PIACENZA, UNO SCHIAFFO DEGLI OPERAI AI SINDACALISTI VENDUTI

Oggi, 12 aprile 2021, dobbiamo registrare un fatto importante nella maturazione della classe degli operai in Italia
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Oggi, 12 aprile 2021, dobbiamo registrare un fatto importante nella maturazione della classe degli operai in Italia: 300 o 400 operai, non importa se sul numero si è un po’ imprecisi, hanno manifestato sotto la sede della CGIL a Piacenza. La ragione è una protesta contro l’azione di alcuni sindacalisti della Camera del Lavoro che in accordo con il padrone di Fedex-Tnt , prove alla mano, hanno manovrato per indebolire la lotta dei facchini contro la chiusura del magazzino. I capi e i funzionari della CGIL, financo alcuni delegati non si straccino le vesti, non è né la prima né l’ultima volta che nelle fabbriche o sui luoghi di lavoro fanno azioni per indebolire le lotte operaie, e questo non può essere giustificato o bilanciato a costo zero dalle innumerevoli volte che gli iscritti alla CGIL sono in prima fila nella lotta contro i padroni. Anzi, dovrebbero essere questi per primi ad imporre un ripulisti dei dirigenti compromessi dalla loro organizzazione.
Il fatto nuovo, innegabile, è che a contestare questa condotta dei sindacalisti compromessi siano operai veri e propri. Gente che si spezza la schiena tutti i giorni sulle linee, gente che ha dimostrato come si lotta contro il padrone per difendersi e difendere la comunità operaia, gente che è stata denunciata e licenziata in blocco con la chiusura del magazzino. Come mai dopo tante malefatte del gruppo dirigente della CGIL, tanti accordi di liquidazione di interi stabilimenti, la protesta si è espressa proprio oggi, di massa? Una nuova classe operaia si è manifestata nella logistica e per sue proprie caratteristiche non è legata ai dogmi ideologici delle aristocrazie operaie, all’unità di interessi fra capitalisti ed operai intesi come produttori della ricchezza nazionale, ai dogmi che la legge è al di sopra delle parti, che comunque all’imprenditore va garantita la libertà di impresa anche se affama i suoi dipendenti, ecc.
Una nuova classe operaia che quando ha constatato che i sindacalisti della CGIL trescavano con il padrone ha deciso, come conseguenza naturale, che per un giorno si doveva manifestare contro questa gente e gridare in faccia ai funzionari da scrivania tutta la loro rabbia. Sono iscritti e simpatizzanti del SI Cobas, e allora? E’ comodo rappresentare il fatto di oggi come uno scontro fra parrocchie sindacali, ma non è così. C’è questa volta il terzo incomodo, gli operai, una minoranza che è scesa in campo e rappresentano, vi potete fidare di chi in fabbrica c’è stato una vita, tanti e tanti operai stanchi di un sindacalismo compromesso.
I soliti tromboni della CGIL tirano in ballo la storia della Camera del Lavoro, più di cento anni di storia, ma noi sappiamo che, guarda caso, un eminente dirigente della tendenza comunista, Gramsci, apostrofava come “mandarini” i capi sindacali venduti già nei primi anni della fondazione della Confederazione Generale del Lavoro. Corrono a difesa della CGIL i compari di CISL ed UIL, questi addirittura, nati per spezzare l’unità sindacale nel dopoguerra, per limitare l’affermarsi della CGIL quando questa era “conflittuale”, ora si ergono a difensori dei loro diretti concorrenti nelle manovre per ottenere dal governo e dai padroni i loro “meritati” privilegi.
A difesa della CGIL di Piacenza da questa terribile offesa della protesta operaia scende in campo anche il PD. Cosa volete che faccia un comunicato del partito dei licenziamenti facili, del Jobs Act, che nessun dirigente ha veramente rinnegato, su degli operai che appena iniziano a ribellarsi, la prima rata che pagano è quella del licenziamento per rappresaglia? La manifestazione di oggi è solo un segnale importante: la critica alle manovre sindacali, agli accordi sottobanco con il padrone può essere trasformata in denuncia di massa dagli operai. Immaginiamo anche che lo scontro di oggi possa prendere diverse pieghe. Se si connota come una guerra fra sigle sindacali la meglio l’avrà il gruppo dirigente della CGIL, accuserà i sindacalisti del Si Cobas come i fautori della rottura dell’unità operaia e cercherà di emarginarli. Se invece il SI COBAS, al posto di sventolare bandiere ed attaccarsi medaglie, punterà all’unità degli operai oltre l’appartenenza alle parrocchie sindacali, se punterà ad una netta distinzione fra i gruppi dirigenti borghesi e piccolo borghesi dei sindacati confederali – naturalmente dediti al compromesso – e la grande maggioranza degli operai che cercano una strada per difendersi, allora avrà dato un contributo al formarsi di un vero, di massa, sindacalismo operaio.
E. A.

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