IRAN. SEMBRAVA SPENTO, MA IL FUOCO DIVAMPA DI NUOVO

La rivoluzione ha segnato il passo fra dicembre e i primi di gennaio, manifestanti uccisi per strada, torture ed impiccagioni sembrava avessero avuto la meglio. Non è così, il movimento ha ripreso vigore improvvisamente. Il regime cadrà. 
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La rivoluzione ha segnato il passo fra dicembre e i primi di gennaio, manifestanti uccisi per strada, torture ed impiccagioni sembrava avessero avuto la meglio. Non è così, il movimento ha ripreso vigore improvvisamente. Il regime cadrà. 


 

La rivoluzione ha segnato il passo lo scorso dicembre primi di gennaio. I dimostranti nelle città sono sotto la pesante cappa delle esecuzioni, degli omicidi cosiddetti extra-giudiziali, le condanne a frustate e lunghe pene detentive. Gli operai dell’industria petrolifera che avevano tentato scioperi e dimostrazioni a partire dal 25 dicembre erano stati bloccati con fermi e arresti dalla polizia ai cancelli delle raffinerie.
Un periodo di sorda resistenza durante il quale alle manifestazioni serali con roghi nelle strade si è sostituito l’urlo di slogan alla finestra, da un caseggiato all’altro; incendio di pannelli propagandistici del regime, scritte sui muri e anche raduno in massa nel profondo della notte attorno a una prigione dove sembrava avrebbero eseguito altre impiccagioni di dimostranti.
Un periodo punteggiato anche da resistenza alle aggressioni della polizia che pattuglia i cimiteri durante le cerimonie funebri del 40° giorno dal decesso (tradizione iraniana); e resistenza della gente al tentativo di levare di torno il mullah della moschea Makki a Zahedan, Beluchistan: ha predicato contro la violenza del governo e chiesto il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici!
Il regime è così riuscito momentaneamente a bloccare la convergenza della mobilitazione degli studenti e ceti medio, piccolo borghesi con gli operai: gli ayatollah ricordano che Khomeini ha vinto solo quando gli operai si erano schierati dalla sua parte.
Ma ancora una volta, come spesso capita nelle situazioni rivoluzionarie, il movimento ha ripreso vigore improvvisamente e inaspettatamente: la pausa di riflessione imposta dalla situazione si è già trasformata in ripresa ed estensione del movimento rivoluzionario.
Due gli elementi che stanno alla base della ripresa della mobilitazione:
1) eventi climatici: nel nord-est fa molto freddo e manca il gas per il riscaldamento, viene esportato o si perde per insufficiente manutenzione agli impianti: il freddo attanaglia tutti: in un paese che galleggia sul gas scende in piazza anche chi sino ad ora è stato a guardare. Ci sono stati cortei serali con slogan contro il governo e scontri con la polizia. E’ stato dato alle fiamme un palazzo di governatore, ma il governo è capace solo di manganellare. Nel sud-est invece la siccità continua da due anni ed i contadini sono allo stremo: hanno fatto petizioni senza ottenere aiuto. Il 17 gennaio hanno organizzato un corteo, piccolo ma deciso, nella città di Isfahan, protestavano per la deviazione delle acque del fiume Zayandeh;
2) la mobilitazione dei lavoratori, con alla testa in questa fase gli operai dei siti petroliferi, sta intensificandosi e si estende: lo scorso 25 dicembre un primo tentativo di mobilitazione e sciopero era stato bloccato sul nascere dalla polizia che aveva fermato o arrestato decine di lavoratori ai cancelli di alcune raffinerie. Da allora la necessità dello sciopero, anche a livello nazionale, evidentemente è stata dibattuta nei suoi obiettivi e modalità. Risultato: il 17 gennaio il tentativo è stato ripetuto ed ha avuto buono esito con la partecipazione di lavoratori di più di 22 siti e piattaforme petrolifere ai quali si sono aggiunti, pochi per il momento, lavoratori di fabbriche meccaniche. L’elemento centrale di mobilitazione è la richiesta di applicazione dell’articolo 10 della legge “Doveri e poteri del Ministero del Petrolio”che prevede miglioramenti salariali e che da anni non è rispettato dalle imprese. Inoltre si richiede la liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri politici e la fine delle violenze contro i dimostranti.
La dichiarazione qui sotto testimonia la lucidità con la quale si valuta la situazione e si definiscono i compiti della prossima fase: unificare le lotte dei diversi ceti e settori rivoluzionari attorno all’iniziativa operaia contro tutte le manifestazioni reazionarie del regime. Per primo dovrebbero essere coinvolti gli operai metalmeccanici e di altri settori economici che non appaiono ancora alla ribalta sebbene sopportino condizioni di lavoro e impiego peggiori di quelle del settore petrolifero.
M.B.


