LA FIERA DI MILANO NON PRODUCE NULLA, MA FA UTILI DA CAPOGIRO

La Fiera di Milano mette in vetrina le imprese che vivono direttamente sullo sfruttamento degli operai. Per questo servizio si fa pagare tangenti da capogiro. Per rappresentare l’evoluzione della crescita economica, è uso comune fare riferimento al Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo indicatore esprime la misura del valore complessivo dei beni e servizi prodotto in un anno in un Paese. Molti economisti non lo ritengono un parametro adeguato a rappresentare realmente la ricchezza prodotta, ritenendo più corretto utilizzare indicatori più completi, come ad esempio l’Indice di Sviluppo Umano. Ma tant’è: il Pil continua ad essere considerato rappresentativo e dal […]
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La Fiera di Milano mette in vetrina le imprese che vivono direttamente sullo sfruttamento degli operai. Per questo servizio si fa pagare tangenti da capogiro.

Per rappresentare l’evoluzione della crescita economica, è uso comune fare riferimento al Prodotto Interno Lordo (PIL). Questo indicatore esprime la misura del valore complessivo dei beni e servizi prodotto in un anno in un Paese. Molti economisti non lo ritengono un parametro adeguato a rappresentare realmente la ricchezza prodotta, ritenendo più corretto utilizzare indicatori più completi, come ad esempio l’Indice di Sviluppo Umano. Ma tant’è: il Pil continua ad essere considerato rappresentativo e dal suo andamento dovrebbe dipendere lo stato dell’economia nazionale. In Italia per il 2019 si prevede un Pil prossimo allo zero e questo ha dato motivo agli industriali per scatenare i propri organi di informazione, chiedere a gran voce l’intervento dello Stato per attivare i cantieri delle grandi opere, garantire le commesse e gli incentivi alle loro disastrate imprese.

In realtà il Pil è solo un indicatore. Ci racconta dell’andamento generale di un’economia facendo delle medie, ma nulla ci dice su quanto le singole realtà produttive hanno realizzato nell’arco dell’anno. Può succedere quindi che ad un PIL negativo corrispondano per alcune imprese, performance più che positive, in decisa controtendenza.

Alla luce di queste considerazioni, forse i padroni delle industrie oltre che rivolgere costantemente le loro armi contro gli operai farebbero bene a guardarsi le spalle dai loro stessi fratelli.

Infatti, per dirla con Marx, “il capitalista che estrae direttamente dagli operai lavoro non retribuito e lo fissa in merci, è sì il primo ad appropriarsi di questa ricchezza, ma non è affatto l’ultimo suo proprietario. Deve in un secondo tempo spartirlo con capitalisti che compiono altre funzioni nel complesso generale della produzione sociale.” In altre parole, deve dividere il furto perpetuato ai danni degli operai con i commercianti che venderanno il suo prodotto, con le banche, con lo Stato e le sue imposte. O con altri industriali che permettono alle loro merci di essere conosciute e vendute nella sfera della circolazione. A volte la voracità di questi altri soggetti lascia ben poco al bottino realizzato dagli estorsori diretti.

È il caso ad esempio del sistema fieristico di Milano. Una struttura che serve alle imprese per mettersi in mostra, farsi conoscere dal grande pubblico. Il gruppo Fiera Milano – un milione e duecentomila metri quadri di spazi espositivi, oltre 20 mila clienti all’anno per 70 manifestazioni – ha chiuso il 2018 con un dato clamoroso. L’utile netto è stato di 18,6 milioni di euro. Il dato è ancora più eclatante se confrontato con l’esercizio 2017, dove l’utile si era fermato a soli 1,7 milioni.  La crescita è stata così del 994,1%!

Ma Fiera di Milano non produce nulla. Espone soltanto l’immagine. Promuove le imprese che al loro interno distillano ogni giorno la ricchezza dalla pelle degli operai. I 18.6 milioni di euro provengono da quella concia. Rappresentano la tangente sul profitto che Fiere di Milano si fa pagare per soddisfare l’esigenza di apparire delle imprese e la cresta ha raggiunto ormai livelli a dir poco impensabili. Il Consiglio di Amministrazione di Fiera Milano, sulla spinta di questi risultati, ha proposto agli azionisti la distribuzione di un dividendo lordo di 0,13 euro per ogni azione ordinaria, corrispondente ad un totale di circa 9,23 milioni di euro. Una vera fortuna ricavata senza sporcarsi le mani un solo giorno all’interno del processo produttivo.

A chi finirà tutta questa ricchezza? La proprietà di Fiera Milano è per il 64% detenuta dalla Fondazione omonima. Il resto è suddiviso tra Camera di Commercio 6.5% e per il 28% da una miriade di piccoli e grandi investitori privati. A guidare la Fondazione negli ultimi 20 anni e a spartirsi la torta, si sono alternati i politici dei partiti nazionali che l’hanno utilizzata come cassaforte da cui attingere risorse per le loro spese, mentre il movimento cattolico di Comunione e Liberazione allungava i sui tentacoli su aziende, appalti e sanità. Fiera Milano: una vera gallina dalle uova d’oro. Ricordiamocelo quando ci raccontano che per noi la coperta è sempre più corta

F. A.

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