopo la discussione con gli operai della Gkn sulla fabbrica e le sue possibilità di riapertura. Non è bello leggere il testo in questione anche perché l’indipendenza degli operai della Gkn da tutte le influenze di altre classi era ed è un dato acquisito. Qui troviamo ancora fantasie, ancora false rappresentazioni sul contenuto reale del rapporto fra operai e il capitalista che li impiega. I due estremi del rapporto sanno di cosa si parla. Per gli operai vuol dire lavoro a salario, un vendere la forza lavoro per poter vivere, per l’imprenditore utilizzare questa forza lavoro per arricchirsi. Dalla comparsa della grande industria ogni miglioramento tecnologico è stato introdotto per far rendere di più l’attività di questa forza lavoro, rendere di più in termini di volume di produzione, di miglioramento della qualità delle merci prodotte, quando sembrava venisse in aiuto dell’operaio per alleggerire il sovraccarico di lavoro rendeva solo il consumo delle sue braccia fluido nel tempo e più rapide le sue prestazioni lavorative.
In mezzo a queste due figure estreme del rapporto di produzione si producono altre necessarie componenti, che interpretano la realtà dal loro particolare punto di vista e tendenzialmente confondono lucciole per lanterne. Si può chiedere ad un ingegnere, che si colloca come la personificazione della scienza e della tecnologia, un giudizio sulla funzione della scienza per il capitale, sull’uso capitalistico del macchinario? L’unica critica che saprà esprimere sarà sul livello di scienza e tecnologia che viene applicata alla produzione. I rapporti sociali entro cui la produzione si sviluppa e cioè il fatto che si faccia sotto gli interessi di azionisti a loro poco importa. La fabbrica 4.0 che è digitalizzazione totale del processo produttivo, che è un prodotto conseguente dello sviluppo tecnologico ha un solo problema: in quanto si sviluppa in mezzo all’antagonismo fra operai e capitale ha il marchio di essere il nuovo moderno strumento per succhiare dalla forza lavoro più linfa vitale, di controllarne meglio i movimenti per asservirla al macchinario con più continuità.
Chi ha passato una vita in fabbrica sa ed ha sperimentato che qualunque innovazione tecnologica, anche quando si è presentata come un miglioramento della condizione lavorativa, si è dimostrata come una forza nelle mani del comando di fabbrica per imporre maggiore produttività, un consumo più pulito ed intenso della forza lavoro. Un ingegnere se volesse schierarsi dalla parte degli operai dovrebbe spiegare ad essi come la tecnologia e la scienza marchiate capitalisticamente sono uno strumento per rendere sempre più gli operai schiavi moderni, che il loro lavoro gli diventa sempre più estraneo, che il frutto del lavoro alienato è la fonte della ricchezza dei loro “imprenditori”.
Siamo ben lontani dal chiedere ai manager di applicare con coerenza la fabbrica 4.0, ci pensano già loro, senza mitizzarla come fanno i loro futuri collaboratori. Semmai a noi operai toccherà resistere agli effetti che produrrà sulla nostra attività lavorativa, sul fatto innegabile che il capo potrà controllarci con più facilità, e qualunque operaio sa di cosa si sta parlando, sul fatto altrettanto innegabile che razionalizzando la produzione, a parità di livello di capacità dei mercati, produrrà più esuberi, più operai in sovrappiù.
Un qualunque ingegnere che volesse spezzare una lancia a favore degli operai dovrebbe parlare di possibilità data di ridurre la giornata lavorativa, di raddoppiare i salari operai come possibilità reale della fabbrica 4.0, a condizione però che venga capovolto il rapporto fra lavoro salariato e capitale, che le fabbriche vengano tutte espropriate. Queste note brevissime sono un contributo alle osservazioni degli ingegneri alla vicenda della Gkn affinché il loro intervento non copra la verità.
Chi ha condannato a morte lo stabilimento non è questo o quel livello di realizzazione della fabbrica 4.0, che per proseguire la produzione c’è bisogno di questo o quel miglioramento tecnico. Chi ha condannato a morte lo stabilimento è il profitto dell’azionista, ed è con lui e tutti i suoi sostenitori che bisogna vedersela. La domanda che ora si stanno ponendo è quanto costerà loro la chiusura e se costerà tanto da renderla impraticabile, ma ciò dipende dalla forza operaia, su questa strada gli operai Gkn hanno dimostrato di saperci fare.
E. A.


Il testo dei giovani ingegneri lo potete trovare qui:
  1. https://www.facebook.com/coordinamentogknfirenze/posts/1563136334026815
  2. http://www.farodiroma.it/gkn-loccupazione-si-puo-salvare-se-la-proprieta-rinuncia-a-delocalizzare/
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