77 ANNI DI GALERA PER GLI 88 CONDANNATI DEL MOVIMENTO “NO TAP”

Processi di massa. Nelle aule dei tribunali, la mannaia della magistratura si sta abbattendo sistematicamente sui movimenti di protesta per imporre un solo comportamento "stare zitti e stare buoni" 
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Processi di massa. Nelle aule dei tribunali, la mannaia della magistratura si sta abbattendo sistematicamente sui movimenti di protesta per imporre un solo comportamento “stare zitti e stare buoni”


 

“Noi non ci faremo abbattere da nessuno!”. È stata questa la risposta degli attivisti del Movimento No Tap alle sentenze di condanna per 88 dei 126 imputati (molti di essi aderenti al Movimento stesso, altri arrivati in Salento da ogni parte d’Italia per appoggiarne la protesta) arrivate a conclusione del processo di primo grado per l’opposizione, fra il 2017 e il 2019, all’avvio dei lavori per la realizzazione del gasdotto Tap a Melendugno (Le). Le sentenze, emesse dal giudice monocratico Pietro Baffa del Tribunale di Lecce, ammontano a 77 anni totali di reclusione, con pene detentive variabili da 6 mesi a 3 anni 2 mesi e 15 giorni. Il giudice ha poi disposto, in favore della Trans Adriatic Pipeline (Tap) che si era costituita parte civile, il risarcimento dei danni patrimoniali e d’immagine, a carico di alcuni imputati, per gli assalti al cantiere e alla sede di Lecce. A presidiare l’area esterna dell’aula bunker del Tribunale di Lecce, in attesa della lettura della sentenza, era spiegato un numero incredibile di mezzi delle forze dell’ordine borghese.
Si è concluso così, per il momento, un processo dichiaratamente politico di una vicenda che ha reso manifesto il contenuto reale della loro democrazia, una dittatura nei confronti di ogni movimento che voglia mettere in discussione le loro scelte. Al di là delle chiacchiere formali strombazzate da politici, media e benpensanti sulla libertà di pensiero e manifestazione, nella vicenda Tap, così come in quella riguardante la Tav, sono stati messi in campo tutti gli strumenti istituzionali (governi, forze dell’ordine, forze armate, media, magistratura, carcere, ecc.) che formano la macchina statale dei borghesi per reprimere chi si è opposto ai loro piani. Tutti i governi che si sono succeduti negli ultimi anni hanno fatto guerra ai No Tap. In particolare il Conte I, a guida M5S-Lega, con l’aperto voltafaccia dei 5 Stelle che, in Italia e soprattutto in Puglia, avevano costruito la campagna elettorale per le politiche del 2018 anche sul “no al gasdotto”, finendo per vedersi le bandiere bruciate dai No Tap!

PUNIRE I CORAGGIOSI
Che il processo abbia avuto, quindi, una fortissima impronta politica, nel senso di voler punire duramente chi ha avuto il coraggio di sfidare le decisioni del governo, lo dimostrano diversi fatti.
In primo luogo: 1. il processo, dapprima unico, è stato poi di fatto smembrato in tre processi simili, per dividere la forza della protesta unitaria degli imputati; 2. il giudice però è rimasto uno solo, e lo stesso, per tutti e tre i processi; 3. è stato infatti chiamato a decidere ed emettere le sentenze un giudice solo o monocratico (tribunale in composizione monocratica) e non un collegio giudicante, costituito da almeno tre magistrati (tribunale in composizione collegiale). Tutti segnali chiarissimi che le sentenze di colpevolezza e condanna erano state già decise a priori, senza che la decisione dovesse passare attraverso il rischio della valutazione di più giudici.
In secondo luogo, la risibilità e la debolezza dei reati contestati agli imputati, peraltro in gran parte molto giovani, perciò puniti vigorosamente per impartire loro una lezione duratura: violenza privata; interruzione di pubblico servizio; accensione pericolosa di ordigni; deturpamento (ad esempio con lancio di uova); danneggiamento (di macchine e recinzioni del cantiere); manifestazione non autorizzata, poiché avrebbero partecipato ai cortei per protestare contro la realizzazione del gasdotto Tap, senza darne preavviso al questore e in un’occasione per esprimere il proprio dissenso durante una visita pre-elettorale del capoleghista Salvini a Martano (Le); resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale, per aver minacciato e offeso, secondo l’accusa, gli agenti della Digos e della Squadra mobile; violazione del divieto di far rientro nel Comune di Melendugno. Per 25 imputati il giudice ha disposto l’assoluzione, ma solo perché attraverso le foto e le riprese video, che le forze dell’ordine si erano preoccupate di effettuare preventivamente, non si è potuti arrivare a una identificazione certa.
In terzo luogo, le sentenze sono andate molto oltre le richieste del pubblico ministero, con condanne pesanti in risposta a un impegno continuo e costante per anni, volte a ridurre al silenzio la protesta anche di chi, persone del posto senza alcun precedente impegno politico, è sceso in strada a difesa della propria terra, dei propri olivi, di quella proprietà privata che la borghesia tanto decanta, ma poi non esita a mettere in discussione nel nome degli interessi del padrone più forte e potente.
In quarto luogo, la concessione di un tempo minimo, appena 15 giorni, per poter presentare appello, un altro ostacolo davanti alla libertà degli imputati.

L’ALTRO PROCESSO
Intanto va avanti un altro processo nel quale sono stati chiamati a giudizio la stessa Trans Adriatic Pipeline e 18 persone fra cui i vertici di Tap: le accuse riguardano una serie di reati ambientali, tra i quali la realizzazione del tratto finale del gasdotto su aree sottoposte a vincolo paesaggistico senza autorizzazioni e lo sversamento di acque reflue industriali che avrebbero contaminato con sostanze pericolose la falda acquifera. Ma in questo processo spira un’aria diversa! Già a maggio del 2016 un gruppo di esperti nominati dalla Procura di Lecce aveva dichiarato la non applicabilità della Direttiva Seveso al gasdotto Tap per mancanza di rischi di incidenti di portata rilevante per la popolazione e l’ambiente. Poi il 7 settembre 2016 la Procura di Lecce aveva chiesto l’archiviazione dell’inchiesta aperta su Tap relativa alla procedura seguita dal Ministero dell’Ambiente per il rilascio della Valutazione di impatto ambientale: per il pubblico ministero Angela Rotondano non erano emerse irregolarità.

IL CONTRIBUTO DEI GIORNALI
Della conclusione del processo i giornali nazionali non hanno dato notizia, benché esso sia stato di rilevanza nazionale. Invece i giornali locali si sono limitati a ratificare le sentenze con una breve cronaca del processo. Ma, per irridere la lotta dei No Tap, hanno concesso molto più spazio alla notizia che in tre mesi, da dicembre 2020, è stato iniettato nella condotta un miliardo di metri cubi di gas proveniente dall’Azerbaijan e diretto ai mercati europei. Inoltre sono stati lieti di ricordare che la capacità della condotta consente di trasportare circa 10 miliardi di metri cubi annui, raggiungendo numerosi mercati di destinazione in Europa, e che il gasdotto è stato progettato per una potenziale espansione della propria capacità fino a 20 miliardi di metri cubi annui. E questi miliardi di metri cubi e i profitti che producono per le compagnie petrolifere valgono ben più delle condanne inflitte ai manifestanti.
L. R.

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