L’IRAN BRUCIA

Le manifestazioni per l'assassinio di Mahsa Amini si diffondono in tutto l'Iran e si intensificano cambiando natura: dalla protesta per la brutalità della polizia religiosa i manifestanti esprimono sempre più il desiderio di farla finita con il regime teocratico.
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Le manifestazioni per l’assassinio di Mahsa Amini si diffondono in tutto l’Iran e si intensificano cambiando natura: dalla protesta per la brutalità della polizia religiosa i manifestanti esprimono sempre più il desiderio di farla finita con il regime teocratico.
Le prime manifestazioni sono state guidate dalle donne, molto coraggiose, che all’inizio usando i social incitavano alla protesta e in video si tagliavano i capelli in segno di ribellione. Poi sono scese in strada a piccoli gruppi levandosi e bruciando il velo in pubblico, soggette alla repressione poliziesca ma anche ad aggressioni da parte di donne anziane, velate, che evidentemente non capivano ancora. Ma hanno continuato caparbiamente e così al loro fianco le strade hanno cominciato a riempirsi di giovani con slogan contro la dittatura, battendo le mani al ritmo dell’Ashura, quando in ricordo del martirio dell’imam Husayn Alì si battono il petto fino a farlo sanguinare: segno di decisione ad andare fino in fondo.
Si contano già circa 50 morti per le provocazioni delle squadracce in borghese della polizia che sparano sui manifestanti in zone fluide dei cortei e non in punti di scontro. I ragazzi non stanno con le mani in mano: la sera si formano i cortei più robusti, si accendono i falò agli incroci per “regolare il traffico” e brillano le molotov per tenere lontano i pericolosi poliziotti montati su motociclette. Che più di frequente vengono assaliti e rovesciati a terra. Pare che ci siano alcuni morti anche tra i poliziotti.
Il governo ha usato sin da subito il pugno di ferro innalzando così il livello dello scontro. Gira voce che il paese di Oshnaviyeh verso il confine con l’Iraq , popolazione curda, sia in mano ai manifestanti che si sono impossessati dell’armeria e che si preparano ad affrontare un reparto delle Guardie della Rivoluzione Islamica inviato a sedare la ribellione. A Tehran è in corso (sera del 24/9) un tentativo di attacco ad una caserma.
Ma al momento l’aspetto più importante che si nota nei cortei è che ai giovani si sono aggregati anche adulti e anziani: si sono visti poliziotti battere uomini con i capelli bianchi e donne velate correre in soccorso di ragazze in jeans per strapparle alle grinfie della polizia. L’opposizione al regime va estendendosi a diversi ceti sociali e le contraddizioni interne vengono accantonate.
E’ probabile che ci sia fermento anche tra gli operai dell’industria (700.000 metalmeccanici) e dell’industria petrolifera che hanno un conto aperto con il regime per la repressione degli scioperi salariali di pochi anni fa, ma non ci sono ancora notizie al riguardo.
La capacità di resistenza e il veloce allargamento del movimento forse creano un eccessivo ottimismo tra i manifestanti che si sentono più forti, notano segni di stanchezza tra i poliziotti e così invitano a presidiare la piazza ininterrottamente per cogliere il momento di una spallata finale. ma il regime ha ancora tutte le sue forze intatte e sebbene tra i manifestanti ci sia disposizione al sacrificio, la mancanza di un progetto politico che vada oltre la ribellione fa temere la possibilità di una repressione selvaggia.
Sta di fatto che i manifestanti generosamente stanno provando a liberarsi dall’oppressione; la loro lotta va pubblicizzata e sostenuta.

M.B.

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