ALTRO CHE CESSARE IL FUOCO. NETANYAHU SPARA SUGLI AIUTI UMANITARI

Il fatto ha sollevato in tutto il mondo un’ondata di indignazione che però non ha modificato di una virgola l’azione militare del governo israeliano contro i palestinesi. Si conferma che il buon cuore, le buone parole, le carte dei diritti internazionali in questi casi servono a niente. Si conferma ancora che l’unica possibilità di fermare i governi imperialisti, le aggressioni di cui sono capaci, passa attraverso il loro rovesciamento “in patria” e nella capacità armata dei popoli oppressi di resistere e batterli militarmente. Non solo sostegno pieno ai palestinesi, ma sostegno ad ogni protesta in Israele contro il governo di Netanyahu augurandoci che dalle manifestazioni contenute si passi a qualcosa di più consistente e radicale. E’ più facile chiedere cibo per i “poveri palestinesi”, molto più complicato sostenere che hanno bisogno di organizzarsi per la resistenza all’esercito invasore, con ogni mezzo a Gaza e in Cisgiordania, per fermare la colonizzazione forzata, per non dare libertà di azione a chi vuol cancellare un popolo semplicemente sterminandolo.
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Il fatto ha sollevato in tutto il mondo un’ondata di indignazione che però non ha modificato di una virgola l’azione militare del governo israeliano contro i palestinesi. Si conferma che il buon cuore, le buone parole, le carte dei diritti internazionali in questi casi servono a niente. Si conferma ancora che l’unica possibilità di fermare i governi imperialisti, le aggressioni di cui sono capaci, passa attraverso il loro rovesciamento “in patria” e nella capacità armata dei popoli oppressi di resistere e batterli militarmente. Non solo sostegno pieno ai palestinesi, ma sostegno ad ogni protesta in Israele contro il governo di Netanyahu augurandoci che dalle manifestazioni contenute si passi a qualcosa di più consistente e radicale. E’ più facile chiedere cibo per i “poveri palestinesi”, molto più complicato sostenere che hanno bisogno di organizzarsi per la resistenza all’esercito invasore, con ogni mezzo a Gaza e in Cisgiordania, per fermare la colonizzazione forzata, per non dare libertà di azione a chi vuol cancellare un popolo semplicemente sterminandolo.

