MA E’ DAVVERO RIDUZIONE D’ORARIO? A PARITA’ DI SALARIO?

Saip di Opera (MI): dalla TV, ai giornali, ai sindacalisti è venuta la moda di entusiasmarsi per questi accordi aziendali dove gli operai otterrebbero una riduzione reale dell'orario di lavoro senza ridurre il salario. Ma è veramente così?
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Saip di Opera (MI): dalla TV, ai giornali, ai sindacalisti è venuta la moda di entusiasmarsi per questi accordi aziendali dove gli operai otterrebbero una riduzione reale dell’orario di lavoro senza ridurre il salario. Ma è veramente così?

Alla Saip di Opera in provincia di Milano, piccola azienda del settore oleodinamico con circa 50 dipendenti, è stato firmato un accordo tra la Fiom di Milano e il padrone che prevede una riduzione di orario a parità di salario.
Questo accordo ha dato modo ai giornali sia locali che nazionali di enfatizzare questa intesa: Meno ore, stesso stipendio. E permessi per accudire i familiari“ Il Giorno del 15 dicembre, “Meno ore di lavoro a parità di stipendio: la sorpresa natalizia per i dipendenti della Saip di Opera: Più tempo per famiglia e vita privata” La Repubblica del 13 dicembre. Ma è proprio sicuro che sia realmente un risultato positivo per gli operai della Saip di Opera?
È vero che sarebbe necessario avere in mano l’accordo sottoscritto per analizzarlo e capire bene tutti gli inghippi, ma, limitandoci a quanto scritto e propagandato dai giornali, nella realtà l’accordo non sembrerebbe essere tutto rosa e fiori per gli operai Saip.
Infatti, da quanto si legge, a parte l’esaltazione dell’ “usufruire di 20 ore di permessi aggiuntivi a quelli già previsti dal contratto nazionale per visite mediche per sé, o per accompagnare i propri familiari”, sembrerebbe che, passando dalla giornata di otto ore (8.00 12.00-13.00 17.00) alla lavorazione a turni, sparisca di fatto la pausa mensa e le pause fisiologiche vengano ridotte. Infatti il responsabile della produzione, in una dichiarazione al tg3 delle 19.00 del 20 dicembre, ammetteva la riduzione delle pause ma esaltava il fatto che gli operai, nel passaggio alla lavorazione a turni, avrebbero avuto più tempo per vivere meglio.
Chi ha fatto una vita il turnista sa per esperienza che alzarsi all’alba alle 5 di mattina per andare in fabbrica non è affatto un privilegio, anzi è proprio una condanna!

La FIOM di Milano per bocca del funzionario tiene a precisare che: “Chi lavorerà nei due turni passerà 35 ore in azienda, mentre per chi farà il turno centrale l’orario di lavoro sarà di 38 ore settimanali. La riduzione oraria sarà in parte ottenuta utilizzando i permessi retribuiti e in parte sarà a carico dell’azienda“.
Già il fatto che la riduzione di orario verrà ottenuta in parte attingendo dai PAR (permessi annui retribuiti) non sembra essere proprio a parità di salario anzi, parte della riduzione è proprio a carico dell’operaio, quindi che la smettessero di chiamare a parità di salario un accordo che in sostanza non lo è. Secondariamente il nuovo orario per i turnisti sarà: 6-13 e 13- 20, quindi 7 ore filate senza pausa mensa e con le pause fisiologiche tagliate, come ammesso dallo stesso responsabile della produzione della Saip.
Contravvenendo all’articolo 8, co.2 D.L.GS n 66/2003 che regolamenta la pausa pranzo e stabilisce che la stessa: 1) va riconosciuta al dipendente il cui orario di lavoro superi le 6 ore giornaliere; 2) deve essere obbligatoriamente fruita dopo un massimo di 6 ore di attività lavorativa ininterrotta; 3) non deve mai essere inferiore alla mezz’ora.
Supponiamo per un momento che il padrone avendo una considerevole necessità produttiva avesse la necessità di introdurre una normale turnazione di due turni: 6.00-14.00, 14.00-22.00, senza nessuna riduzione di orario; dovrebbe pagare agli operai turnisti una maggiorazione turni del 15% che scatterebbe dopo 12 ore dall’inizio del primo turno; se si inizia alle 6.00 del mattino la maggiorazione turni scatterà dalle 18.00 fino alle 22.00. Quindi, il padrone, con l’introduzione di questo tanto decantato accordo sulla riduzione di orario a parità di salario, risparmia un bel po’ di quattrini; risparmia sulla mancata erogazione della mensa; risparmia sulla maggiorazione turni; ha una produzione che gli consente di spremere gli operai per ben 7 ore di fila con le pause tagliate e si prende delle ore (quindi salario) di PAR dalle tasche degli operai.
Probabilmente questo accordo farà da apripista ad accordi sulla riduzione di orario a parità di salario e, questi accordi, saranno sempre più al ribasso per gli operai.
Ora? A chi conviene questo accordo? Agli operai o al padrone?
D.C.

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