Indiani Sikh, “Dieci ore a lavorare sui campi ma te ne pagano solo due”

dalla repubblica ROMA – “Lavoro dieci ore al giorno, ma il padrone ne segna solo due. In un mese sono stato sui campi tutti i giorni, anche la domenica. Lui mi ha segnato solo sei giorni. Non è giusto”. A parlare è Singh, un bracciante sikh dell’agro pontino. Uno sfruttato a norma di legge.Schiavo alla luce del sole. Sì, perché lo sfruttamento nel nostro Paese può nascondersi anche sotto vesti legali. A due passi dalla Capitale, tra assunzioni via cellulare, buste paga contraffatte, contratti mai sottoscritti, ricatti e intimidazioni. I “nuovi schiavi”. A denunciare la situazione della comunità indiana nell’agro […]
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ROMA – “Lavoro dieci ore al giorno, ma il padrone ne segna solo due. In un mese sono stato sui campi tutti i giorni, anche la domenica. Lui mi ha segnato solo sei giorni. Non è giusto”. A parlare è Singh, un bracciante sikh dell’agro pontino. Uno sfruttato a norma di legge.Schiavo alla luce del sole. Sì, perché lo sfruttamento nel nostro Paese può nascondersi anche sotto vesti legali. A due passi dalla Capitale, tra assunzioni via cellulare, buste paga contraffatte, contratti mai sottoscritti, ricatti e intimidazioni.

I “nuovi schiavi”. A denunciare la situazione della comunità indiana nell’agro pontino è un nuovo rapporto di In Migrazione Onlus, che verrà pubblicato in occasione del convegno Terra e libertà a Latina, lunedì 20 ottobre, organizzato dalla Regione Lazio. “Orari di lavoro impossibili che arrivano a 14 ore filate sotto il sole nei campi, o peggio dentro serre asfissianti, sette giorni su sette. Salari da fame, che arrivano a toccare i tre euro l’ora, corrisposti con ritardi di mesi, a volte di anni. Ritmi impossibili e disumani che costringono alcuni indiani a doparsi per reggere quei ritmi, le relative fatiche fisiche e conseguenze psicologiche”.

Buste paghe fittizie. Quello che emerge di nuovo è uno sfruttamento legalizzato: “Una zona “grigia” dello sfruttamento nei campi che si realizza drammaticamente tra le pieghe delle norme e delle prassi vigenti. Buste paga e contratti di lavoro in regola per i braccianti, apparentemente impeccabili in caso di controlli, dove però un lavoratore risulta impiegato per sole due giorni al mese. Il resto delle ore di lavoro sono sommerse, segnate a matita dal padrone su pezzetti di carta, con costi orari ben lontani da quelli previsti dal contratto nazionale. È il caso di molti lavoratori indiani che ricevono una buste paga con segnati tra i 4 e i 6 giorni di lavoro a fronte del mese intero lavorato, senza ferie né domeniche di pausa”.

La giovane Kaur. “Mio marito lavora in campagna. Lui brava persona. Lavora in cooperativa. No beve whisky, no mangia carne, no fuma. Lavora sempre tanto. Anche dieci, dodici ore, anche più. Però padrone paga solo 350 euro al mese. Lui scrive su foglio che deve dare a noi 2600 euro e poi invece dà solo 200/300 euro. Nostra famiglia come vivere così? Io ho bambino. Cosa dare da mangiare a lui?”.

Sentinelle e fughe. Non solo. C’è un sistema nei campi per prevenire possibili controlli, con tanto di sentinelle e vie di fuga pianificate per far sparire all’occorrenza i lavoratori irregolari. Ancora una testimonianza: “Padrone furbo. Io so che fuori cooperativa c’è persona che fa guardia e quando arriva controllo allora avverte padrone che manda via indiano irregolare. Poi richiama. Ci sono 6-7 aziende che fanno così. La mattina chiamano 20-30 indiani per raccogliere verdura, zucchini, fiori di zucca. Uno sta fuori cancello. A volte indiano, a volte italiano. Quando viene macchina di carabinieri o finanza lui chiama padrone e manda via indiani. Così nessuno vede. Tutto a posto. Ma sfruttamento c’è. Ed è tanto”.

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