IL GOVERNO DEI DRAGHI E DELLE MEZZE CALZETTE

A nessuno naturalmente viene in mente di chiedersi quali classi rappresenta. Per gli operai che devono difendersi dall’azione del governo, è essenziale sapere chi hanno di fronte. Anche di fronte a questa nuova crisi il problema di un partito operaio indipendente diventa essenziale
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A nessuno naturalmente viene in mente di chiedersi quali classi rappresenta. Per gli operai che devono difendersi dall’azione del governo, è essenziale sapere chi hanno di fronte. Anche di fronte a questa nuova crisi il problema di un partito operaio indipendente diventa essenziale


I giornali, la rete e la tv sono pieni di giudizi sul nuovo governo, sulla distinzione fra tecnici e politici e sul loro rispettivo peso, sulla divisione dei Ministeri fra i partiti e i problemi interni di ognuno, come sempre siamo al limite del fotoromanzo. Ai commentatori politici il compito di osannare il governo Draghi, e tutti in fila assolvono, come una buona servitù, l’ingresso del nuovo, potente padrone. A nessuno naturalmente viene in mente di chiedersi quali classi rappresenta, di chi sostiene gli interessi, quale frazione della classe dominante prende oggi le leve del governo, e non basta sicuramente un giudizio sbrigativo che è l’ennesimo governo dei padroni. Per gli operai che devono difendersi dall’azione del governo, è essenziale sapere chi hanno di fronte, su quali alleanze di classi si appoggia la nuova maggioranza, come i partiti che fino ad ieri si dicevano antagonisti fra loro e critici verso banche e finanze oggi si ritrovano uniti in un abbraccio serrato. Gli operai hanno bisogno di capire che non possono fidarsi di nessuno dei partiti esistenti, che sono espressioni politiche di altre classi, sempre pronte a piegarsi al volere dei capitalisti più forti. Anche di fronte a questa nuova crisi il problema di un partito operaio indipendente diventa essenziale. Draghi è un esponente dell’oligarchia finanziaria, di un intreccio fra finanza e banche, fra finanza gestita dallo Stato e sistema bancario- industriale, ha formato un governo perché la piccola e media borghesia rappresentata dalla passata maggioranza non era in grado di dare garanzie per la gestione o meglio per la spartizione dei fondi europei del recovery fund. L’oligarchia finanziaria ha spinto uno dei suoi migliori esponenti ad andare al governo e dall’alto ha messo sotto la tutela le classi medie e i loro rappresentanti politici. La presentazione del governo come fondato sul rapporto fra tecnici e politici è una semplice trovata giornalistica deviante, come è deviante raccontare quanti ministri ha questo o quel partito. Se guardiamo più da vicino e giudichiamo sulla base delle classi i cui interessi vengono rappresentati scorgiamo che all’interno del governo vi sono diversi livelli e gruppi di gestione. Il gruppo più importante e centrale è formato da ministri legati all’alta finanza, provenienti dai suoi gruppi manageriali, questi devono controllare e gestire i fondi europei e la loro utilizzazione nell’apparato industriale in Italia e qui non si scherza. Oltre a Draghi, un altro uomo della Banca Centrale è Daniele Franco, non dovrà svolgere più il ruolo di controllore delle finanze dello Stato dall’esterno, sempre in opposizione ai governi spendaccioni, ora sarà lui stesso a gestire il bilancio senza intermediari, né controlli. Colao, manager industriale, al Ministero dell’innovazione tecnologica, un sostegno diretto allo sviluppo del macchinario industriale con i rispettivi finanziamenti ai padroni che hanno necessità di rammodernarsi. Cingolani manager di Leonardo, specialista in organizzazione e gestione dei centri di ricerca per le nuove tecnologie, dovrà gestire la transizione ecologica, e cioè l’orientamento della produzione verso nuove attività e nuovi mercati. Giovannini per l’industria dei trasporti, le velocità e la fluidità con cui viaggiano le merci è essenziale per la produzione, e il capitale a disposizione degli investimenti nell’industria dei trasporti è una quota rilevante per il capitalismo in Italia. Dobbiamo aggiungere a questi signori il numero due della Lega che va al MiSE, signor Giorgetti un figlio minore dell’oligarchia finanziaria del Nord perché serve nel governo una specifica rappresentanza della Confindustria e degli industriali Lombardo Veneti, ed infine un Garavaglia, non c’è investimento di capitale senza quello dei servizi ed in Italia quello del turismo è particolarmente importante ed allora è necessario il tutore dei gestori di “Papete” della lunga costa italica e lo hanno nominato ministro. In coda Patuanelli per l’agricoltura. Attraverso questo gruppo di ministri il governo è pronto a fare tutto il necessario, direttamente nell’interesse dei capitalisti che operano in Italia. Sono garantiti gli interessi della finanza e delle banche e l’interesse industriale ad esse collegate.
La Lega fa parte in pieno di questo gruppo, col controllo del Ministero dello Sviluppo Economico, può gestire le ristrutturazioni industriali, finanziare gli industriali che si trovano in difficoltà, con l’intervento diretto sul turismo può salvaguardare gli interessi dei piccoli e medi imprenditori del settore agitati per la pandemia. Il Movimento 5s deve ritirarsi nell’agricoltura dove non deve far altro che applicare la normativa europea correndo il rischio di rimanere schiacciato fra questa e gli interessi dei produttori italiani.
Risolto il problema della gestione dell’economia diventa tutto più facile: per l’istruzione e l’università trovano spazio due economisti che interpretano la scuola solo come spesa per la formazione di allievi adatti a gestire nuove forme di produzione, tutta la favola delle formazione degli individui per se stessi e la società in generale è solo demagogia di vecchi professori umanisti. In questo campo Draghi ha dovuto pescare fra nuove figure in modo da garantirsi che se finanziamento per la scuola deve esserci, questo serva per formare materiale umano da utilizzare pienamente e con profitto negli apparati produttivi del futuro.
Nel delicato campo della giustizia, di questo strumento utile per la guerra fra i diversi gruppi di potere ha messo una signora che viene da Comunione e Liberazione, per capirci dalla compagnia di Formigoni, che sa bene quanto sia fondamentale, nei processi, tener conto degli interessi che vengono toccati e dei personaggi che vengono coinvolti. Bonafede con la sua voglia punitiva andava rimosso e lo è stato, come è accaduto a Toninelli e soci. Sparare a parole contro scandali e misfatti come fa di professione la piccola borghesia un po’ moralizzante e non far seguire a questi i fatti, si paga sempre, vedi la vicenda autostrade, ora messe al sicuro con Giovannini, ministro. Ed i primi ad accoltellare gli ex ministri dei cinque stelle sono stati proprio i compagni di partito che per stare al governo hanno accettato l’epurazione imposta dall’oligarchia finanziaria. Fino a qui Draghi e draghetti, il nucleo centrale del nuovo governo funzionale alla ripresa del capitalismo e dei capitalisti, delle banche e dei banchieri, nella spartizione in alto del malloppo europeo.

