IL MADE IN ITALY SCAPPA DAL LAVORO REGOLARE

Gli operai imparano lottando. Un grande insegnamento viene dalle fabbriche dell’area industriale di Forlì, in cui si producono divani. Imporre ai padroni il rispetto dei contratti, anche se è importante, non basta. Bisogna impedire poi che questi scappino via in cerca di operai ancora disposti a farsi supersfruttare. Il primo passo per questo è non fidarsi mai di questi irriducibili nemici degli operai., pronti ad impedire ogni tentativo di smantellamento della fabbrica.

Gli operai imparano lottando. Un grande insegnamento viene dalle fabbriche dell’area industriale di Forlì, in cui si producono divani. Imporre ai padroni il rispetto dei contratti, anche se è importante, non basta. Bisogna impedire poi che questi scappino via in cerca di operai ancora disposti a farsi supersfruttare. Il primo passo per questo è non fidarsi mai di questi irriducibili nemici degli operai., pronti ad impedire ogni tentativo di smantellamento della fabbrica.

Caro Operai Contro, sarebbe sempre opportuno vagliare l’esito positivo o negativo di una lotta operaia, sia se vissuta direttamente, sia per quanto possibile in condivisione. Farne le dovute valutazioni sulle forme in cui è stata condotta, la cronologia delle varie fasi, la dinamica complessiva. La sua “archiviazione” rimarrà nel bagaglio delle esperienze da esaminare ogni qualvolta un analogo scontro fra operai e padroni si presenti in altre fabbriche o realtà.
A maggior ragione quando una lotta è interna ad un territorio ad alta concentrazione operaia, come il “distretto dell’imbottito” di Forlì. Dove in 310 aziende e miniaziende con 4mila operai, si producono divani e loro componenti.
Prendiamo la “sorpresa” di questi giorni che i padroni del mobile del magazzino Gruppo 8 di Forlì, hanno riservato ai loro 40 dipendenti in buona parte pakistani.
A dicembre questi operai avevano scioperato a oltranza per oltre una settimana, ottenendo l’assunzione a tempo indeterminato. Non più in nero né in grigio, ma orario di lavoro e salario con un regolare contratto di lavoro. Insomma, la giornata lavorativa di 8 ore per 5 giorni, rispetto le 12 ore al giorno per 7 giorni cui erano prima costretti, a cinque euro all’ora e senza alcun riconoscimento né maggiorazione del lavoro straordinario.
La novità è che oggi questi 40 operai sono a rischio licenziamento, con un ordine di sgombero e la fabbrica in via di smantellamento.
Come materialmente si sia arrivati a questo è importante cercare di capirlo e divulgarlo, per evitare che si ripeta, in modo che in un’altra fabbrica, presentandosi la stessa situazione, gli operai, facendo tesoro dell’esperienza, disponendo di un maggior numero di informazioni, potranno con più efficacia mettere il bastone fra le ruote al piano del padrone.
La tattica usata dal padrone del magazzino Gruppo 8 di Forlì.
Lunedì 30 giugno, i capi dicono agli operai di stare a casa qualche giorno in ferie forzate, a causa di un calo di commesse. Ingenuamente gli operai nei giorni seguenti non si presentano al lavoro.
Mercoledì 2 luglio, al sindacato Sudd Cobas l’azienda comunica che il committente degli ordini di lavoro – che è anche il proprietario del magazzino – non ha intenzione di rinnovare il comodato d’uso all’azienda di falegnameria che si trova nel magazzino e che, fra l’altro, lavora solo con Gruppo 8.
Giovedì 3 luglio, parte il presidio operaio permanente, ma nel magazzino è già il terzo giorno che stanno portando via macchinari, container, in pratica smantellando la fabbrica. Le imprese che stanno facendo il trasloco hanno trovato via libera, perché gli operai avevano dato retta ai capi, standosene a casa in ferie forzate.
Venerdì 4 luglio, dalla Prefettura arriva la comunicazione di sgombero del presidio, ed un NO alla richiesta sindacale di un incontro con i proprietari del capannone, che sono anche i committenti, gli stessi che erano accorsi in Prefettura 7 mesi fa per firmare l’accordo dopo lo sciopero a oltranza.
Bilal Muhammao, uno degli operai pakistani del presidio accusa l’azienda: “Vogliono che lavoriamo 12 ore, dal momento che ne lavoriamo 8 ora, non ci vogliono più”. Il monito per tutti gli operai in questo caso, è che in mancanza di un accordo con il sindacato, il padrone non può comandare gli operai di mettersi in ferie collettive.
Scrive il Fatto Quotidiano: “In quel magazzino si producono divani di lusso Made in Italy, venduti soprattutto nei mercati esteri”.
Anche nel distretto del divano di Forlì, con i suoi 4mila operai, come nel distretto dell’alta moda di Prato con 8mila operai, il Made in Italy mal sopporta o scappa dal lavoro regolare. Che sia questo il vero motivo per il quale la legge del governo Meloni tutela e promuove il Made in Italy?
Il Sudd Cobas denuncia che dal momento in cui gli operai ottengono con la lotta un rapporto di lavoro nella piena legalità, scatta l’operazione di spostamento delle produzioni. Dalle voci che girano la falegnameria dovrebbe rimanere sul territorio, mentre l’imbottitura spostarsi in Cina. Ma gli operai non si arrendono, proseguono il presidio e chiamano alla solidarietà gli operai delle aziende del territorio, oggi per respingere i licenziamenti al Gruppo 8, domani se toccherà a un’altra fabbrica del distretto del divano.
Saluti Oxervator.

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