SUL CONTRATTO METALMECCANICO 2 – POCHI SOLDI E MAL DATI, VOTO NO

Con questi capi sindacali la condizione salariale, di sicurezza e di lavoro andrà sempre peggio
Condividi:

Con questi capi sindacali la condizione salariale, di sicurezza e di lavoro andrà sempre peggio


1. Si inizia sempre con il descrivere le difficoltà generali in cui si firma un contratto, è un modo per metter le mani avanti, anche se il risultato è misero così diventa sufficiente visto il quadro generale in cui si è sottoscritto. Ma non corrisponde al vero, se c’è una realtà che gli stessi industriali riconoscono è quella che anche in presenza di Covid19 il settore industriale che è andato meglio è quella metalmeccanico. Le fabbriche hanno tenuto aperto e lavorato.

2. Si continua rimarcando quanto erano distanti le offerte della controparte dalle nostre richieste, così si potrà sempre dire che sono loro che hanno ceduto o fatto marcia indietro. Anche se tutti sanno che è una tecnica contrattuale tenere l’offerta ai minimi possibili. Tanto per come sono ridotti gli operai, tenuti prigionieri dal collaborazionismo sindacale, i rappresentanti di Federmeccanica potevano anche offrire un euro e non avrebbero sollevato nessuna dura reazione. Con un movimento degli operai un po’ più agitato e un quadro sindacale più dignitoso sarebbero stati più attenti nell’offrire una miseria.

3. Il risultato deve avere una faccia presentabile e il burocrate sindacale, addetto all’immagine, si è inventato il risultato a tre cifre, la possibilità di scrivere e far scrivere su tutti i giornali le fatidiche righe: “ ottenuto l’aumento a tre cifre”. Così non si potrà di primo impulso, sostenere che hanno svenduto il salario operaio, ma a vedere da vicino la cifra si capisce che è solo fumo negli occhi. Sono 112 euro su una richiesta di 156, uno sconto di quasi il trenta per cento. È vero che quando si vende una merce, e in questo caso le braccia degli operai metalmeccanici, si discute sempre sul prezzo e il risultato non è mai identico alla richiesta, ma veniamo da anni di vendita a prezzi stracciati, con un salario che rispetto al costo della vita non aumenta da 20 anni. Questa volta dichiaravano, i capi sindacali, di voler recuperare il terreno perso e hanno accettato, invece, un aumento contrattuale non solo ridotto rispetto alle già basse richieste, ma diviso in quattro trance, l’ultima nel 2024 a giugno. Ogni anno a partire dal giugno del 2021 una rata.
25, 25, 27, 35 euro lorde e spacciano questo come un grande risultato. Noi la nostra merce la consegniamo oggi, per tutti i giorni. Tutta intera, tutta utilizzabile e loro l’aumento ce lo pagheranno in quattro anni. Bonomi sconfitto? Ha allungato i tempi del contratto oltre i quattro anni ed ha pagato quattro soldi.

4. Tutto il resto è contorno o ulteriore scadimento. Si raccattano qua e là bonus, mance da spendere dove vuole il padrone per presentare gonfiate le cifre degli aumenti. “Tutto fa brodo” è il conto che fa chi chiede l’elemosina, ma non si addice ad una categoria di un milione di operai che rivendica veri aumenti di salario.
Oltre al salario hanno trovato anche un’intesa sull’inquadramento, su una revisione di quello in opera dal 1973. Qui come operai dobbiamo mettere la massima attenzione, con l’inquadramento si fissano, in termini generali, le caratteristiche che deve avere la nostra forza lavoro per stabilirne il prezzo. Come ogni compratore, il padrone tende ad ottenere la massima qualità e rendimento pagandolo il meno possibile. Se nel misterioso, e oggi generico, nuovo inquadramento il terzo livello prevede, ad esempio, che devi come operaio renderti disponibile a qualunque lavoro equivalente ed a qualunque orario e devi essere intercambiabile e multifunzionale, di fatto hai sancito che una merce di qualità superiore venga pagata con un prezzo inferiore. Ci ricordiamo tutti le declaratorie fantasmagoriche che per avere il 5 livello dovevi essere un super tecnico specializzato, e per passare di livello ci voleva e ci vuole il benestare del capo? Come saranno le nuove declaratorie? Ce le faranno almeno vedere, o deve bastare che venga abolito il primo livello per dire che è una grande conquista? Quando si sa che in quasi tutte le fabbriche metal meccaniche il primo livello si superava in modo automatico.