Caro Operai Contro, portavano nella Striscia di Gaza medicine, pasti caldi, 109 tonnellate di cibo in un corridoio umanitario, con tutte le autorizzazioni riconosciute da Israele stessa.
“L’uccisione mirata da parte di Israele degli operatori umanitari della Ong Wck (World central kitchen) non è un tragico incidente, come affermato dai funzionari israeliani, ma il culmine di problemi normativi che risalgono a decenni fa”.
Così scrive il 3 aprile Itay Epshtain l’analista in politiche umanitarie, consigliere speciale di Nrc (Norwegian Refugee Council), citando episodi simili degli anni scorsi, compiuti dall’esercito israeliano nei territori palestinesi.
Altro che “incidente” come vorrebbe far credere Netanyahu! E’ la continuità del ricatto alimentare che Israele attua da 40 anni nei Territori occupati, come descrivono 2 studiose americane (Neve Gordon e Muna Haddad) sulla rivista statunitense “The New York Review”, in un articolo intitolato: “La strada verso la carestia”, riassunto dal quotidiano “La Stampa” del 4 aprile, da cui riprendiamo alcune parti.
«Per decenni – scrivono le studiose – Israele ha sistematicamente danneggiato la capacità della Striscia di produrre i propri generi alimentari, diminuendo il suo accesso all’acqua potabile e al cibo nutrizionale».
Nel 2000, dopo la seconda Intifada, Israele ha limitato progressivamente la circolazione di persone e merci, distrutto fattorie, raso al suolo terreni agricoli, sradicato alberi, consolidato il controllo aereo e marittimo tanto che due anni dopo il “British Medical Journal”, riferì che il numero di bambini a Gaza affetti da malnutrizione era raddoppiato in meno di 24 mesi.
Nel 2005 Israele ha smantellato gli insediamenti nella Striscia, circondandola di basi militari e creando una zona cuscinetto che ha divorato e eroso altri terreni agricoli palestinesi poi, nel 2007, quando Hamas ha vinto le elezioni e preso il potere, Israele ha imposto un blocco totale, limitando il carburante, l’elettricità e consentendo l’accesso solo ai beni essenziali alla sopravvivenza, un esempio: la quota di carne fresca per l’intera popolazione era fissata a trecento vitelli alla settimana.
Nel 2012, dopo una battaglia legale di tre anni e mezzo dell’organizzazione per i Diritti Umani Gisha, il governo israeliano è stato costretto a pubblicare un documento confidenziale del 2008 in cui descriveva «le linee rosse per il consumo di cibo nella Striscia di Gaza», mentre il governo guidato dall’allora primo ministro Ehud Olmert inaspriva le restrizioni alla circolazione di mezzi e persone. Il documento calcolava il numero minimo indispensabile di calorie per l’intera popolazione di Gaza, per capire a quanti tir consentire l’accesso.
Nel 2022 l’Unrwa (agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi) ha fornito cibo a più di un milione di rifugiati a Gaza, quattordici volte di più rispetto al 2000, scrivono Gordon e Haddad. A fine 2022, l’81% dei rifugiati nella Striscia viveva al di sotto della soglia di povertà, l’85% delle famiglie acquistava cibo dagli scarti dal mercato e più di tre quarti delle famiglie stavano riducendo sia il numero di pasti giornalieri sia la quantità di cibo in ciascun pasto.
Da ben prima che Hamas attaccasse Israele il 7 ottobre, la crisi umanitaria a Gaza era nota a tutti. Già prima il cibo che entrava nella Striscia era ampiamente insufficiente.
Il 1° aprile 2024, le Nazioni Unite hanno diffuso l’ennesimo appello per chiedere di sbloccare l’accesso degli aiuti umanitari, appello che fa seguito agli ordini della Corte Internazionale di Giustizia (Icj) che ha chiesto a Israele di rispettare i suoi obblighi come firmatario della Convenzione sul genocidio e aprire i valichi di frontiera per consentire l’ingresso di aiuti sufficienti nell’enclave.
Oggi, a quasi sei mesi dal 7 ottobre, a Gaza sono morte oltre 32 mila persone, più di 13 mila bambini. I feriti sono 75 mila, tre quarti delle infrastrutture civili sono distrutte o danneggiate e il 75% della popolazione ante
guerra della Striscia, cioè un milione e settecentomila persone, è sfollata dalle proprie abitazioni.
I palestinesi continuano a morire sotto le bombe, oppure mentre cercano di sfamarsi.
L’attacco del 2 aprile in cui sono morti 7 operatori umanitari, è stato fatto con millimetrica precisione dall’esercito israeliano, lanciando 3 missili contro 3 convogli. Sono oltre 200 gli operatori umanitari finora uccisi, (174 dell’Onu) 161 strutture dell’Onu colpite e centinaia di civili uccisi che proprio li dentro cercavano riparo.
Mentre il governo Meloni nell’ultimo trimestre ha dato a Israele “armi e munizioni” per 2,1 milioni di euro, se ne guarda bene dal condannare l’attentato contro gli operatori umanitari, Israele ha momentaneamente raggiunto lo scopo: 3 organizzazioni umanitarie hanno sospeso gli aiuti. Come dice l’Amministratore della Wck, Erin Gore: «Questo non è solo un attacco contro il Wck, è un attacco alle organizzazioni umanitarie che si presentano nelle situazioni più terribili in cui il cibo viene utilizzato come arma di guerra. E questo [per Israele, ndr] è imperdonabile».
Saluti Oxervator

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