Intervento di un operaio all’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi tenutasi il 27 settembre a Bologna

Pubblichiamo l'intervento di Marco, operaio licenziato della FCA di Pomigliano:
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Pubblichiamo l’intervento di Marco, operaio licenziato della FCA di Pomigliano:

A Pomigliano si producono mediamente più di 900 Panda al giorno.
Un operaio guadagna circa 18.000 euro all’anno. Con meno di due Panda si paga il salario di un anno intero. Tutto il resto, tolti i costi per materie prime e ammortamenti degli impianti, va tutto nelle tasche degli azionisti FCA, delle banche che prestano i soldi all’azienda, dei rivenditori e, attraverso le imposte, che pagano principalmente gli operai, nelle casse dello stato da cui escono i soldi per far vivere nel lusso prima di tutto politici e dirigenti statali. Facciamo l’esempio di Pomigliano, ma questa è la situazione di Melfi, Cassino, della Sevel e di tutte le fabbriche del mondo. Più sono moderne e tecnologicamente avanzate e più aumenta il tempo che gli operai lavorano gratis per il padrone.
In questa società, noi operai produciamo tutto, un’immensa ricchezza di cui ne usufruiamo sempre meno.
Mentre le classi superiori vivono nel lusso, la nostra classe va sempre più in miseria. Peggiorano sempre di più le nostre condizioni economiche e di lavoro.
Grazie al lavoro operaio, la società ha sviluppato enormi forze produttive che potrebbero soddisfare i bisogni sociali di tutti, invece queste forze tecnologicamente avanzate servono solo a rendere più ricca e soddisfacente la vita di una sola parte della società. Le forze di produzione vanno liberate dal vincolo di essere mezzi di sfruttamento per diventare mezzi di emancipazione di tutti gli individui sociali. Per attuare questa possibilità, queste forze devono diventare di proprietà comune sotto la direzione e la gestione di chi le usa, gli operai.
Nessun partito rappresenta gli operai. Tutto il sistema dei partiti e il loro parlamento è un’accozzaglia di rappresentanti di altre classi che collettivamente perpetua il dominio dei padroni sull’intera società. Il potere politico è espressione del potere economico e serve a garantire gli interessi dei padroni e dei loro sostenitori. Non pensiamo assolutamente che questo sistema sia riformabile. Le migliori costituzioni e i migliori governi non potranno mai eliminare lo sfruttamento degli operai.
Giunti a questa consapevolezza, noi operai non vogliamo più sottostare a questo potere nemico, vogliamo conquistare per noi il potere di gestire la cosa pubblica, dare finalmente nelle mani della gran massa degli operai la gestione della società.
Gli operai più coscienti trovano ormai questa situazione insopportabile e sono giunti a queste conclusioni: bisogna farla finita con i padroni e con il loro sistema di sfruttamento.
Gli operai però, per la lotta generalizzata al sistema dei padroni, hanno bisogno di uno strumento organizzativo indipendente dalle altre classi, devono organizzarsi in partito politico. Solo se gli operai si organizzano come classe indipendente per la lotta contro il sistema dei padroni, anche le altre classi subalterne, dietro agli operai, avranno la possibilità di emanciparsi dalla loro condizione di povertà.
L’attività sindacale è una fondamentale ed ineliminabile palestra per gli operai. Essa deve sempre essere tesa a coinvolgere la parte più larga possibile degli operai e fra essi gli operai che si sono organizzati in partito devono sforzarsi ad assumerne la direzione. La lotta economica deve essere leva della lotta politica.
Basta con il riformismo e la concertazione. Il sindacalismo operaio deve servire alla difesa degli interessi degli operai negli stabilimenti con la consapevolezza che sono battaglie che possono raggiungere solo vittorie parziali e temporanee in una guerra che finirà solo con l’eliminazione dei padroni e del loro sistema.
Per noi rappresenta un valido esempio la lotta degli operai della Piaggio di Pontedera, insieme chiaramente a quella dei facchini della logistica.
E’ un’illusione pensare di uscire dalla crisi pagando un prezzo sostenibile, o addirittura migliorando la condizione degli operai, fermo restando il sistema dei padroni. Dalle crisi il capitale esce solo e sempre distruggendo immani forze produttive e imponendo un più alto livello di sfruttamento e sottomissione degli operai.
Le crisi economiche di questo sistema aprono sempre fasi di guerre e rivoluzioni.
I padroni si prepareranno alla guerra. Lo stanno già facendo. Il nazionalismo, il razzismo, il protezionismo sono tutti elementi ricorrenti delle crisi capitalistiche prima dei veri e propri scontri armati. Basta guardare agli anni venti del secolo scorso per vedere cosa sta succedendo e cosa succederà.
Gli operai devono prepararsi alla rivoluzione, tenendo presente che la condizione degli operai sta peggiorando dappertutto e rotture tra operai e padroni sono già all’ordine del giorno in diversi paesi.
Questi scontri sono destinati ad aumentare e qualsiasi rottura significativa che avverrà tra operai e padroni in un paese, diventerà esempio importante per tutti gli operai a livello mondiale.
Qui oggi ci sono operai combattivi. Noi diciamo a questi compagni che la strada da seguire insieme è quella che proponiamo oggi. Secondo noi non ce ne sono altre.
Non ci sono ammucchiate tra lavoratori con interessi e condizioni diverse che risolvono il problema. Interessi diversi portano a posizioni diverse. La storia degli ultimi cinquant’anni è piena di organizzazioni di lavoratori che avevano singoli operai come fiori all’occhiello e programmi, dirigenti e interessi della piccola borghesia, e queste organizzazioni sono immancabilmente fallite.
Come non ci sono programmi e obiettivi che possano migliorare il sistema dei padroni. Questo sistema non è riformabile dal punto di vista degli operai e nella crisi può solo peggiorare.
Abbiamo poche certezze e molto da costruire su questa strada. Chi vuole veramente giocarsi la partita con i padroni tenga presente la nostra proposta.

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