Torino, rientra in fabbrica dopo il trapianto di fegato e viene licenziato

Redazione di Operai Contro, ormai i licenziamenti dilagano. Dopo la liberta di licenziamento individuale concessa da Renzi ai padroni. Dopo i licenziamenti collettivi concordati tra sindacati e padroni. Dopo la sentenza della cassazione dei licenziamenti per difendere i profitti. Ora il licenziamento dell’operaio Antonio Forchione. Un operaio dalla Repubblica Quando è tornato in fabbrica, otto mesi dopo un trapianto di fegato, non ha più trovato il posto di lavoro. Antonio Forchione, 55 anni, operaio della Oerlikon Graziano di Rivoli-Cascine Vica, lunedì ha ricevuto la lettera di licenziamento: “Non posso più svolgere la mia mansione precedente, l’azienda non ha trovato […]
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Redazione di Operai Contro,

ormai i licenziamenti dilagano. Dopo la liberta di licenziamento individuale concessa da Renzi ai padroni. Dopo i licenziamenti collettivi concordati tra sindacati e padroni. Dopo la sentenza della cassazione dei licenziamenti per difendere i profitti. Ora il licenziamento dell’operaio Antonio Forchione.

Un operaio

dalla Repubblica

Quando è tornato in fabbrica, otto mesi dopo un trapianto di fegato, non ha più trovato il posto di lavoro. Antonio Forchione, 55 anni, operaio della Oerlikon Graziano di Rivoli-Cascine Vica, lunedì ha ricevuto la lettera di licenziamento: “Non posso più svolgere la mia mansione precedente, l’azienda non ha trovato nulla da farmi fare e mi ha mandato via”, spiega l’addetto torinese. I suoi colleghi hanno reagito oggi con uno sciopero di due ore su tutti i turni, proclamato da Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil. L’adesione è stata molto alta. Hanno scioperato anche i lavoratori della fabbrica di Luserna San Giovanni, nel Torinese.

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La Oerlikon Graziano ha circa 700 dipendenti a Rivoli, oltre 1.500 in Italia. Antonio era uno di loro. Un buon operaio, volenteroso: “Ho sempre fatto i tre turni senza lamentarmi”, racconta. La sua vita è cambiata circa un anno fa, quando i medici gli hanno diagnosticato un brutto male al fegato: “Mi avevano dato sei mesi di vita. Poi ho subìto un trapianto e l’operazione è andata bene”, dice. A gennaio, dopo sei mesi di mutua, avrebbe voluto rientrare, anche se i medici si erano raccomandati di evitare di respirare polveri e fumi vari: “L’azienda mi ha suggerito di mettermi in ferie, così ho smaltito i giorni che avevo a disposizione. Lunedì sono tornato al lavoro, ma mi hanno detto che il posto per me non c’era più. Ma io avrei accettato anche un demansionamento”, spiega l’operaio torinese.

“C’erano tutte le condizioni per trovare una soluzione, ma da parte dell’azienda non c’è stata la volontà”, accusa Gianni Mannori della Fiom. E spiega: “I rappresentanti sindacali sono stati informati a licenziamento già avvenuto. La protesta è stata indetta anche perché è il terzo caso simile, dopo quelli quelli che hanno riguardato due delegati Fiom negli stabilimenti di Bari e di Sommariva Bosco”.

Antonio Forchione farà causa per ottenere un risarcimento e spera che il tribunale gli riconosca un indennizzo tale da consentirgli di agganciare la pensione, tra cinque anni. Dice di essersela presa, ma non più di tanto: “Sono convinto che il giudice mi darà ragione, ma mi auguro che una cosa del genere non succeda mai più: se mi fosse capitato dieci anni fa non avrei avuto nessuna speranza di andare in pensione”.

“Il licenziamento del lavoratore torinese, al suo ritorno in fabbrica dopo un trapianto di fegato, è indegno”. Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “Si tratta – spiega – di un gesto riprovevole, che non ha alcuna possibile spiegazione se non quella di un tipo di gestione aziendale irresponsabile. Nel licenziare Antonio Forchione, al quale va tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà, la Oerlikon ha dimostrato di non tener conto dei più elementari diritti dei lavoratori. Ci auguriamo dunque che l’azienda ritorni sui suoi passi e si sforzi di trovare una soluzione adeguata alle attuali condizioni fisiche del lavoratore, dal momento che quello dell’azienda è in questo caso un comportamento discriminatorio. Bene, dunque, hanno fatto – conclude Damiano – le organizzazioni a indire uno sciopero di due ore su tutti i turni. Oltre che un gesto utile a spingere l’azienda a rivedere la sua decisione, i lavoratori hanno compensato con la loro solidarietà la vergognosa mancanza di umanità di cui si è macchiata la Oerlikon”.

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