SEVEL VAL DI SANGRO, LA CORDA SI STA SPEZZANDO

La protesta operaia ha investito dapprima i capi sindacali, in assemblea non hanno potuto raccontare le solite balle. Dopo, resistendo al turno di notte, stanno mettendo in seria difficoltà  il comando aziendale.
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La protesta operaia ha investito dapprima i capi sindacali, in assemblea non hanno potuto raccontare le solite balle. Dopo, resistendo al turno di notte, stanno mettendo in seria difficoltà il comando aziendale.


 

C’è una forte protesta degli operai nei confronti di sindacati che ancora una volta si piegano al servizio dei padroni.
Da sempre lo stabilimento SEVEL ad Atessa in Abruzzo è stato il fiore all’occhiello di tutti i siti produttivi del ex gruppo FCA presenti sul territorio nazionale, tanto da accogliere periodicamente trasfertisti in esubero negli altri stabilimenti e messi in cassa integrazione (Cassino, Pomigliano, Melfi, Grugliasco e addirittura polacchi e serbi), per consentire una sempre più crescente produzione e soprattutto durante il periodo estivo le ferie a rotazione per gli operai direttamente impiegati in Sevel.
Una particolarità il turno di notte fisso su base volontaria, il che per i lavoratori diventa un’arma a doppio taglio, perché se è vero che da una parte hanno un salario più alto rispetto agli altri colleghi, dall’altra subiscono un ricatto da parte del padrone in vista di un carico di lavoro maggiore rispetto agli operai che si trovano sui “turni”, tanto che con circa due, trecento lavoratori in meno riescono a produrre lo stesso numero se non di più di veicoli.
Un sistema ben rodato ormai che, se pure con qualche malcontento, andava avanti senza troppi problemi fino a qualche giorno fa, quando per esigenza produttiva ancora una volta si chiede un aumento dei turni produttivi che fino a un paio di anni fa era stabilito sui 15 turni con continue ed estenuanti comandate, ed erano passati poi ai 17 turni con sabato mattina e pomeriggio integrati nella turnazione, e ora dal 2 maggio viene chiesta l’integrazione della domenica notte e quindi i 18 turni (lo stabilimento resta fermo solo il sabato notte e la domenica mattina e pomeriggio).
Il problema forte che agita gli operai è quello di avere sulle notti un riposo a scorrimento, che però ha tutte le sembianze di essere un semplice smonto più che un riposo. Infatti, mentre prima, con i 17 turni, per chi era sul turno di notte il riposo cadeva sempre il sabato e la domenica, ora gli operai avranno un riposo decente solo una volta ogni 6 settimane quando gli capiterà di poter far festa (se non ricattati dai vari capetti come accade spesso con gli interinali costretti a lavorare anche in questi giorni) il venerdì e la domenica notte. La ricaduta sulla vita personale diventa inevitabile, ancora una volta i padroni dimenticano che hanno a che fare con esseri umani e non robot, mettendo sotto i piedi la dignità di questi lavoratori che dopo aver dato tanto negli anni per questo stabilimento ora si trovano di fronte alla imposizione del padrone che dice loro: “Volete continuare a guadagnare qualche soldo in più? Allora vi dovete consumare la vita più intensamente lavorando di notte sulle linee senza mai riposarvi realmente”.
A quanto pare però, questa volta l’azienda ha tirato troppo la corda e la risposta è arrivata forte, prima di tutto nelle assemblee, dove gli operai partecipano e impediscono a quelli che si fanno ancora chiamare rappresentanti dei lavoratori di parlare, arrivando addirittura alla rissa e, in seconda battuta, rinunciando al “volontario” turno di notte, creando un vero e proprio esodo dalla notte ai turni che mette in difficoltà il padrone, che si trova sulle mattine e sui pomeriggi con un esubero del personale (tanto che sta cercando di frenare questa migrazione), dovendo invece affidare il turno di notte agli interinali e ai trasfertisti.

I LAVORATORI INIZIANO COL CERCARE DA SOLI LE SOLUZIONI NON AVENDO NESSUNO CHE LI TUTELI.

Con il peggioramento delle condizioni di lavoro, comincia a farsi strada tra gli operai l’idea che nessuno li rappresenta, neanche il sindacato che invece li divide e non si oppone al padrone. Da questo a cominciare a pensare che è arrivato il momento di organizzarsi da soli, uniti, come operai, per difendere la pelle, il passo è breve.
Croce di Tola, operaio di Atessa

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