 

Dichiarazione in relazione alla grave situazione attuale
Per più di cento giorni abbiamo combattuto una dura battaglia per difendere le nostre vite, i mezzi di sussistenza e la dignità umana.
L’assassinio di Mehsa Amini ha acceso la rabbia e l’odio del nostro popolo.
Siamo scesi in piazza in difesa delle nostre vite perdute e della nostra dignità umana, ma ci hanno risposto con proiettili e carcere.
Le carceri sono piene di giovani che sono il cuore del nostro popolo. Nello stesso periodo, circa 600 persone sono morte a colpi di arma da fuoco o in carcere a causa delle torture. Molti di questi sono giovani, adolescenti e persino un bambino di dieci anni come Kianpour Falak. Le forze repressive sono sparse e pattugliano le strade. Inoltre, decine di migliaia di persone sono state arrestate durante questo periodo e il governo ha trattato gli arrestati come prigionieri di guerra, ha portato la tortura, lo stupro e la morte silenziosa dei prigionieri al suo livello più alto e sta emettendo ogni giorno sempre più condanne a morte. Ad esempio, l’8 dicembre , quattro giovani manifestanti di nome Mohsen Shekari, Majid Reza Rahnavard, Mohammad Mahdi Karmi e Mohammad Hosseini sono stati giustiziati. Oltre a queste repressioni, i mezzi di sussistenza dei nostri lavoratori e delle persone sono sempre più saccheggiati e la soglia di povertà ha raggiunto i 30 milioni, e le dimensioni della povertà, della fame, della mancanza di alloggi e dello sfollamento sono catastrofiche.
Noi lavoratori viviamo al disotto della soglia di povertà e nell’insicurezza, corriamo ogni giorno dietro a salari non pagati, subiamo il bullismo degli imprenditori. Siamo arrivati alla ribellione e questa situazione non è più sostenibile per nessuno. Mezzi di sostentamento, dignità, nostro diritto inalienabile.
Mehsa Amini, questa ragazzina dai mille sogni, è stata arrestata e uccisa solo a causa dell’hijab. Molte donne hanno perso la vita a causa di questo crimine e le loro vite sono state messe in pericolo, sono state imprigionate e sono attualmente detenute. Tutta questa oppressione, discriminazione e crimine contro le donne deve finire e questi sono tutti i dolori comuni di noi persone che siamo scesi in piazza e abbiamo gridato tutti i nostri dolori e slogan di donne, vita, libertà e questo è un movimento che non si fermerà.
Non siamo schiavi per dover assistere ogni giorno all’esercizio del potere e della volontà dall’alto sul nostro lavoro e sul nostro carattere e stile di vita. Vogliamo letteralmente libertà, prosperità e conforto.
Il modo per sbarazzarsi di questa situazione è l’unità, la solidarietà e l’unificazione di noi persone.
Oggi è giunto il momento per tutti noi lavoratori, insegnanti, pensionati, giovani, studenti, difensori dei diritti delle donne e dei diritti dei giovani e LGBT, difensori dell’ambiente e di tutto il resto di prendere vita. Formiamo un’unica linea di manifestanti e unendoci intorno una serie di richieste urgenti, costruiamo una forza per i prossimi passi e la vittoria finale.
In connessione con l’attuale grave situazione, il consiglio di coordinamento per l’organizzazione delle proteste dei lavoratori a contratto petrolifero sottolinea le richieste urgenti qui espresse.
Il consiglio organizzatore si aspetta che i lavoratori del petrolio e tutti i lavoratori, insegnanti, pensionati, studenti, difensori dei diritti delle donne, difensori dei diritti dei giovani dichiarino il loro sostegno a queste richieste e formino unità e solidarietà basate sullo slogan delle donne, della vita, della libertà e si uniscano a noi. .
