ERA FCA, OGGI È STELLANTIS

Era spremitura sulle linee, ritmi forsennati, salari da fame, cassa integrazione. E per gli operai è ancora così.
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Era spremitura sulle linee, ritmi forsennati, salari da fame, cassa integrazione. E per gli operai è ancora così.


 

Dell’operazione Stellantis, nata dall’accordo tra i marchi di casa Peugeout e Fca, finora sappiamo che la famiglia Agnelli si è assicurata una cedola di 828 milioni di euro e il 50% dei profitti che si dividerà con i soci francesi.
Se il capitale prospera, la miseria operaia pure. “Il profitto sale nella misura in cui il salario cade”, sembra sia stato detto appositamente per raccontare quel che accade in tutti gli stabilimenti FCA-Stellantis. Solo nel mese di febbraio in 3 siti è stata richiesta la cassa integrazione. Nello stabilimento di Melfi riguarda oltre settemila operai che saranno tenuti in cassa integrazione parziale o totale, con calendari stabiliti settimanalmente, almeno fino al 31 Marzo. Nel reparto Presse di Mirafiori c’è cassa integrazione fino al 5 marzo. A Pomigliano le organizzazioni sindacali al termine dell’incontro con l’azienda del 23 febbraio hanno informato che “l’attività lavorativa sarà sospesa nelle giornate del 1 marzo, 5 marzo, 8 marzo, 9 marzo e da mercoledì 17 marzo al 26 marzo”. La necessità di fronteggiare gli effetti della complessiva situazione di mercato causata dall’epidemia e dalle sue ricadute sul sistema globale delle forniture di componenti elettroniche essenziali per l’assemblaggio sono le motivazioni che l’azienda ha fornito per le giornate di fermo produttivo. La gran parte degli operai di questi stabilimenti non maturerà i ratei mensili con ulteriori riduzioni di salario. La cassa integrazione interviene dopo diversi mesi di intenso recupero di produttività in ragione dell’aumento delle richieste che ha fatto seguito alla fase della prima ondata pandemica. A Pomigliano la produzione sulle linee è passata in questi giorni da 465 a 470 auto per turno di lavoro. Subito dopo è scattata la nuova cassa integrazione. Gli operai vengono chiamati a buttar le mani, a fare sacrifici, a rompersi capo e collo, come dimostra l’ultimo grave infortunio di Pomigliano, quando è il momento per il padrone di trarre il massimo profitto, poi parcheggiati in cassa integrazione con salari smagriti. Consumati nel fisico e impoveriti nelle tasche. Per gli andamenti ciclici di mercato sono loro a pagare dazio. Le organizzazioni sindacali si dicono preoccupate, vogliono vederci più chiaro, chiedono che si arrivi a un confronto sul piano industriale! Ma più chiaro di così? Il padrone Stellantis, dentro e fuori i confini italiani, scandisce a tappe forzate, in cui alterna brutale sfruttamento e immiserimento salariale, il suo piano. Qual è il piano dei sindacati per difendere gli operai dall’aumento dei ritmi di lavoro, dal rischio per la loro sicurezza, dalla diffusione del contagio nelle grandi fabbriche, dai continui tagli salariali? Assecondare sempre le scelte aziendali. Al più, quelli che vorrebbero conciliare le esigenze tecniche e organizzative dell’azienda con i salari degli operai propongono una cassa integrazione distribuita tra i mesi di marzo e aprile con l’utilizzo dei Par per non perdere i ratei. Ma non vengono neanche ascoltati. Sembra arduo oggi il compito di mediazione di chi crede, ancor più nella crisi, che gli interessi aziendali siano conciliabili con gli interessi operai.
Se non si reagisce, se si accetta tutto passivamente, se si lascia fare ai servi aziendali, anche questi già miseri salari possono diventare ancora più miseri, e le peggiori condizioni di lavoro peggiorare di più. Se al peggio non c’è limite, solo degli operai consapevoli dei loro reali interessi, e su questi disposti a dar battaglia, possono essere il limite con il quale il padrone sarà costretto a misurarsi.
A. B.

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