GKN, LA MAIL DEL LICENZIAMENTO TORNA AL MITTENTE

Manager e avvocaticchi che pensavano di poter chiudere la fabbrica con una mail prendono uno schiaffo sul muso, il tribunale di Firenze li condanna alla revoca dei licenziamenti
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Manager e avvocaticchi che pensavano di poter chiudere la fabbrica con una mail prendono uno schiaffo sul muso, il tribunale di Firenze li condanna alla revoca dei licenziamenti


 

Il tribunale del Lavoro di Firenze accoglie il ricorso della FIOM ex articolo 28 e condanna la GKN:
1) a revocare i licenziamenti;
2) “a porre in essere le procedure di consultazione e confronto” con il sindacato (art. 9 CCNL);
3) alla pubblicazione del decreto del tribunale su cinque quotidiani nazionali;
4) al pagamento delle spese di giudizio a favore del sindacato.

Il giudice ha sottolineato nella sentenza che la GKN non doveva solo comunicare al sindacato le proprie decisioni, ma “L’obbligo di informazione … non è limitato alla comunicazione della decisione assunta, ma si estende alla fase di formazione della decisione stessa”.
Inoltre, nella sentenza, si sottolinea l’atteggiamento strumentale e scorretto dell’azienda in base a fatti certi avvenuti nel corso del tempo:
– Il 9/7/2020 GKN, dopo aver comunicato che si escludeva “allo stato attuale … l’uso di licenziamenti coercitivi”, si è espressamente impegnata “al confronto con la RSU in caso di mutamento del corrente contesto e condizioni di mercato”.
– L’8/6/2021, un anno dopo, l’azienda aveva comunicato ai sindacati possibili esuberi per il 2022 “cifra oscillante tra le 15 e 29 unità”. A cui il sindacato, il 29/6, aveva risposto proponendo soluzioni alternative per evitarli. La RSU, di fronte al silenzio dell’azienda, aveva sollecitato una risposta.
– La GKN invece, aveva già programmato di chiudere. L’8/7, aveva convocato un consiglio d’amministrazione con la chiusura all’odg. Dalle dichiarazioni aziendali, nelle motivazioni comunicate per la chiusura, questo era già stato programmato da tempo perché per Campi Bisenzio si erano già definite “stime al ribasso dei volumi produttivi”. “Negli ultimi mesi” questa situazione si era resa evidente e l’azienda aveva deciso di spostare le produzioni altrove. Evidentemente, e su questo dovrebbero riflettere gli operai Stellantis, il settore dell’auto in Italia per il quale la GKN lavora, andava incontro ad una drastica ristrutturazione, con tagli evidentemente di produzione e personale. I vertici della GKN abbandonavano la barca che stava per affondare, ma di soppiatto, come i topi che saltano per primi.
– Infatti il 29/6, concorda con i sindacati un giorno di chiusura per il 9/7 con l’utilizzo di un Par per problemi collegati ad un ordine inevaso di un cliente. Quindi già un mese prima organizza la chiusura dello stabilimento che avviene appunto il 9 luglio, assicurandosi che gli operai non siano in fabbrica.

La sentenza dà uno schiaffo in faccia a quei manager e avvocaticchi convinti che non ci sarebbero stati ostacoli a mandare a casa 422 dipendenti con una semplice mail. Il giudice ha solo ricordato loro che le fabbriche si possono chiudere, che la loro libertà di sfruttamento non è in discussione ma ci sono delle regole, dei contratti e delle leggi da rispettare, e vanno rispettate. Anche perché il non rispetto di queste norme e leggi erano diventate grazie agli operai di GKN di dominio pubblico. I capi sindacali e politici salutano con entusiasmo la sentenza, toglie loro le castagne dal fuoco, non sapevano che pesci prendere sui licenziamenti, ora, imposta per legge la funzione contrattuale dei capi del sindacato e il loro coinvolgimento nella vicenda della GKN, possono dirsi soddisfatti. Ma la questione rimane tutta aperta: ritiro dei licenziamenti, ripresa della produzione. Gli operai guadagnano tempo prezioso, il salario non viene toccato, la ripresa delle produzione non è prevista dalla sentenza ma può essere messa all’ordine del giorno, bisogna solo stare attenti a chi vuol mischiare le carte e fare un pastone fra le formalità di come la fabbrica viene liquidata e il contenuto della sua effettiva demolizione. In poche parole vale sempre l’obiettivo i licenziamenti non si trattano, la fabbrica non si chiude anche se la procedura si ripeterà questa volta formalmente corretta.

Comunque i proprietari della GKN ci danno un esempio lampante e istruttivo di cosa sono i padroni: dei fuorilegge che vivono in modo parassitario sulle spalle degli operai. Per loro nessuna regola è vincolante se non gli conviene. Non hanno nessuna dignità e le loro promesse valgono meno di zero. Il concetto borghese di onore gli fa un baffo.

Sono padroni però, e i loro affari li sanno curare. Con la chiusura di Campi Bisenzio hanno subito guadagnato in borsa. Ora quando un titolo guadagna in borsa? Quando il mondo finanziario capisce che gli affari si faranno meglio da un’altra parte. Con questo i borghesi ci fanno capire che per loro il settore auto è in piena ristrutturazione e c’è da aspettarsi licenziamenti di massa in altri stabilimenti.

I tribunali del lavoro non sono stati particolarmente disponibili negli ultimi tempi con gli operai. La sentenza di Firenze che va contro corrente, dimostra che quando gli operai si muovono e fanno sentire il peso consapevole della loro forza, come stanno facendo i compagni della GKN, che non se ne sono andati a casa con una mano davanti e una di dietro, come è successo in tante altre fabbriche, mendicando al massimo un po’ di ammortizzatori sociali con l’aiuto di politici e sindacalisti, le cose possono anche seguire un’altra strada.

La riapertura della procedura dei licenziamenti dà una boccata di ossigeno agli operai della GKN, e non è male. Bisogna però tenere presente che i padroni non staranno fermi a leccarsi le ferite. La loro immediata preoccupazione è che gli operai che occupano lo stabilimento lo lascino, in modo di svuotare il magazzino e smantellare i macchinari.

E’ una battaglia che continua, non è facile, ma gli operai di Campi Bisenzio stanno dimostrando di sapersela giocare, prendendo direttamente loro le decisioni sui tempi e i modi della lotta, sapendo costruire sapientemente sostegno esterno alla fabbrica, principalmente tra giovani, disoccupati e diverse realtà operaie, rifiutando qualsiasi ipotesi di smobilitazione dello stabilimento e la trafila suicida degli ammortizzatori sociali.

Fino ad ora hanno tenuto, se la loro coesione e determinazione non viene intaccata, per i padroni sarà duro piegarli.
F. R.

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