1- “Libertà, libertà, libertà” è il nostro slogan e chiediamo il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli arrestati, di tutte le persone che sono in prigione per le loro convinzioni e proteste e la fine dei casi di sicurezza contro oppositori e manifestanti sotto i titoli di guerra, interruzione di Noi siamo l’ordine e la sicurezza della società e tali accuse.
2- “Vita di libertà della donna” significa porre fine agli ordini di “esecuzione” reazionari, senza alcun motivo. Tutte le condanne a morte devono essere immediatamente revocate. E come abbiamo scritto e gridato altrove, l’esecuzione è un omicidio intenzionale da parte del governo e nessun essere umano dovrebbe essere giustiziato per nessun motivo. Vogliamo la completa abolizione della pena di morte.
3- Vogliamo porre fine a qualsiasi oppressione, umiliazione e discriminazione contro le donne e l’apartheid di genere nella società. Inoltre, siamo sulla separazione della religione dal governo e dall’amministrazione della società. Dal nostro punto di vista, la religione ufficiale è una forma di azione dittatoriale sulla società e ne abbiamo sperimentato bene gli svantaggi. Gli esseri umani possono avere qualsiasi tipo di religione o nessuna religione, e il riconoscimento di questo principio è una condizione importante per la libertà di opinione e di espressione nella società.
4- La libertà di protesta, di riunione, di sciopero, di manifestazione e la libertà incondizionata di parola e di pensiero sono i diritti fondamentali del nostro popolo e dovrebbero essere riconosciuti incondizionatamente. Bisogna porre fine alla securitizzazione delle lotte e al fenomeno della criminalità politica e del carcere e dei prigionieri politici.
5- Curdo, Baluch, Azari, libertà, uguaglianza è il nostro slogan di protesta contro la discriminazione e la disuguaglianza e ogni divisione etnica. Vogliamo riconoscere pari diritti a tutti i cittadini del Paese indipendentemente da credo e religione, etnia, genere, orientamento sessuale, e l’eliminazione di ogni discriminazione e disuguaglianza civile, economica e di classe.
6- Non pretendiamo alcun tipo di potere né nel lavoro né nella vita. Il nostro desiderio è il consiglio e la gestione collettiva della società. Dichiarare queste richieste minime è il primo passo per esercitare la volontà collettiva del nostro popolo di unire e plasmare il nostro destino e futuro. Unisciti all’alleanza attorno alle richieste annunciate in questa dichiarazione e unisciti a noi.
Insistiamo ancora sugli scioperi a livello nazionale.

Consiglio per l’organizzazione delle proteste dei lavoratori a contratto petrolifero
21 gennaio 1401 (11 gennaio 2023)
https://t.me/shoranaft


 

CRONACA MINIMA

-Richieste degli scioperanti il 17 dicembre:
1. Corretta attuazione dell’articolo 10 dei lavoratori petroliferi
2. Miglioramento della tabella del citato articolo in modo tale che tutti i dipendenti possano beneficiarne, indipendentemente dall’attuale inflazione.
3. Arretrato di dieci anni per ritardo nell’adempimento dell’articolo 10 a norma di legge
4. Correzione e miglioramento dello stato sanitario nell’industria petrolifera
5. Veloce erogazione dei premi di fine quiescenza come in passato al Ministero del Petrolio
6. Prendersi cura dei pensionati dell’industria petrolifera e migliorare la vita di questa parte degli anziani dell’industria petrolifera
7. Adeguamento tempestivo delle qualifiche dei dipendenti e facilitazione dell’adeguamento
8. Organizzazione dell’inquadramento del personale
9. Affrontare la situazione caotica e preoccupante del fondo pensione petrolifero e modificarne lo statuto.

