18 MARZO 1871, LA COMUNE DI PARIGI IL PRIMO GOVERNO OPERAIO DELLA STORIA

Sono passati 150 anni dal primo assalto da parte degli operai al potere delle classi dominati ...
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Sono passati 150 anni dal primo assalto da parte degli operai al potere delle classi dominati, il 18 marzo del 1871 gli operai, i proletari di Parigi si impossessarono della città ed iniziarono a governarla con nuovi sistemi e nuove leggi. Noi siamo ancora qui, gli stessi, ancora nella stessa condizione di sfruttati, se pur con metodi più raffinati, se pur rapportandoci con la situazione di oggi, con l’evoluzione della società avvenuta nel corso di un secolo e mezzo. L’occasione è buona, il numero degli anni trascorsi è rotondo e si presta a ricordare, a commemorare, ricordare. La Comune di Parigi riguarda noi operai, del nostro primo tentativo di prendere il potere e di conservarlo contro le forze coagulate dei borghesi.

Per una particolare condizione della storia, la borghesia francese, per opporsi a quella tedesca, in contrasto per i confini territoriali, chiese aiuto ai proletari di Parigi, che a loro spese si armarono e diedero vita alla Guardia nazionale. La guerra finì con il compromesso fra i due contendenti, la borghesia francese ne uscì sconfitta e firmò un armistizio col nemico prussiano, che si accampò in una zona non lontano da Parigi. A quel punto la borghesia francese decise che il primo problema da affrontare era il disarmo degli operai di Parigi, dovevano restituire cannoni e fucili e tornare alla normalità del lavoro da schiavi. Il 18 marzo la svolta, i capi del proletariato decisero che non era il caso, avevano la possibilità di far fuori il potere di banchieri, industriali e del loro governo, avevano la forza armata e la maggioranza del proletariato parigino dalla loro parte. I borghesi, vista la situazione, scapparono da Parigi e si ritirarono a Versailles per riorganizzarsi. Le misure prese dalla Comune sono state per centocinquanta anni nascoste dalle classi dominanti, ignorate dai libri di storia, ma sempre vive in tutti i movimenti veramente operai, era ed è un esempio concreto di come sia possibile governare diversamente la società. Di queste misure ne riassumiamo solo alcune per capire il terrore che provocarono nei borghesi di allora e che ancora farebbero paura ai borghesi di oggi.

Il 30 marzo la Comune sciolse l’esercito permanente e proclamò che l’unica forza armata fosse quella dei cittadini in armi come membri della guardia nazionale. Tutti gli affitti ai grandi proprietari di case vennero condonati a partire dall’ottobre del 1870, sospese nel monte di Pietà tutte le vendite dei pegni. Il primo aprile stabilirono che nessun funzionario pubblico, di qualunque livello, prendesse uno stipendio più alto di un qualunque operaio. Il giorno seguente un colpo durissimo alla chiesa. Sospesi tutti i pagamenti ecclesiastici e trasformazione dei beni della chiesa in patrimonio nazionale, al bando dalle scuole tutti i simboli religiosi, la religione tornava ad essere un fatto di coscienza dei singoli. Il 6 aprile bruciarono in piazza il simbolo dell’oppressione dello Stato monarchico e borghese, la ghigliottina. Il 12 aprile decisero di abbattere la colonna Vendome, fusa con i cannoni presi da Napoleone Bonaparte nella guerra del 1809, rappresentava per i proletari di Parigi il simbolo del nazionalismo della borghesia francese, della oppressione dei popoli e della loro discordia. Rovinò a terra il 16 maggio.
La comune intervenne nella struttura produttiva, il 16 aprile organizzò un censimento di tutte le fabbriche lasciate chiuse dai rispettivi fabbricanti, chiamò gli operai che vi avevano lavorato ad adoperarsi per il riavvio dando vita ad un sistema cooperativo centralizzato. Il lavoro notturno dei fornai e il controllo poliziesco sul lavoro furono aboliti il 20 aprile. Le case di pegno che sfruttavano per via indiretta i proletari e i poveri di Parigi furono abolite il 30 aprile. Il 5 maggio, l’arte demolitoria dei vecchi simboli da parte dei comunardi raggiunse il suo apice, si decretò la demolizione della cappella espiatoria costruita dalla borghesia francese per farsi perdonare la decapitazione del re Luigi XVI.

Tutte le classi possidenti in Francia ed in Europa tremarono veramente, il governo di Thiers ritirato a Versailles si organizzava per attaccare Parigi e piegare questo, ai suoi occhi, inconcepibile esperimento. Tanto fu il terrore di fronte al fatto che le classi operaie osassero instaurare un loro governo che la reazione non poteva che essere terribile, strinse alleanza con il nemico di ieri, con l’esercito prussiano perché controllasse ogni via di uscita da Parigi, chiese anche aiuti militari che non mancarono e diede l’assalto alla città. Il governo dei ricchi e dei preti non si fece problemi, bombardò Parigi per giorni e giorni, le sue truppe man mano che conquistavano i quartieri fucilavano chiunque incontravano sulla loro strada, anche donne e bambini? Anche donne e bambini. I sostenitori dell’ordine, della famiglia, della democrazia borghese di fronte al pericolo di perdere il loro privilegi economici si manifestavano come belve assetate di sangue. Di qua, i nostri antenati di classe, resistettero con slancio, barricate ad ogni angolo di strada ma furono vinti, gli ultimi difensori della Comune caddero sulle alture di Bellevue e di Menilmontat dopo otto giorni di combattimenti. I vinti fatti prigionieri furono fucilati al muro dei federati nel cimitero di Pere Lachaise, a migliaia, con le mitragliatrici. Gli altri deportati a morire nelle galere delle colonie. La borghesia parigina tornava a gozzovigliare nel centro di Parigi, a festeggiare sul pericolo scampato.

