DAL TEATRO DELLA SCALA AL CPR DI VIA CORELLI: SOLO 6 KM

Il 7 dicembre la borghesia milanese, boriosa e pacchiana, assiste alla prima al Teatro della Scala, negli stessi giorni al CPR di via Corelli si scopre che i migranti prigionieri vengono trattati come bestie. Questo è il grado di civiltà che può vantare il loro sistema.
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Il 7 dicembre la borghesia milanese, boriosa e pacchiana, assiste alla prima al Teatro della Scala, negli stessi giorni al CPR di via Corelli si scopre che i migranti prigionieri vengono trattati come bestie. Questo è il grado di civiltà che può vantare il loro sistema.

Caro Operai Contro, mentre un “campione” della “Milano bene” e non solo, festeggia il 7 dicembre alla Scala l’annuale varo della stagione lirica, rinnovando i fasti di una borghesia che autocelebrandosi vorrebbe fermare la Storia che ne decreta la fine; nel Cpr a 6 km lì vicino – così ha rilevato l’indagine – ai migranti venivano riservati cibi avariati con la presenza di vermi, numerosi e vivaci come si vede dalle immagini del telegiornale.
Per “condizioni sotto il livello della dignità umana”, la Procura di Milano ha richiesto il commissariamento del Cpr (Centro di permanenza per i rimpatri) di via Corelli.
La guardia di Finanza ha portato ufficialmente in luce le micidiali condizioni che i migranti subiscono nel Cpr di via Corelli. Condizioni analoghe ai Cpr in tutto il paese, ma dalle indagini sembrerebbe proprio che Milano sia all’avanguardia, con il primato dell’economia che gli viene attribuito.
Le Associazioni operative in questo campo da anni denunciano e ne chiedono la chiusura, poco o niente ascoltate dalle istituzioni e dai media.
Stavolta non potendo però ignorare l’indagine della Procura, il Consiglio comunale di Milano si è affrettato con un ordine del giorno a chiedere “al ministro dell’Interno e a tutte le istituzioni competenti di procedere con l’immediata chiusura del Cpr”.
Una richiesta che, se per un verso serve loro a mettersi in pace la coscienza, va a cozzare contro le dichiarazioni della Meloni che, sempre nell’ottica dei rimpatri, vuole allestire un Cpr in ogni regione, in tal caso gli attuali 9 salirebbero a 20.
Ben sapendo che ogni anno il numero dei rimpatri è irrisorio, per il semplice motivo che i governi dei paesi di provenienza dei migranti, non vogliono fare accordi con il governo italiano, per costringere a rientrare chi cerca (rischiando la vita nel viaggio) un’alternativa alla miseria più nera, o alla fame, o alla guerra.
Il mondo dell’informazione ha reagito allo “scandalo” annunciato di via Corelli, relegando comunque la notizia alla stregua di un fatto episodico, una smagliatura di poco conto. Nel giro di 24 ore (salvo rare eccezioni) ha fatto sparire con la gravità della notizia, ogni suo chiarimento, risvolto e approfondimento.
Resta il fatto che nella Milano degli affari e del “bosco verticale”, ai migrati reclusi nei Cpr il trattamento loro riservato ricorda da vicino quello dei lager in Libia.
Emblematico per non dire peggio, un passaggio di un articolo dell’inserto Milano di Repubblica del 3 dicembre: “le visite mediche erano superficiali, non c’era attenzione particolare alle vittime di tortura o di violenza tanto che era stata richiesta la collaborazione con un servizio psichiatrico perché le persone con un disagio mentale venissero curate con tempestività”.
Oltre il cibo scaduto, quando non maleodorante e visibilmente avariato, dall’indagine si apprende di trattamenti disumani, riscaldamento carente, stanze putride. Assistenza sanitaria negata, materassi rotti e sporchi, mancanza di medicine, abusiva e massiccia somministrazione di psicofarmaci. Assenza di ambienti di socialità e spazi per l’attività fisica, condizioni di ozio forzato, niente attività ricreativa e formativa, impossibilità di comunicare con l’esterno.
Questa la tragica realtà dei Cpr che la Meloni in tutto il paese vorrebbe portare da 9 a 20. Con il suo governo ha di recente stretto accordi con il governo albanese per deportare in quel paese un numero imprecisato di immigrati, ennesimo atto razzista nei loro confronti, nonché azione di propaganda a spese dei contribuenti.
A questo proposito numeri del governo alla mano, deportare i migranti in Albania costa 10 volte di più che tenerli in Italia. Ma per la Meloni e i suoi fiancheggiatori, l’importante è dimostrare ai razzisti che, in tutti i modi e in tutte le salse, fa di tutto per liberarsi dei migranti, dopo il fallimento dell’accordo con il governo di Tunisi per “non farli partire”, il fallimento di “fermarli in mare” e quello di “aiutarli a casa loro”, con l’inesistente “piano Mattei” altro spot acchiappa-creduloni della Meloni.
Ricordiamo alla Meloni che migranti non sono essere umani di “seconda scelta”. Non lasciano il paese d’origine per finire in lager o essere bollati come “clandestini”, perché questo sistema sociale, complice il governo, possa tenerli ai margini, sotto schiaffo e ricattati con salari irrisori, improponibili abitazioni fatiscenti o affitti impossibili.
Saluti Oxervator.

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