26 MARZO, L’ALGORITMO HA DETTO SCIOPERO

I rider hanno provato la forza collettiva, c’e un contratto nazionale da conquistare, la sentenza sulle assunzioni da applicare, i sindacati di comodo da eliminare, la strada è ancora lunga ma si è iniziato col piede giusto.
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I rider hanno provato la forza collettiva, c’e un contratto nazionale da conquistare, la sentenza sulle assunzioni da applicare, i sindacati di comodo da eliminare, la strada è ancora lunga ma si è iniziato col piede giusto.


I riders o rider sono lavoratori della distribuzione, principalmente di cibo da asporto, che lavorano per colossi come Deliveroo, Just Eat, Glovo oppure possono lavorare direttamente per ristoranti o pizzerie o anche per supermercati per la spesa a domicilio.
In Italia i rider sono circa 60mila distribuiti su oltre 240 città italiane. 28.836 che lavorano per Foodinho-Glovo; 8.523 per UberEats; 3.642 per Just Eat e 19.510 per Deliveroo.
Nella nuova lingua dell’innovazione, la cosiddetta gig economy (economia dei lavoretti) questi lavoretti erano quelli che i rider erano chiamati a fare dietro chiamate saltuarie e compensi a buon mercato.
Nel corso del tempo questi “lavoretti”, per la stragrande maggioranza dei lavoratori, hanno perso la caratteristica di lavoro per studenti in vena di arrotondare ed ha assunto una caratteristica di vero e proprio lavoro effettivo, scandito da orari precisi, orari che il più delle volte superano il muro delle otto ore giornaliere, senza nessuna forme di previdenza sociale, nessuna malattia, nessun diritto alle ferie, nessun tfr, nessuna assicurazione contro gli infortuni. Questo perché le compagnie della distribuzione, tranne i pochissimi casi di rider assunti, considerano i rider come lavoratori autonomi a cui devono pagare null’altro che le consegne effettuate.
Le domande per procurarsi il lavoro da rider avvengono quasi solo per via informatica. I rider (o fattorini) che vogliono lavorare per queste compagnie devono avere un mezzo proprio (bicicletta, bicicletta elettrica, motorino e talvolta anche auto), il contenitore isotermico per le consegne del cibo viene fornito dalle compagnie in comodato d’uso versando una cauzione come garanzia, inoltre devono procurarsi smartphone personale per scaricare le app da dove vengono comandati per le consegne.
La prima questione che salta immediatamente all’occhio è che i mezzi di lavoro sono a carico degli stessi lavoratori, le compagnie non forniscono nessun mezzo di trasporto per effettuare le consegne. Questo fa sì che ci sia una diversificazione tra lavoratori proprietari di mezzi più veloci, che hanno la possibilità, rispetto a chi pedala con le proprie forze su di una bicicletta spinta solo dai propri muscoli, di eseguire più consegne durante la giornata ma sopratutto di spingersi da un capo all’altro delle città accettando qualsiasi consegna, indipendentemente dalla distanza. Una stratificazione che dà luogo ad una discriminante di classe tra i rider più poveri e quelli un po più agiati. Questa è una discriminante geniale che i padroni hanno inventato per fare più profitti. Un algoritmo su cui si basano le chiamate per le consegne che permette di individuare il rider più veloce, e di conseguenza affidargli più consegne nella giornata. In base alla velocità di consegna l’algoritmo individua il rider più “adatto” a cui proporre una o più consegne nell’arco della giornata.
Logicamente dato che l’algoritmo si basa su criteri di efficienza nelle consegne chi sarà più veloce avrà più consegne e di conseguenza potrà guadagnare di più. Un moderno e “raffinato” cottimo per spingere alla massima produttività. “Il compenso minimo equivale a 11€ lordi l’ora, per ora lavorata, cioè per consegna. Nel caso in cui il tempo stimato per la consegna risultasse inferiore a un’ora l’importo dovuto verrà ricalcolato in maniera proporzionale sulla base dei minuti stimati per effettuare la consegna.”.
Per tentare di contrastare sopratutto l’algoritmo i rider avevano spinto il sindacato ad indire uno sciopero, e infatti il primo sciopero dei rider milanesi fu proclamato dalla Filt-Cgil già nel maggio 2018, per mettere in luce queste discriminanti ma sopratutto per protestare per un incidente sul lavoro accorso ad un rider di Just Eat che aveva perso una gamba perché finito sotto un tram. Un gruppetto di rider per rafforzare la protesta si era ritrovato con un presidio in piazza XXIV Maggio.
Viste le pressioni dei rider per avere un contratto collettivo nazionale il sindacato Ugl, il 15 settembre 2020, in accordo con Assodelivery e sfruttando il malcontento, aveva firmato un contratto capestro scrivendo addirittura nel contratto che: “Per questo, se vogliono continuare a svolgere consegne, i rider devono siglare il nuovo contratto”. L’accordo firmato da Ugl ha visto da subito l’opposizione della maggioranza dei rider e dei loro rappresentanti, diretta espressione dei ciclofattorini, i “delegati” di Riders Union Bologna, Deliverance Milano e Riders Union Roma, avevano bollato l’intesa come un “accordo pirata con un sindacato di comodo”, dichiarando inoltre che si trattava di “un’operazione che prevede un basso salario e maggiore precarietà”.
Accordo bocciato anche dal Ministero del Lavoro oltreché da Cgil, Cisl e Uil.
Intanto la procura di Milano, che aveva avviato un indagine sui colossi Just Eat, Glovo-Foodinho, Uber Eats e Deliveroo, il 25 febbraio 2021, ha notificato i verbali che impongono agli stessi la trasformazione dei contratti dei rider da lavoratori autonomi a lavoratori parasubordinati (co.co. co), con contratto di lavoro coordinato continuativo imponendo l’assunzione di 60 mila rider, comminando alle società una multa di 733 milioni di euro per violazione della legge 81, con l’obbligo per le aziende di adeguarsi alla sentenza entro 90 giorni. Naturalmente le aziende in questione stanno tentando la strada del ricorso.
Il 26 marzo 2021 la Cgil, spinta dal malcontento e dalla voglia di lottare dei rider, ha organizzato un nuovo sciopero per avere un contratto che preveda il diritto a ferie, malattia, TFR, all’indennità di lavoro notturno di lavoro, un vero e proprio contratto collettivo nazionale della categoria. Inoltre i rider non si limitano alla sola rivendicazione di un contratto nazionale, ma spingono affinché l’algoritmo di cui sono schiavi e che determina la loro vita lavorativa venga del tutto rimosso. “Siamo pedine nelle mani di un algoritmo”, la loro parola d’ordine.
Dopo la sentenza della procura di Milano, è notizia di queste ultime ore, una frattura tra le società si è creata. Just Eat Italia e sindacati hanno firmato un’intesa in base alla quale Just Eat Italia si impegna ad assumere 4.000 rider entro l’anno. I rider saranno assunti come lavoratori dipendenti con il contratto nazionale della logistica, trasporto, merci e spedizioni per chi lavora dal’1 agosto 2019. L’accordo sindacale sembra preveda che i rider vengano retribuiti con paga base, tfr e malattia e venga introdotto il limite massimo di 4 consegne in 1 ora.
Staremo a vedere se l’accordo firmato sia realmente un contratto vero e non un finto contratto già sperimentato in passato. La parola passa ora ai rider per capire se accetteranno il contratto e se gli altri dipendenti delle altre società cominceranno una serie di scioperi per ottenere il riconoscimento contrattuale anche per loro.
D. C.

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