DALLA REPUBBLICA DELLE BANANE ALLA REPUBBLICA DEI MELONI

Nulla di fatto nell’incontro col sindacato: hanno ripetuto il solito elenco della spesa e in risposta il solito fumo. C’è l’impegno ad evitare contrapposizioni, mentre il governo tortura i migranti per motivi politici, e minaccia manganelli e galera per chi avesse intenzione di ribellarsi.
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Nulla di fatto nell’incontro col sindacato: hanno ripetuto il solito elenco della spesa e in risposta il solito fumo. C’è l’impegno ad evitare contrapposizioni, mentre il governo tortura i migranti per motivi politici, e minaccia manganelli e galera per chi avesse intenzione di ribellarsi.


 

Caro Operai Contro, il 9 novembre 2022 come da loro richiesto, Cgil, Cisl e Uil si sono incontrati ufficialmente con la Meloni e i ministri del suo governo. La Meloni si è presentata con zero proposte per adeguare il potere d’acquisto dei salari. Si è limitata ad ascoltare le richieste sindacali e per ora nessuno sa, se e quando ci sarà una risposta. Naturalmente si è messo in evidenza il capo dell’UGL, il sindacato di destra ha ora nel governo una forte interlocutrice.
La Meloni durante l’incontro ha dichiarato: “Per evitare contrapposizioni che in un momento così delicato non ci possiamo permettere, il mio personale approccio sarà di lealtà e di trasparenza”. Tradotto significa, tutti a casa zitti e buoni.
Sembra essere questa la strategia della Meloni al governo. Quando si tratta di mettere un freno all’impoverimento degli operai e dei meno abbienti, va agli incontri senza proposte seppur interlocutorie, e congeda i convenuti all’insegna della pace sociale: “per evitare contrapposizioni”, sottintendendo niente lotte, scioperi e mobilitazioni.
Quando invece si tratta di castigare ulteriormente operai e strati disagiati, allora Meloni lo annuncia con largo anticipo, come il no al salario minimo legale, e il rimaneggiamento del reddito di cittadinanza.
Inoltre ricorre a misure securitarie e repressive, come il decreto fatto prendendo a pretesto il rave party di Modena, risoltosi senza alcun bisogno di applicare quelle norme, a dimostrazione di quanto fosse strumentale e finalizzato a poter essere usato in altre situazioni, contro manifestazioni del dissenso, proteste, scioperi, cortei, occupazioni.
“Non siamo più la repubblica delle banane” dice la Meloni a sostegno di quel decreto, certo paradosso per paradosso si potrebbe dire che, restando alla frutta, siamo passati alla repubblica dei meloni.

Altro esempio di politica repressiva è l’inqualificabile ostracismo contro lo sbarco dei migranti. Misure che per la loro smisurata disumanità, non sarebbe esagerato definire il governo Meloni come governo di marziani.
Sono stimati in 25 mila i migranti che sono annegati in questi anni nel Mediterraneo, pensavano di sbarcare in Italia. Per questo Salvini e Meloni hanno dichiarato “La pacchia è finita”. Nei loro calcoli ora ne dovrebbero annegare molti di più, se no rimarrà la “pacchia”.
All’esordio in Europa come capo del governo italiano, la Meloni ha sorprendentemente sentito l’impellente bisogno di specificare: “Non siamo marziani”, riferendosi, si pensa, al suo governo.
Semmai non toccava lei dirlo, ma nel caso i suoi interlocutori (in primis Ursula von der Leyen) non se ne fossero accorti, lei a scanso di equivoci ha voluto precisarlo: “Non siamo marziani”. Come in altre occasioni Meloni dice di sé medesima, quello che (secondo lei) non è; non dice quello che veramente è: un prodotto che affonda le sue radici nel fascismo storico italiano e che nasconde la sua origine presentandosi come esponente di una destra moderata. Anche se molte volte il ricordo dei suoi padri al balcone di Piazza Venezia le prende la mano.
L’accanimento che per giorni ha negato lo sbarco ai migranti da parte del governo Meloni, vede in prima fila il ministro dell’Interno Piantedosi, quello alle Infrastrutture e Mobilità Sostenibili, Salvini, dichiaratamente “per difendere i confini nazionali”.
Sembrerebbe una ridicola battuta da avanspettacolo, se non fossero ufficiali le dichiarazione dei sopracitati, a cui fanno seguito sempre pronunciate dal ministro Piantedosi, altre dichiarazioni anch’esse riferite ai migranti che volevano sbarcare, definiti: “Carichi residuali”, da smistare per procedere a “Sbarchi selettivi”.
Difendere i confini nazionali da quale “nemico”? Nientemeno che da migranti esausti, imbarcati da oltre un mese, di cui almeno 2 settimane in rada, bloccati dal governo Meloni.
Potenziali richiedenti asilo, nullatenenti provenienti dalla miseria più nera, sfuggono dalle condizioni storicamente prodotte, prima dal colonialismo poi dalla rapina di più imperialismi, Italia compresa.
Più di mille persone allo stremo su 4 navi tenute in balia tra le acque internazionali e il porto di Catania, fra cui molte donne e bambini allo stremo. Alcuni sono morti e l’equipaggio ha potuto sbarcarli solo qualche giorno dopo, perché le disposizioni ministeriali a “difesa dei confini nazionali” temono il “nemico” anche se morto.
Banane e meloni a parte, alla fine sono sbarcati tutti, anche i 231 della Ocean Viking respinti dal governo Meloni, sono sbarcati a Tolone in Francia, con uno scontro a livello diplomatico fra i 2 paesi. Nonostante con richiami quasi quotidiani l’Unione europea ricordasse al governo italiano: “E un obbligo morale e legale previsto dal diritto internazionale, salvare che si trova in difficoltà in mare, tenendo il minor tempo possibile le persone sulle navi”.
Quello che conta per il governo Meloni, è la dimostrazione della prova di forza per impedire lo sbarco dei migranti, come Meloni e Salvini avevano promesso ai propri elettori, padroni, artigiani e bottegai, durante la campagna elettorale. Avallando la falsa credenza che, se i loro affari non vanno bene è colpa di chi chiede più salario per campare, colpa dei poveri con il reddito di cittadinanza, colpa dei migranti che pretendono di lavorare in regola, e non vivere di nascosto senza permesso di soggiorno.
Saluti Oxervator.

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