EUROPA UNITA SALARI DIVISI

Un confronto tra i salari in Francia, Germania, ed Italia. Italia fanalino di coda con i salari fermi da 20 anni (dati Censis). Caro Operai Contro, dal 2000 al 2017 i salari in Francia sono aumentati di 6 mila euro l’anno (+ 20,4%), in Germania di 5 mila euro (+13,6%). In Italia sono aumentati di soli 400 euro (+ 1,4%), ben 10 volte di meno, sono praticamente fermi da 20 anni! Il rapporto Censis di fine 2018, ne attribuisce le cause ad un “sovranismo psichico prima ancora che politico”. Una definizione indecifrabile, la classica scappatoia dove tutti e nessuno […]
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Un confronto tra i salari in Francia, Germania, ed Italia. Italia fanalino di coda con i salari fermi da 20 anni (dati Censis).

Caro Operai Contro,

dal 2000 al 2017 i salari in Francia sono aumentati di 6 mila euro l’anno (+ 20,4%), in Germania di 5 mila euro (+13,6%). In Italia sono aumentati di soli 400 euro (+ 1,4%), ben 10 volte di meno, sono praticamente fermi da 20 anni!

Il rapporto Censis di fine 2018, ne attribuisce le cause ad un “sovranismo psichico prima ancora che politico”. Una definizione indecifrabile, la classica scappatoia dove tutti e nessuno sono responsabili. Invece ben sappiamo che i governanti, in accordo col sindacalismo concertativo, hanno sacrificato il salario e non solo, con accordi e leggi in nome della “flessibilità” del lavoro, rendendo anche precaria l’occupazione.

Invece di scioperi e lotte contro i padroni, che pretendevano dagli operai sacrifici su sacrifici, hanno deciso l’assoluta priorità del profitto. Invece di uno scontro anche cruento della lotta tra operai e padroni, il sindacalismo concertativo ha subordinato gli operai al nazionalismo economico, in cambio di qualche briciola, nello scontro della concorrenza tra il capitalismo in Italia, contro quello dei padroni in altri paesi.

In Germania le rivendicazioni operaie, sono accompagnate da scioperi incisivi, che sono stati in crescendo. L’anno scorso i metalmeccanici tedeschi hanno chiesto, lottato e ottenuto, la settimana lavorativa di 28 ore.

Per gli operai francesi, parla la lotta dei gilet gialli. In Italia gli operai sono bloccati dal sindacalismo concertativo che ha azzerato scioperi e lotte.

Perciò c’è bisogno una scossa degli operai in Italia, se non vogliono tirare la cinghia stando fermi, meravigliandosi dei risultati ottenuti dai fratelli francesi e tedeschi.

In Italia la differenza tra salario lordo e salario netto, è salita di 0,2 punti tra il 2017 e il 2018, attestandosi al 47,9% per un “lavoratore medio” senza carichi di famiglia, 12 punti in più della media Ocse.

Il salario medio orario lordo in Italia è di 12,49 euro, addirittura sotto la media europea dei 28 paesi che è di 13,14 euro. Sotto a quelli di Danimarca (25,5), Irlanda (20,16), Svezia (18,46), Lussemburgo (18,38), Belgio (17,32), Finlandia (17,24).  Il salario in Italia è il fanalino di coda del gruppo dei paesi fondatori dell’Unione europea (Ue), comunemente definiti più ricchi. I dati sui salari nei paesi dell’Europa dell’Est, entrati in un secondo tempo a far parte dell’Ue, che sono in termini assoluti più bassi, vengono usati per sostenere che in Europa ci sono degli operai che stanno peggio di noi. In realtà ogni operaio si misura con i prezzi delle merci che entrano nel suo consumo normale, e confrontando il salario degli operai in Italia con quelli dei paesi omogenei per potenza e sviluppo economico risulta chiaro che siamo quelli con i salari più bassi.

Il salario lordo orario in Bulgaria è di 1,67 euro, in Romania è di 2,03 euro, in Lituania è di 3,11 euro. In Lettonia è di 3,35 euro, in Ungheria è di 3,59 euro. Sfruttando le differenze nazionali dei salari questi paesi sono il Bengodi per tanti padroni dell’Europa “ricca”, che proprio in questi paesi trasferiscono le loro aziende, anche perché attratti da forti agevolazioni fiscali, ma soprattutto dai salari che misurati nello scambio di merci e capitali nel mercato europeo risultano più bassi. Nel 2017 i costi orari del lavoro in Romania erano il 17% di quelli tedeschi, in Polonia il 21%, in Ungheria il 23%, in Cechia il 30%.

Dei 2,7 milioni di migranti arrivati in Germania negli ultimi 10 anni, due terzi arrivano proprio dai paesi dell’Est europeo. Così una piccola parte degli operai dell’Est cercano di migliorare la loro condizione, passando da un livello di economia meno forte ad una più forte, ma il fenomeno è bilanciato da un altro potente fattore: le richieste salariali ad Est fanno balzi in avanti del 10% alla volta .

Da sempre i padroni sfruttano le differenze nazionali dei salari, che sono il prodotto di differenze di produttività nazionali dovute a condizioni economiche e storiche, per realizzare maggior profitti.

Significativa la frase qui di seguito di F. Fubini sul Corriere del 20 maggio 2019.

“ La catena di fornitura della Audi riassume il problema. Il costruttore tedesco produce i suoi motori a Gyor, in Ungheria, prima di spostarli 600 chilometri a Ovest per assemblarli nel telaio a Ingolstat, in Baviera. La produttività degli addetti Audi a Gyor e Ingolstat è simile, ma la paga base di un mese dell’operaio ungherese vale meno del costo lordo di un giorno di lavoro del suo collega tedesco”.

Ma è solo un beneficio transitorio, se le auto devono entrare nel mercato delle auto dell’Est, i salari degli operai che le producono devono adeguarsi alla media europea. Questa è la tendenza. Senza rivendicazioni e scioperi che li sostengano, i salari in Italia (e ovunque) non aumenteranno. Con l’aggravante che il salario minimo per legge, gli metta sopra una pietra tombale, spingendoli in giù, vicini a quelli dell’Europa dell’Est che invece negli ultimi anni grazie ai grandi scioperi operai si stanno muovendo verso l’alto.

Saluti Oxervator

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