QUEL CHE PENSANO GLI OPERAI DI STELLANTIS SULLA RIUNIONE AL MINISTERO DEL 15 GIUGNO

Pubblichiamo due scritti, il primo ricavato da un'intervista a Basilicata 24 da Melfi, il secondo di un operaio di Cassino. Discuteranno di fumo mentre cucinano gli operai stabilimento per stabilimento.
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Pubblichiamo due scritti, il primo ricavato da un’intervista a Basilicata 24 da Melfi, il secondo di un operaio di Cassino. Discuteranno di fumo mentre cucinano gli operai stabilimento per stabilimento.


 

Stellantis Melfi
Sono le 13:30, il clima è afoso e un gruppo di operai Stellantis sta per varcare i cancelli per un nuovo turno. Tra di loro un lavoratore mette il dito nella piaga, alla vigilia dell’atteso incontro di domani, a Roma, tra Governo, vertici aziendali e parti sindacali. “Fingono e ci prendono in giro”.
“Sa di cosa parleranno domani a Roma, al Ministero dello Sviluppo economico? Parleranno di transizione alle auto elettriche”, suggerisce il lavoratore, “mentre i problemi concreti di noi operai rimarranno fuori dalla discussione”, mette in guardia. Già, e parliamone allora. “Da più di un mese – sottolinea – tra cassa integrazione covid, a cui si sommerà a breve quella ordinaria e le ferie ‘forzate’, molti di noi non stanno raggiungendo quelle 12, 13 giornate al mese necessarie a maturare il rateo mensile, da cui dipendono tredicesima, premi di produzione e ferie…”.
Un indebolimento delle buste paga già in parte avvenuto e che non lascerebbe ben sperare in chiave futura. E poi, il problema dei problemi, che il lavoratore di S. Nicola di Melfi non esita a nominare. “Da alcuni mesi si parla di ridimensionamento, del taglio di una linea produttiva. Abbiamo fatto due manifestazioni e i nostri sindacati non hanno né confermato né smentito ciò di cui ormai si parla, senza pudore e senza alcun dubbio, tutti i giorni in fabbrica,”.
Quindi l’attacco a segretari e rappresentanti sindacali. “Nei comunicati che diramano – osserva l’operaio – assicurano che non ci saranno tagli, licenziamenti, né ridimensionamenti della capacità produttiva, ma questa rassicurazione come si concilia con l’annunciato smantellamento di una linea?”. Di qui la sensazione di essere trattati non come lavoratori, ma come “un gregge” di pecore al pascolo. “Ci rassicurano per tenerci buoni, per non alimentare la coscienza operaia, ma in realtà si continueranno a muovere come ‘camerieri’ del Gruppo Stellantis”.
C’è malcontento e rassegnazione in buona parte della base operaia. “Ormai lavoriamo a testa bassa, come dei condannati che aspettano impazienti solo l’ora della sentenza”. E puntando lo sguardo a domani pomeriggio, all’incontro romano con i ministri Giorgetti e Orlando, il lavoratore non usa giri di parole. “Si discuterà di massimi sistemi, di transizione all’elettrico, e non uno dei temi concreti di cui le ho parlato, emergerà dal tavolo. Scommettiamo?”
Staremo a vedere. A titolo di cronaca, l’incontro al Ministero dello Sviluppo economico è previsto domani, martedì 15 giugno, nel pomeriggio. Quindi tra poco più di 24 ore scopriremo se le paure dell’operaio risulteranno infondate o se anche questa volta ci ha visto giusto.


 

