L’AFFARE DELLE MASCHERINE

Accordo Conte – Elkann sulla produzione di mascherine a Mirafiori e Pratola Serra. Una classica commessa statale che supera ogni favola sul libero mercato. In cambio la stampa controllata dagli Agnelli è diventata un puntello del governo.
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Accordo Conte – Elkann sulla produzione di mascherine a Mirafiori e Pratola Serra. Una classica commessa statale che supera ogni favola sul libero mercato. In cambio la stampa controllata dagli Agnelli è diventata un puntello del governo.


 

Caro Operai Contro,
quando FCA Italy annunciò ufficialmente di aver “messo a disposizione le nostre eccellenze sul fronte industriale fin dalle prime battute della pandemia, fortemente impegnati con tutte le nostre società con molteplici iniziative a sostegno delle organizzazioni sanitarie italiane e internazionali”, sembrò una grande opera di beneficenza pubblica di qualche francescana confraternita.
Si tratta invece di FCA che sfrutta l’emergenza pandemia adottando un economia di guerra, con la differenza che lo Stato cliente in questo caso non commissiona armi a FCA, bensì mascherine chirurgiche e respiratori artificiali. L’accordo Conte–Elkann prevede anche che FCA produca mascherine per i propri dipendenti.
Senza tanti preamboli, annunci, dibattiti e rinvii, il governo Conte di botto ha sfornato questa misura, in pochi giorni FCA ha ricevuto tutti i permessi e le autorizzazioni del caso.
Questa parziale riconversione dall’auto alla mascherina, vede vincenti gli interessi del grande capitale, anche se la piccola borghesia nel governo Conte bis, conta 10 ministri (su 21) con i 5 Stelle. Gli altri ministri sono: 9 del Pd, 1 di Liberi e uguali, 1 indipendente.
Fino poco tempo fa, accordi simili avrebbero scatenato i giornali sui criteri di scelta usati dal governo per favorire FCA. Si sarebbe parlato di uno “sgarro” all’industria dei prodotti sanitari. Qualche giornale avrebbe avanzato sospetti chiedendosi, se il governo non subisse la sudditanza della grande industria e del grande capitale.
Stavolta invece la notizia è passata alla chetichella, volutamente data senza il dovuto risalto, ormai gran parte dei giornali tra i più venduti, ultimamente sono finiti anch’essi sotto le grinfie della famiglia Elkann–Agnelli, che decide cosa scrivere, cosa pubblicare e cosa no.
Quasi tutta la stampa più diffusa è allineata con la linea editoriale del benefattore Elkann–Agnelli.
“La Repubblica”, in particolare, che con il “Corriere della sera” si disputa il podio di primo quotidiano italiano, è passato nelle mani della Exor di Elkann, portando con sé nella holding olandese degli eredi di Agnelli tutta la famiglia editoriale (oltre “Repubblica” anche “La Stampa”, “Il Secolo XIX”, una quindicina di quotidiani locali, numerosi periodici, tra i quali spicca “L’Espresso”, varie testate online, come “L’Huffington Post”, oltre all’autorevole “Repubblicaonline”, qualche radio-TV commerciale, ecc.) un tempo controllata dalla CIR di De Benedetti, a cui Elkann l’ha sottratta mettendo sul tavolo oltre 100 milioni di euro.
Giornali e giornaloni addomesticati dalla linea Elkann-Fca, non ci dicono ad esempio, che senso abbia scaricare l’app “immuni” per tracciare e isolare i contagi, quando si continuano a far lavorare interi reparti e intere fabbriche, (senza tamponi agli operai e ai famigliari), dove gli operai sono stati a contatto di loro compagni positivi a Covid 19. Ciò significa che l’app “immuni” serve solo a fare una selezione tra chi (magari benestante) deve essere monitorato ed eventualmente fermato dal lavoro per curarsi, e chi invece no, per non fermare le fabbriche.
Questo esempio da solo, è indicativo di come la stampa in mano al grande capitale, imposta e orienta la grande platea dei lettori.
L’operazione mascherine non riguarda solo l’orticello di casa, con lo Stato che commissiona quei prodotti sanitari a FCA per distribuirli tramite la Protezione Civile, ai presidi sanitari sul territorio nazionale. Ci pensa Pietro Gorlier responsabile tecnico FCA per Europa e Medio Oriente (EMEA), a precisare che:“Questa iniziativa rientra in un’azione più ampia che abbiamo portato avanti in ambito mondiale per sostenere le realtà locali in cui siamo presenti ed in particolare i nostri dipendenti”.
Poiché fra produzione, ricerca e punti vendita FCA è presente in 130 paesi, dare le mascherine ai suoi dipendenti, costituisce un buon viatico, (potenziandone la produzione), anche per venderle sull’intero mercato mondiale a cominciare da quei 130 paesi. Mentre la risalita dei contagi Covid 19, viene cavalcata dalla stampa asservita, per accreditare velatamente la necessità di un più alto numero di mascherine, e quindi di commesse statali a favore di FCA, che fra l’altro, è già in prima fila a pretendere una grossa fetta del Recovery Fund. Oltre il prestito agevolato di 6,3 miliardi di euro garantito dallo Stato, che Fca ha avuto dal governo Conte a maggio 2020.
Con l’impiego di 600 operai FCA in Italia, sforna a pieni giri 27 milioni di mascherine ogni giorno, ossia la metà del fabbisogno quotidiano nazionale. 11 di questi 27 milioni di mascherine sono pediatriche, coprono la fornitura complessiva di tutte le scuole italiane.
A fine settembre il padrone Elkann–Agnelli, annuncia che sono già state prodotte 100 milioni di mascherine, sommando la produzione delle 25 linee allestite a Mirafiori su 7 mila metri quadrati, con la produzione di Pratola Serra (Avellino), su 19 linee allestite in un’area di 9 mila metri quadrati. Non si hanno dati sui ventilatori polmonari, assemblati nello stabilimento Fca di Cento (Ferrara).
Saluti Oxervator

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