ONORE AL CATTIVO MAESTRO

Oggi avevamo il dovere di difenderlo dagli attacchi velenosi dei suoi detrattori, vogliono con lui seppellire l’autonomia degli operai ma essa è insopprimibile.
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Oggi avevamo il dovere di difenderlo dagli attacchi velenosi dei suoi detrattori, vogliono con lui seppellire l’autonomia degli operai ma essa è insopprimibile.

Toni Negri è morto a Parigi sabato 16 dicembre, all’età di 90 anni. Il Ministro della Cultura, Sangiuliano, lo ha subito omaggiato con il titolo di cattivo maestro anche se ha dovuto riconoscere il suo valore come intellettuale pensando così, assieme a tanti altri, di sotterrarlo definitivamente col marchio di una funzione spregevole. Due sono i contenuti della sua azione teorica e pratica che gli vengono rinfacciati dagli uomini di governo e dai loro soci politici ed anche dai giornalisti che non sanno di cosa stiano parlando: la centralità degli operai nella rivoluzione sociale e l’uso della forza che questi, per spaventare i perbenisti, riducono a violenza pura. Quello che non è accettabile agli occhi ed alle orecchie di questi detrattori è che la funzione storica dell’insorgenza operaia non viene dalla rabbia individuale di qualcuno ma è stata, dal cattivo maestro, fondata teoricamente attraverso lunghi studi e che l’uso della forza, “della violenza”, per emanciparsi dalla condizione di sottomissione delle classi subalterne è un risultato e un’azione storica innegabile. Il professore universitario, anche se formato nelle alte scuole della cultura dominante, ne è uscito criticamente, ha voluto e saputo esprimere queste posizioni, sostenerle pubblicamente e promuovere forme organizzative corrispondenti. Questo andare contro il potere costituito, questo tentativo di cogliere nella società le forze per il suo capovolgimento non poteva essere sopportato anche perché aveva assunto la forma teorica che un intellettuale del suo livello poteva dargli. Così, addosso al cattivo maestro, montature poliziesche, galera ed esilio volontario. Siccome loro, i borghesi al potere, ne hanno fatto un simbolo, il simbolo del più grande pericolo che potevano correre, quello di perdere la possibilità di sfruttare gli operai per arricchirsi, perdere il potere, in sintesi coglievano e colgono il pericolo insito nello stessa enunciazione del potere operaio, che fu titolo e programma della rivista fondata, con altri, da Toni Negri e visto che ancora, dopo morto, il loro astio non si calma, noi come operai lo salutiamo come uno dei nostri cattivi maestri e lo onoriamo. I buoni maestri, quelli che insegnano che dobbiamo ringraziare il padrone che ci fa lavorare, che lo Stato è il nostro Stato mentre ci reprime ad ogni nostra seria protesta, i buoni maestri che ci raccontano che piano piano, lentamente le nostre condizioni di lavoro e di vita miglioreranno mentre in rapporto alla ricchezza che produciamo diventiamo sempre più poveri, questi buoni maestri se li possono tenere stretti e ben pagare, per noi schiavi a salario sono un pericolo. Incontrammo Toni Negri a casa di Leonetti e della Fiorani a Milano più di 40 anni fa, noi eravamo un gruppo di giovani operai del PCLM e la discussione si svolse sulla possibilità di unificare la nostra azione con quella dell’Autonomia Operaia, elaborammo assieme anche dei volantini da distribuire alle fabbriche, ma quasi subito si manifestò un profondo dissenso, lui andava verso il superamento della funzione essenziale degli operai di fabbrica, non abbandonava la centralità operaia ma allargava il concetto ad altri strati sociali, alla piccola borghesia rovinata dalla crisi, rabbiosa, all’operaio sociale, al siamo tutti proletari. Con questa prospettiva convinse anche i Leonetti- Fiorani ma noi non li seguimmo. Per noi si trattava di puntare sulle fabbriche, di costituire lì un partito indipendente degli operai, se mai una rivoluzione per il potere operaio doveva e può prodursi questa o sarà operaia o non sarà che un ritorno al passato. Anche perché l’allargamento del concetto di operaio sociale metteva in discussione l’estorsione di plusvalore come caratteristica propria del rapporto fra operaio e capitale nell’industria moderna. Il problema teorico della differenza fra lavoratore produttivo e lavoratore improduttivo per il capitale complessivo diventava determinante. Noi seguendo il Manifesto Comunista del capo dei cattivi maestri, Marx, tornammo a combattere la guerra sotterranea giornaliera fra operai e padroni, fra operai e potere del capitale che si combatte in ogni angolo del mercato mondiale, noi fondammo il giornale Operai Contro, lui seguì un’altra strada. Oggi avevamo il dovere di difenderlo dagli attacchi velenosi dei suoi detrattori, vogliono con lui seppellire l’autonomia degli operai ma essa è insopprimibile.

E.A.

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