CINQUE “SÌ” PER UN QUORUM CONTRO!

Il gioco delle tre carte della Meloni, farsi vedere al seggio, esibire la tessera elettorale e non ritirare le schede. Una pagliacciata per coprire la scelta di astenersi senza dichiararlo. Una prova in più di quanto questa volta sia necessario per gli operai e i lavoratori poveri in controtendenza andare a votare.

Il gioco delle tre carte della Meloni, farsi vedere al seggio, esibire la tessera elettorale e non ritirare le schede. Una pagliacciata per coprire la scelta di astenersi senza dichiararlo. Una prova in più di quanto questa volta sia necessario per gli operai e i lavoratori poveri in controtendenza andare a votare.

Caro Operai Contro, per sabotare il raggiungimento del quorum, la Meloni non si è limitata a dire di astenersi come han fatto La Russa, Salvini e Tajani. Man mano che si avvicina la data dei referendum, il governo teme che l’indicazione di astenersi esalti la sua paura rispetto i referendum stessi, scatenando con ciò l’ira degli astensionisti che stavolta recandosi a votare in massa – perché chiamati a esprimersi su 5 punti ben chiari, non su fumose deleghe in bianco o peggio – farebbero raggiungere con il quorum, la vittoria dei 5 SÌ.
La frase della Meloni: “vado a votare ma non ritiro la scheda” – in pratica si astiene – esprime anche il timore che la sola indicazione di “astenersi” ai 5 referendum, contribuisca ad allontanare dai seggi anche gli elettori di destra, chiamati nella stessa data a votare per lo “spareggio” delle elezioni amministrative.
La strizza del governo di perdere la sfida sui 5 referendum, è evidente innanzitutto nella scelta del profilo basso che ha tenuto, per non dire silente. Non avendo argomentazioni spendibili alla luce del sole, il governo ha evitato di chiamare al voto propagandando il NO ai 5 referendum. In tal modo avrebbe favorito il raggiungimento del quorum, con la vittoria del SÌ, essendo insufficienti i NO provenienti dal centrodestra.
A monte di tutto questo c’è la scelta del governo di considerare al pari di nullità, operai e lavoratori dipendenti, nel non dir loro, men che meno spiegare le motivazioni per le quali dovrebbero astenersi sia sui 4 referendum del lavoro, sia su quello della cittadinanza.
L’invito del governo ad “astenersi” è arrivato di soppiatto, quasi di nascosto, come contrabbandieri che non vogliono farsi sorprendere.
Ciò conferma senza ombra di dubbio, che la Meloni e il suo governo, non hanno motivazioni valide che giustifichino la loro indicazione di astenersi, salvo quella di sabotare , silenziandone il più possibile la propaganda sui 5 quesiti.
Il primo. Non possono giustificare perché non si dovrebbe cancellare le norme sui licenziamenti del Jobs act, che permettono alle aziende di non reintegrare un operaio – assunto dopo il 2015 – licenziato in modo illegittimo.
Il secondo. Non possono giustificare il tetto massimo dell’indennizzo, in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole aziende (non essendoci il reintegro), invece di lasciare che sia il giudice a definire senza alcun limite, il giusto risarcimento.
Il terzo. Non possono giustificare la liberalizzazione dei contratti a termine.
Il quarto. Non possono giustificare in caso di infortunio o malattia professionale, l’esclusione della responsabilità della azienda appaltante insieme a quella del committente, e non solo a quest’ultima.
Il quinto. Non possono giustificare la negazione del dimezzamento da 10 a 5 anni, i tempi per la concessione della cittadinanza italiana.
Senza se e senza ma, votiamo 5 SÌ l’8 e il 9 giugno! Sarà un quorum “contro”, e la valanga di SÌ peserà ancora di più dopo la chiusura dei seggi.
Saluti Oxervator.

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