5. La trattativa a freddo non può che portare a contratti al ribasso, qui contano le chiacchiere ai tavoli, le dichiarazioni pubbliche, le influenze politiche. Prendono peso i piagnistei degli imprenditori sulla crisi dei loro affari alla quale non credono nemmeno loro, invece i sindacalisti ci credono a tal punto da contenere le loro richieste. Alla fine, al tavolo, l’accordo garantisce al padrone di pagare il meno possibile per comprarsi la normalità produttiva, ai capi sindacali un minimo di risultato che permette loro di far scendere a zero la conflittualità e non perdere troppi iscritti. Naturalmente, senza scioperi o con qualche scialba manifestazione chi decide il livello dei possibili aumenti e le condizioni in cui sono introdotti sono i compratori, Bonomi e soci. Infatti pagano quattro briciole per altri quattro anni di contenimento salariale.

6. I sindacalisti di professione, funzionari a tempo pieno, formati nei centri studi o studenti universitari senza prospettive di lavoro, intendono il contratto come un semplice mercanteggiamento, uno scambio fra soggetti sociali sullo stesso piano. Non li sfiora nemmeno lontanamente l’idea che quello su cui contrattano è la forza lavoro di centinaia di migliaia di uomini concreti, una forza lavoro che produce un profitto per chi la impiega. Si scontrano due interessi contrapposti di cui il primo, la necessità di sempre maggiori profitti si realizza alla sola condizione di schiacciare il salario operaio. Se c’è una contrattazione dove la forza che si mette in campo conta qualcosa è quella della lotta salariale, qui gli incontri, i sotterfugi al tavolo contano ben poco, conta lo sciopero, il poter incidere sulla produzione, la resistenza in fabbrica e se fin dall’inizio si rinuncia a far esprimere la forza operaia il contratto non può che essere una fregatura, una rinuncia a difendere la sua condizione, e così è stato anche questa volta. In un anno di discussione sul contratto le riunioni e le parole spese sono state una montagna, gli scioperi, uno solo e già aveva smosso le acque.

7. Alla fine il solito referendum. Se solo si valutano i risultati e non si ci fa ubriacare dal polverone che li copre, il giudizio è NO, sono quattro soldi mal dati. Se si fa un bilancio della capacità dei capi sindacali confederali di guidare una lotta contrattuale il giudizio non può che essere negativo: sono sottomessi culturalmente e per miseri privilegi alle ragioni dei padroni. Non hanno nessun interesse a far contare la forza collettiva degli operai, non la mettono in campo, scaricano sugli operai stessi il loro opportunismo. Votare NO è sbattere in faccia a questi signori il fallimento della loro azione sindacale ed è quello che serve per dare un sostegno ad una tendenza di sindacalismo operaio che naturalmente si produrrà nel prossimo futuro. L’aumento dei prezzi nei mesi a venire, indotti dalla pandemia, renderà sempre più chiaro l’irrisorio risultato contrattuale sottoscritto in questi giorni. La necessità di riaprire la lotta sul salario si imporrà con forza e con essa una nuova coalizione operaia. Un primo passo, votare ancora ed ancora NO, pur sapendo che anche il voto si è ridotto ad un esercizio insignificante, tanto hanno già deciso che deve andare bene così.

Condividi:

Comments Closed

Comments are closed. You will not be able to post a comment in this post.