FARGLIELA PAGARE

La solita insopportabile cantilena, “non si può morire ancora di lavoro”, eppure si muore ed è strage. Come spingerli a fare qualcosa? Fargliela pagare con scioperi duri e prolungati, manifestare con rabbia contro i palazzi del potere.
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La solita insopportabile cantilena, “non si può morire ancora di lavoro”, eppure si muore ed è strage. Come spingerli a fare qualcosa? Fargliela pagare con scioperi duri e prolungati, manifestare con rabbia contro i palazzi del potere.


 

Caro Operai Contro, c’è stata piena adesione allo sciopero di 24 ore proclamato dal sindacato confederale dei portuali, con modalità diverse in ogni porto.
“La sicurezza sul lavoro è una delle priorità delle linee programmatiche del ministero del Lavoro per il 2023”. Così replica la ministra del Lavoro Calderone, al sindacato che chiede al governo interventi urgenti.
La priorità della Calderone che aggiunge, “Sono in arrivo mille nuovi ispettori del lavoro”, si è rivelata una montagna di fumo, proprio nei 2 incontri con il governo il 12 e il 26 gennaio 2023.
Questi i commenti dei segretari confederali quando sono usciti dall’incontro del 12 gennaio:
“C’era mezzo governo, abbiamo sentito tante belle chiacchiere, ma noi vorremmo fatti concreti”. ( Uil).
“Non sono arrivate risposte a tutte le problematiche poste”. (Cgil).
“Passare dalle parole ai fatti”. (Cisl).
Salvini ministro dei Trasporti, dopo lo sciopero per la morte dei portuali, non perde l’occasione per suonare la gran cassa del suo “onnipresentismo logorroico”. Scopre l’insicurezza nei porti e convoca per settimana prossima una riunione, con le associazioni di categoria e il viceministro con delega ai porti, Edoardo Rixi.

La strage continua.
Alberto Motta 29 anni, venerdì mattina muore schiacciato da un mezzo per il trasporto container, su una delle banchine del porto di Civitavecchia. Era un operaio precario di Rtc, la società che gestisce il terminal container.
Il giorno prima nel porto di Trieste, muore Paolo Borselli 58 anni, cadendo in mare mentre faceva retromarcia con il muletto. Lavorava per l’Agenzia portuale di Trieste.
Nelle stesse ore muore a Sassello (Sv) Stefano Macciò 53 anni, schiacciato mentre stava cercando di staccare un autobus dal carro attrezzi.
E sempre tra giovedi e venerdì, in una fabbrica di Cerignola in provincia di Foggia, un operaio di 41 anni, rimasto impigliato in un macchinario mentre lavorava la paglia di canapa, non perde la vita ma ci lascia un braccio.

“Non si può morire ancora di lavoro”.
Lo si dice ogni volta che un operaio perde la vita in un cantiere, in una fabbrica, sulle strade o in agricoltura.
Lo ripetono i familiari nel dolore, gli amici i compagni di lavoro che li conoscevano personalmente. Fino all’interminabile fila di uomini nei posti di lavoro, o meglio di costrizione, che quotidianamente condividono fatica, rischi, sacrifici, in poche parole, condizioni di vita e di lavoro della moderna schiavitù.

“Non si può morire ancora di lavoro”.
Lo dicono dal sindacato ai governanti, da Landini al ministro Elena Bonetti, in carica quando l’anno scorso, Luana D’Orazio operaia mamma di 22 anni, veniva stritolata da un macchinario, diventato letale perché il padrone o chi per esso, aveva rimosso il sistema di sicurezza per aumentare la produttività.
Dal governo e dagli ambienti filo padronali, lo sdegno per i quotidiani infortuni mortali, serve anche a sbaragliare sul nascere, (finché funziona) proteste fuori programma, tutti a dire: “Non si può morire ancora di lavoro”.
Ma, tra i tanti che lo dicono, il governo che sta facendo perché non avvenga?
Nessuna urgenza, nessuna fretta, nessuna priorità di fermare non a chiacchiere, la quotidiana strage di operai. Non c’è il martellante impegno, solo per citare un esempio, che ci mette nel contrasto ai migranti, l’assillante volontà dimostrata, nel mandare per decreto il più lontano possibile la navi Ong che soccorrono i migranti.
Dopo insistenti richieste il sindacato aveva ottenuto un incontro per lo scorso 12 gennaio.
Una delegazione del governo guidata dalla ministra del Lavoro Calderone, si è presentato a mani vuote: nessuna misura decisa né approntata, né in cantiere, né interlocutoria.
Solo la promessa di futuri prossimi 3 tavoli, di cui uno inconcludente si è già tenuto il 26 gennaio. Poi il buio.
Per la ministra del Lavoro Calderone e il suo governo, dovevano essere: “ tavoli per la sicurezza sul lavoro”.
Saluti Oxervator.

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