-Alcune città sono sottoposte ad assedio militare, tra le quali Javanrud curda e Zahedan baluci. Non si entra non si esce e sono in corso rastrellamenti. L’imam di Zahedan, supportato dalla popolazione, resiste alle pressioni gerarchiche che lo vogliono trasferire.

-Khamenei ha cambiato il capo della polizia, si tratta di Ahmedreza Radan che sostituirà Hossein Ashtri. Radan vanta un curriculum di tutto rispetto: direttore della prigione di Kahrizak, 55 tombe sotterranee. Nel 1988 ha fatto parte dei tribunali che con processo di un minuto per persona hanno mandato a morte circa 30mila detenuti, in gran parte membri dei Muhjaheddin del Popolo. Infine fondatore della polizia morale.

-A causa della mancanza di gas alcune aziende sono costrette a chiudere e lasciano a casa gli operai senza salario, come alle fornaci di calce a Qom, laminatoi e fonderie della zona di Pakdasht.
In altre zone si ricorre all’uso di olio pesante aumentando l’inquinamento come a Tabriz.

-Sono in aumento i suicidi di persone che dopo un periodo di carcere, con torture, violenze sessuali, infamie di ogni tipo, sono stati rilasciati per qualsiasi motivo o per pagamento cauzione. Ma lo scorso anno si sono registrati anche 23 suicidi di lavoratori per miseria, licenziamento ecc.

-Paradossi e nefandezze del regime:
Lo chef Nawab Ebrahimi è stato arrestato perchè il 6 gennaio ha pubblicato in rete il suo video che mostra come si friggono le cotolette (cotoletta ricorda Qassem Soleimani, generale dei Pasdaran, che è stato “fritto” a Baghdad Iraq da un missile americano il 3 gennaio 2020 ed è rimasta intatta solo una mano). Nell’anniversario in molte case iraniane si sono fritte cotolette.
Alireza Fili, 17 anni, è scomparso dopo aver strappato la foto di Khamenei a scuola. Il suo corpo è stato ritrovato impiccato nel negozio del padre con tutti i vestiti strappati.
Javad Rouhi, uno dei detenuti della rivolta a Nowshahr, zona dei Mazandarani, una minoranza etnica, è stato condannato a morte tre volte.

– Nel clima rivoluzionario si aprono occasioni di rilancio per vecchie organizzazioni politiche. I monarchici incitati da Reza Pahlavi, figlio dello shah defunto, hanno cominciato con scritte sui muri in alcune città. Tudeh, il partito comunista iraniano, che negli anni ’80 del secolo scorso aveva prima aderito al regime clericale e poi ne era stato vittima con migliaia di esecuzioni ha emesso un comunicato di sostegno alle lotte in corso. In alcune città si sono visti piccoli cortei di giovani marciare inquadrati e lanciare slogan dei Muhjaheddin del Popolo (MEK) ricordando il loro presidente Rajavi che nell’88 si era rifugiato presso Saddam Hussein ed è scomparso dopo l’aggressione americana.

-Poesia dalla strada:
Alcune persone dicono: “Dov’è Dio?”
Perché non dice niente!!!
È come se in altri luoghi dove c’è stata una rivoluzione, Dio è venuto sulla terra con una mitragliatrice, ha combattuto contro il governo oppressivo, ha ucciso tutti e ha detto: “Accomodatevi ecco il nuovo governo!”
Tutto è fatto da persone!
Se mi siedo
se ti siedi
Chi si alzerà?


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