A scorrere l’elenco di coloro che hanno partecipato alla festa di Atreju si capisce di che pasta sono capi politici, sindacalisti, giornalisti e attoruncoli che si spacciano per antifascisti, progressisti: sono solo opportunisti del “tengo famiglia” che hanno dato una mano alla Meloni per rafforzare il suo potere.
Caro Operai Contro, riconfermandone la linea, l’ultimo giorno hanno parlato i capi dei 4 partiti di governo: Salvini, Tajani, Lupi e in chiusura la Meloni, presidente di FDI, il partito che ha messo in scena la festa di Atreju. Il suo comizio da prolungato avanspettacolo è stato tutto un interfacciarsi con la sinistra per dire, in sintesi, come sugli stessi temi noi al governo siamo più bravi di loro. Non è mancato l’attacco ai giudici, alla Cgil, alla “Schlein che scappa” e ai “comunisti” che occupano le case. E qui la Meloni tira in ballo Ilaria Salis, per tacere sul problema abitativo e il “grande piano casa” rimandato al futuro. In tutti i punti che ha toccato la Meloni, lo ha fatto senza entrarvi nel merito, modulando da navigata attrice il tono di voce, là dove la teatralità risuonava al meglio. Senza entrare nel merito è rimasto il tifo da stadio.
Negli 8 giorni prima della chiusura della festa, tentando di dare all’iniziativa una veste autorevole e un sapore nazional-popolare, per apparire attraente a tutte le “tasche”, alla passerella vari ministri hanno ribadito le proprie posizioni. Compreso il ministro delle imprese e del Made in Italy, A. Urso, che, non potendo esimersi dal partecipare, è intervenuto senza prospettare una soluzione per le migliaia di operai ex Ilva, con il posto di lavoro a rischio.
Numerosi i politici, anche dell’opposizione parlamentare, esponenti dello spettacolo e presentatori famosi. Una ricerca di credibilità, affiancando la pizza alla mortadella negli stand della festa, con l’ideologia del merito di amici e parenti, con la quale il melonismo giustifica e sostiene con la propria politica, la società piramidale in tutte le sue forme sociali. Dalle famiglie, dalla scuola al lavoro, ecc.
Con la Meloni, che al governo fa tutto il contrario di ciò che diceva quando era all’opposizione, non c’è dibattito che tenga. Se non girando alla larga dai problemi reali, come appunto ha fatto FDI insieme ai suoi alleati in questi 3 anni di governo, penalizzando operai e strati sociali più deboli.
La festa di Atreju, presentata da FDI come “Un evento di parte ma non di partito”, ha dato un paravento ai partiti dell’opposizione parlamentare per inviare delegazioni di senatori, deputati, sindaci e presidenti di regioni; presenti gli stessi capi di partito del “Campolargo”, tranne la Schlein e Fratoianni. Dopo aver per anni denunciato il neofascismo, la deriva reazionaria al governo, politici ed intellettuali si sono ben seduti ad una festa di tradizione fascista, non rinnegata e nemmeno nascosta. Il ceto politico e intellettuale italiano ha una lunga tradizione di trasformismo e di saper saltare sul carro del vincitore al momento giusto, “tengono famiglia”.
Solo il fatto di essere andati a casa dell’avversario politico al governo del paese, – pur non condividendone l’operato – in una certa misura ne attutisce la sua collocazione nella destra fascista e se ne legittima la politica antipopolare (blindata fra l’altro a proposte di modifiche e varianti), supportata dai decreti sicurezza. Ancora più vero per un governo che sfugge al confronto ed al dibattito in parlamento, la sede preposta.
Sono accorsi nel calderone dei camerati in borghese i sindacati confederali (tranne la Cgil ) con D. Fumarola e P. Bombardieri, rispettivamente segretari di Cisl e Uil, oltre a P. Capone, segretario dell’Ugl. Anche alcuni giornalisti, oltre alle testate filogovernative, si sono prestati a dibattiti asfittici, talvolta demenziali.
Come quello che ha visto la ministra della Università, Bernini, inveire contro gli studenti etichettandoli ripetutamente al grido: “poveri comunisti” (come fosse un crimine o disonorevole esserlo).
Oppure il giornalista Travaglio che non ha replicato alle risposte del ministro della Difesa, Crosetto, quando ha detto che il governo Meloni è in prima fila a sostenere la causa palestinese. Riguardo al governo israeliano di Netanyahu (responsabile del massacro dei palestinesi anche con armi e aiuti del governo Meloni), Crosetto se ne è uscito dicendo: “Nei confronti di Israele abbiamo avuto un atteggiamento durissimo, nessuno ha detto parole più dure di noi in Occidente”. Della serie: “Quante me ne ha date, ma quante gliene ho dette”.
Il dibattito tra politici “riesumati” dal passato, nella fattispecie fra G. Fini, (vicepresidente del Consiglio dal 2001 al 2006) e Rutelli (sindaco di Roma dal 1993 al 2001), al di là dello stretto contenuto del confronto che ha ripercorso i trascorsi su fronti contrapposti nello schieramento politico e parlamentare; agli organizzatori di Atreju la figura di Fini è servita come anello di congiunzione, nel tracciare la continuità storica della “fiamma tricolore” nella simbologia della Destra italiana.
Presente sulla tomba di Mussolini a Predappio, la fiamma tricolore nel 1946 passa nel simbolo del Movimento Sociale Italiano (MSI) di cui Fini è stato segretario nazionale e ha mutato il MSI in Alleanza Nazionale (AN), con sempre la fiamma tricolore nel simbolo, poi passata nel simbolo di Fratelli D’Italia (FDI). Che sia la “fiamma tricolore” il Made in Italy di cui parlano?
Saluti Oxervator.