Oh, guarda: il protezionismo

Redazione di Operai contro, Tra Ue e Stati Uniti le tensioni commerciali e i protezionismi da un po’ di tempo si moltiplicano. I casi della Apple multinazionale Usa accusata dalla commissione Ue di non pagare le dovute tasse in Europa, o della tedesca Deutsche Bank crollata in Borsa a seguito delle multe statunitensi per l’attività sui derivati americani, sono solo gli ultimi casi di questo conflitto commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. Sembra appartenere a un altro secolo ormai tramontato la teoria del grande e inarrestabile sviluppo economico attraverso il libero scambio. Dove sono finite tutte le chiacchiere sui […]
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Redazione di Operai contro,

Tra Ue e Stati Uniti le tensioni commerciali e i protezionismi da un po’ di tempo si moltiplicano. I casi della Apple multinazionale Usa accusata dalla commissione Ue di non pagare le dovute tasse in Europa, o della tedesca Deutsche Bank crollata in Borsa a seguito delle multe statunitensi per l’attività sui derivati americani, sono solo gli ultimi casi di questo conflitto commerciale tra le due sponde dell’Atlantico.

Sembra appartenere a un altro secolo ormai tramontato la teoria del grande e inarrestabile sviluppo economico attraverso il libero scambio. Dove sono finite tutte le chiacchiere sui trattati internazionali di libero commercio e la libera circolazione nel mondo delle merci?

Il Corriere Economia del 3 ottobre scorso si interroga se una nuova epoca di protezionismo commerciale si stia invece affacciando nel ciclo economico del capitalismo, così come, aggiungiamo noi, ogni volta è accaduto quando è scoppiata la crisi. Lo fa ponendo delle domande precise a un giudice Antitrust americano, Frank Easterbrook. Il quale risponde con una semplicità disarmante: «Certamente e lo abbiamo visto più volte. Antitrust e iniziative contro il dumping sono usate spesso dalla politica in funzione di difesa protezionista dei propri elettori. Negli Stati Uniti è diventata una vera patologia. Ma ho l’impressione che non sia una deriva solo americana. È da evitare. Ma non so come evitare che i politici non si comportino così».

Il nostro pensiero corre veloce alle varie campagne contro le merci cinesi e alle misure protezionistiche europee invocate con la scusa del dumping, le manifestazioni a Bruxelles e gli interventi dei padroni italiani sui politici europei. Eppure in quella occasione nessuno, non certo Il Corriere, interpellò alcun esperto Antitrust e si chiese se non si trattava semplicemente di protezionismo, e di “una deriva che i politici dovrebbero evitare”, anzi. Il protezionismo strisciante nei confronti ad esempio dell’acciaio cinese è passato come se nulla fosse. Il giudice e il Corsera dovrebbero denunciarne al mondo intero le “ambigue” campagne antidumping che sono invero di cartello e protezioniste.

Ora Easterbrook e il Corriere si dicono allarmati che il protezionismo si attui tra Usa ed Europa. A noi sembra soltanto, invece, il più conseguente sviluppo dello stesso principio, solo che ora avviene tra gli stessi che prima lo invocavano nei confronti di Russia, Cina o Brasile. E non bastano certo, a scongiurare il pericolo protezionista che tanto ha funestato l’inizio del secolo scorso, con tanto di conseguenti guerre guerreggiate, i pii desideri di un giudice antitrust che non si capacita che capi di Stato e rilevanti politici non incorrano negli stessi atteggiamenti del passato.

R.P.

l’articolo del corriere

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