Stellantis Cassino
Martedì 15 giugno, presso il Ministero dell’Industria, al cospetto del ministro Giorgetti, dico Giorgetti, si terrà il tanto evocato e atteso incontro del tavolo nazionale richiesto da ciggiellecisleuill per la questione Stellantis.
Su questa riunione, purtroppo, si stanno concentrando le aspettative e le speranze della stragrande maggioranza degli operai delle fabbriche del gruppo, come se un incontro al ministero possa essere di per sé risolutivo.
Il tutto, invero, è tutt’altro che risolutivo. Anzi. Questo tavolo mira a depotenziare gli estemporanei focolai di mobilitazione operaia che stanno nascendo proprio attorno agli stabilimenti italiani Stellantis, a partire da Melfi, Pomigliano, in parte Cassino e, in particolar modo nell’indotto, dove la scure dei licenziamenti di massa è già partita l’estate scorsa. L’offerta che ci viene proposta è quella di rimanere zitti e servili, perché in questo frangente c’è chi sta “lavorando” per noi. Per il nostro futuro occupazionale. Per il nostro bene. Noi dobbiamo solo continuare a lavorare con il capo chino, perché  c’è chi apre tavoli tecnici ministeriali per difendere i nostri posti di lavoro. Altro che cazzi!!!!
Piccoli focolai, quelli che stanno nascendo davanti ai cancelli delle fabbriche italiane, che il sistema padronale ha interesse a spegnere sul nascere, prima che la situazione possa esplodere e creare quell’effetto trascinamento che potrebbe coinvolgere – hai visto mai – importanti masse di operai. Del resto, la situazione è talmente esplosiva che anche una piccola scintilla, per usare la metafora della deflagrazione, può essere, questa sì, risolutiva.
Subito dopo l’incontro al ministero, stando al trionfalistico comunicato stampa di ciggiellecisleuill, si terranno le assemblee dei lavoratori in tutte le fabbriche del gruppo, per informare le “maestranze” – così ci chiamano –  sulle risultanze dell’incontro. Dopo, non prima. Siccome Loro sono democratici, le assemblee si terranno DOPO la partecipazione di ciggiellecisleuill al tavolo ministeriale, non PRIMA, come è giusto e normale che sia.
Alle assemblee verranno a dirci che l’apertura di un tavolo tecnico al ministero è di per sé un fatto positivo e rappresenta una conquista dei sindacati e dei lavoratori, e che l’essere consultati preventivamente su tutti i provvedimenti societari è una vittoria del ritrovato modello concertativo aconflittuale “che tanto bene ha fatto ai lavoratori”. Tradotto significa: “Cari industriali, potete fare come vi pare, ma prima dovete informarci. Così mandiamo i messaggini agli operai – di più non possiamo e sappiamo fare – e torniamo al nostro compito di passacarte che nessuno ci può togliere”.
Anche la Lega Nord griderà alla vittoria per essere riuscita, con il proprio ministro, a riunire le parti sociali e, magari, solo per questo, Giorgetti assurgerà a grande statista e mediatore dal profilo internazionale.
Anche la politica in generale griderà alla vittoria per questa ritrovata unità d’intenti. L’incontro del 15 giugno – al netto di qualche sofisma della sinistra salottiera che insegue il “capitalismo dal volto umano” –  sarà l’occasione per rilanciare il paradigma del consociativismo che “risolve i problemi dei lavoratori”, che “supera il conflitto sociale come regolatore delle condizioni materiali degli operai” (abbiamo ottenuto il tavolo ministeriale senza neanche un minuto di sciopero) e che “definisce il perimetro del dialogo e confronto” come categoria estetica della politica.
E’ ovvio che quando padroni, sindacati confederali e partiti di governo gridano alla vittoria, qualcuno che perde deve pur esserci. E’ la regola fisica dei vasi comunicanti: se qualcuno vince deve esserci qualcuno che perde. E loro, se non ci diamo una svegliata, continueranno a non perdere.
La riunione del 15 giugno al ministero, tuttavia, certifica ciò che finora nessuno ha avuto il coraggio di dire esplicitamente: il settore dell’auto in Italia è in forte crisi e va ad aggiungersi alle tante altre crisi industriali italiane, Alitalia, ex Ilva, Electrolux, Embraco e Whirlpool su tutte. La reticenza nel dichiarare lo stato di crisi nel settore dell’auto sta nella consequenziale ammissione del fallimento del “Progetto Fabbrica Italia”, ovvero del feticcio industriale-sindacale, propostoci una decina d’anni fa, che avrebbe dovuto rilanciare l’occupazione degli stabilimenti italiani, realizzare investimenti miliardari e, nientedimeno, migliorare le condizioni materiali degli operai sui luoghi di lavoro.
A mio avviso le lotte di resistenza e retroguardia per la mera conservazione del posto di lavoro sono disutili e, in talune circostanze, addirittura funzionali al sistema padronale. Vi sono casi, infatti, di operai costretti a lavorare con salari più bassi, e in condizioni lavorative peggiori, per conservare il proprio posto di lavoro, e tutto questo è inaccettabile. Lavorare in deroga a un sistema legislativo e contrattuale di per sé già sotto il limite dello sfruttamento, e ringraziare i sindacati confederali e i datori di lavoro per questa “magnanima concessione”, significa derogare alla propria dignità di operai e lavoratori.
Un operaio Stellantis Fca Cassino

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