PER IL PARTITO OPERAIO

Ripubblichiamo uno scritto (da Operai e Teoria n° 0 del gennaio 1978) già pubblicato su questo giornale nel 2014. Il centenario della rivoluzione di ottobre rimette in primo piano l’importanza della costruzione del partito politico degli operai. Scrivevamo nel Gennaio 1978 Mentre negli ultimi dieci anni le classi e gli strati non più rappresentati dai vecchi partiti hanno potuto costituire le loro organizzazioni — e lo hanno fatto in nome della classe operaia — gli operai rivoluzionari non hanno potuto che disperdersi alla coda dell’una o dell’altra. Che in Italia solo il proletariato non si sia organizzato in partito, […]
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Ripubblichiamo uno scritto (da Operai e Teoria n° 0 del gennaio 1978) già pubblicato su questo giornale nel 2014. Il centenario della rivoluzione di ottobre rimette in primo piano l’importanza della costruzione del partito politico degli operai.

Scrivevamo nel Gennaio 1978
Mentre negli ultimi dieci anni le classi e gli strati non più rappresentati dai vecchi partiti hanno potuto costituire le loro organizzazioni

— e lo hanno fatto in nome della classe operaia

— gli operai rivoluzionari non hanno potuto che disperdersi alla coda dell’una o dell’altra.

Che in Italia solo il proletariato non si sia organizzato in partito, che tocchi al proletariato imporsi sulla scena politica, che occorra ristabilire l’indipendenza dei suoi interessi immediati e storici, è solo una prima ma necessaria costatazione se vogliamo formulare un progetto di organizzazione che sugli interessi di classe fondi la sua ragione di costituirsi e agire.
Diamo qui per scontato che il Pci è un partito borghese che agisce come pilastro del sistema capitalistico, sostenitore degli interessi di settori di aristocrazia operaia, di piccola e media borghesia, che possono realizzarsi nella misura in cui si sviluppa l’imperialismo italiano e la sua incidenza nel mercato mondiale. Ha diretto interesse allo sfruttamento della classe operaia; quando entra in collisione con altri partiti borghesi la lotta è tutta interna ad una migliore razionalizzazione del sistema, ad una nuova spartizione del potere, ad una più razionale divisione fra le classi intermedie della ricchezza sociale estorta agli operai. Per questi motivi diamo per acquisito il fatto che esso non rappresenti più in alcun modo gli interessi del proletariato.
La nostra attenzione è rivolta a quello che è stato definito “movimento rivoluzionario”, alle organizzazioni alla “sinistra del Pci” (adottiamo qui questi termini perché sono di uso corrente e non perché corrispondano ad effettive posizioni nella lotta di classe): fra queste all’interno del cosiddetto movimento si sono sviluppati progetti, lotte, indicazioni che avrebbero dovuto guidare il proletariato sulla strada della sua emancipazione, che avrebbero dovuto aprire il cammino ad un processo rivoluzionario: così non è stato ed è da qui che bisogna cominciare a fare i conti.

In allegato l’intero articolo        Per l’organizzazione

 

La redazione

 

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