Ora arrivano le mezze calzette, i rappresentanti politici, di oggi e di ieri, delle classi medie a cui va il compito di gestire il funzionamento della macchina statale, dei rapporti formali fra le diverse strutture del baraccone, della polizia e dei rapporti con gli stati esteri epurati dal rapporto con l’Europa gestito direttamente da Draghi. La gestione giornaliera del carrozzone burocratico dello stato, il grande manager della finanza internazionale l’ha risolta nominando un vecchio arnese del controllo della prestazione, il vecchio Brunetta che gestirà la pubblica amministrazione con la sua guerra all’ultimo impiegato “assenteista” e con il massimo di beneficio per il capufficio-manager fedele al Ministero. Un Prefetto all’ordine pubblico non poteva mancare e siccome già c’era, viene confermato. Infine il mite lucano alla salute, non conta quasi nulla, deve vedersela con i governatori regionali che sono mille volte più potenti di lui economicamente e nell’organizzazione territoriale della sanità. Dal punto di vista dell’immagine cambiare in piena pandemia il Ministro della salute sarebbe stato troppo, si cambia solo se lo si può accusare di negligenza o truffa, ma non è stato il caso. E andiamo avanti, qualunque oligarca delle finanze sa che se si vuol affrontare il tema dei licenziamenti o della riforma degli ammortizzatori sociali non lo può fare direttamente lui, sarebbe uno smaccato conflitto di interessi ed allora c’è sempre il ministro che si può ricondurre alla sinistra, a quelli che dicono di stare con i lavoratori, per fargli fare il lavoro sporco. Toccherà ad Orlando, vicesegretario del PD, a pelare le gatte dei licenziamenti e della cassa integrazione. Franceschini si occuperà ancora di musei, della cultura, con quell’impronta così cara alle finanze dello Stato, che i biglietti dei musei e delle mostre producano sufficienti introiti a costo di tenere lontano, per il costo elevato dell’entrata, gli strati bassi della popolazione. La Difesa ha trovato in Guerini un buon rapporto fra produzione militare e commesse statali e Di Maio potrà ancora svolgere i suoi viaggi di rappresentanza senza troppo impegno. Dopo non è rimasto quasi niente, qualche ministro senza portafoglio per i rapporti interni fra istituzioni, la Gelmini e la Carfagna per avere nel governo una rappresentante della borghesia meridionale. Entrambe per segnare politicamente la presenza del partito di Berlusconi che in realtà tratta direttamente con Draghi, tutti e due sono i frequentatori dei consigli di amministrazione dell’alta finanza.
Una nota particolare va a Renzi, non per il suo mini-ministero, ma perché avendo spianato la strada al governo dell’alta finanza si aspetta un contributo consistente dalle banche di riferimento, un posto d’onore nelle istituzioni finanziarie internazionali con i rispettivi cachet, per un posto centrale nel governo c’è tempo.

Con la costituzione del nuovo governo l’autorità dell’oligarchia finanziaria è ristabilita, le classi intermedie, la piccola e la media borghesia imprenditoriale ed impiegatizia devono mettersi in riga, sotto l’ala protettrice del grande capitale, chi non si allinea sta fuori dalla divisione del bottino. Il richiamo è così forte che anche i nemici giurati di banche e banchieri, gli oppositori delle élite europee, abbassano la testa e si adeguano. Ultimi i cinque stelle, i nemici più irriducibili dell’alta finanza dovranno alla fine occuparsi di politiche giovanili per conto di Draghi, il vegliardo della finanza internazionale.
E. A.

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