Per i borghesi la Comune fu un prodotto dell’azione dell’Associazione internazionale degli operai con sede centrale a Londra, è vero che tanti membri della Comune fossero anche militanti dell’associazione ma il grande esperimento parigino nasce dalla struttura stessa della società, dal livello di scontro che è maturato fra operai e padroni. L’Internazionale operaia prende subito posizione pubblica a sostegno della Parigi operaia, Marx uno dei capi dell’Internazionale, viene incaricato di scrivere un indirizzo del Consiglio Generale intorno alla guerra civile in Francia di quei giorni del 1871. La forza di questo scritto non si può capire se non si tiene conto di come la stampa e i governi borghesi d’Europa descrivevano i rivoltosi e le loro gesta. Erano dei “pezzenti che avevano osato attaccare la proprietà” e Marx rispondeva che era frutto del lavoro operaio ed avevano diritto a riappropriarsene, “bruciavano i palazzi ritirandosi” e Marx rispondeva che qualunque esercito che si ritira, lo hanno insegnato i borghesi, si lascia dietro di sé terra bruciata. La stampa dei borghesi piangeva su qualche ostaggio e prete che i comunardi fucilarono e Marx rispondeva che non era niente al confronto di quanti prigionieri inermi il governo aveva massacrati. Punto per punto l’indirizzo legittimava e dava un valore sociale storico a quanto avevano osato fare gli operai parigini in campo economico e nella possibile nuova organizzazione sociale.

Marx ed Engels anche dalla sconfitta seppero trarre degli insegnamenti per la futura azione degli operai, la macchina statale dei borghesi andava demolita, non poteva e non può essere utilizzata per l’esercizio del potere operaio. I comunardi iniziarono l’opera ma non poterono condurla a termine in poche settimane. Non bisognava titubare nell’attaccare la sede del governo a Versailles, non bisognava dargli il tempo di riorganizzarsi, una rivoluzione non dà tregua. Engels, 20 anni dopo, nel commemorare la Comune, mette l’accento su un altro problema, l’individuazione dei punti più deboli dell’avversario e nota come un errore politico dei comunardi fosse stato il non aver attaccato la Banca di Francia, di essersi fermati alle sue porte «la banca in mano alla Comune rappresentava un valore maggiore che non diecimila ostaggi. Questa avrebbe determinata la pressione di tutta la borghesia francese sul governo di Versailles , nell’interesse della pace con la Comune».

Per l’internazionale non ci sono dubbi, nell’indirizzo del Consiglio Generale sta scritto «Il suo vero segreto (della Comune ndr) fu questo: che essa fu essenzialmente un governo della classe operaia, il prodotto della lotta dei produttori contro la classe appropriatrice, la forma finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l’emancipazione economica del lavoro». Ebbene, 150 anni dopo, l’emancipazione del lavoro è avvenuta? Siamo ancora con il cappello in mano a cercare un padrone che ci compri le braccia per lavorare al suo servizio noi per sopravvivere e lui ad arricchirsi. Ebbene, 150 anni dopo, la classe dei borghesi che ci comanda è forse meno corrotta di quella che combatterono gli operai parigini? Il sistema giudiziario e poliziesco non è ancora forse uno strumento per colpire i poveri e gli operai che lottano e salvare i padroni e i ricchi dalle loro stesse leggi? E i quartieri dove abitano gli operai non sono forse i quartieri fatiscenti delle città? I banchi dei pegni non sono tutt’ora funzionanti perché bisogna fare debiti per sopravvivere? E che fine ha fatto la loro democrazia se un uomo delle banche e delle finanze, eletto da nessuno, è a capo del governo e se la famosa autonomia organizzativa delle municipalità è centralizzata sotto il comando di un generale che si presenta alle riunioni pubbliche in divisa militare per incutere rispetto?

Se noi operai di oggi abbiamo conservato lo stesso sguardo demolitorio dei proletari della Comune di Parigi, se noi, dietro ogni mistificazione riusciamo a cogliere ancora il contrasto su cui questa società moderna si fonda e pensiamo che l’unica soluzione sia una rivoluzione sociale che liberi i produttori diretti dalla classe appropriatrice, lo dobbiamo a quanti dal 18 marzo ai primi di maggio del 1871 combatterono per le strade di Parigi, anche sapendo che il loro era solo un esperimento e sarebbero stati sconfitti. Marx, l’intellettuale, il teorico, concludeva l’Indirizzo sopracitato «Parigi operaia, con la sua Comune sarà celebrata in eterno, come l’araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarla tutte le preghiere dei loro preti».
E. A.

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