Il famoso piano di pace di Trump rappresenta soltanto una debole tregua, copre i rastrellamenti e le uccisioni dei palestinesi, copre l’occupazione permanente di una parte di Gaza e dà mano libera ai coloni israeliani nel rubare territori palestinesi in Cisgiordania
Il piano di pace di Trump in Palestina non risolve niente, come sottolineato da più parti. Tutt’al più rappresenta una debole tregua, anche se le uccisioni di palestinesi nella striscia sono continuate anche dopo la tregua arrivando a più di 380 palestinesi uccisi dal suo inizio. Anche sul versante degli aiuti, essi rimangono insufficienti per i palestinesi, “ben al di sotto di quanto concordato”. La tregua è iniziata il 10 ottobre e, con il suo inizio, UNICEF e altre organizzazioni hanno identificato 9300 bambini al di sotto dei 5 anni affetti da malnutrizione acuta, un numero 5 volte superiore rispetto al livello di febbraio quando ci fu l’altra tregua.
Trump è un palazzinaro e nella striscia di Gaza “pacificata” vede la costruzione di una “riviera turistica” abitata da ricchi villeggianti. Che fine faranno i 2.000.000 di palestinesi sopravvissuti?
Forse una parte verranno utilizzati per costruire gli alberghi. E gli altri?
Il piano di Trump esclude completamente il punto di vista palestinese e i sionisti continuano a negare qualsiasi possibilità all’esistenza di uno Stato palestinese. I palestinesi dovrebbero accettare di essere disarmati, di smettere di lottare contro il colonialismo e accettare le decisioni degli altri sulla propria pelle.
Intanto i borghesi sionisti occupano il 53% di Gaza delimitato da una “linea gialla” che i palestinesi non possono superare e che cambia costantemente. Il territorio che delimita, lo hanno già dichiarato, rappresenta “il nuovo confine”.
La strategia dei colonialisti israeliani è chiara: costringere i palestinesi ad andarsene, oppure morire. La stessa strategia viene applicata sia a Gaza che in Cisgiordania.
A Gaza i palestinesi vengono uccisi e affamati, mentre il territorio su cui possono stare si restringe sempre di più. Non a caso gli egiziani di Al Sisi hanno rinforzato i confini militarizzandoli ed erigendo barriere. Non contro gli israeliani, ma contro i palestinesi, per evitare che costretti dal governo sionista invadano in massa il territorio egiziano.
In Cisgiordania, i coloni sostenuti dall’esercito israeliano continuano a rubare le terre palestinesi migliori. I legittimi proprietari se reagiscono vengono uccisi o arrestati. Persa la terra sono costretti a spostarsi nelle città sovraffollate dove il governo Netanyahu li sta concentrando. Gli agglomerati urbani palestinesi somigliano sempre di più a campi profughi, senza servizi e senza nessuna occupazione lavorativa. Gli stessi fondi delle organizzazioni umanitarie e degli stati arabi che, per lavarsi la coscienza, cercano di dare ai palestinesi, vengono gestiti da Israele e distribuiti con il contagocce. Anche qui, in Cisgiordania, lo scopo è di rendere le condizioni di vita impossibili e costringere i palestinesi ad andarsene. Primo paese di riferimento per la deportazione, la Giordania che, come l’Egitto, non ha nessuna intenzione di accoglierli. Ma altri paesi vengono presi in considerazione. Ogni giorno esce qualche nuova destinazione.
Il problema per il colonialismo israeliano è che i palestinesi non vogliono andarsene.
Nella stessa Gaza solo poche centinaia hanno accettato di imbarcarsi in voli senza ritorno verso altri paesi. Tutti voli organizzati dai sionisti al governo dopo aver depredato di tutto quello che avevano chi partiva.
In Cisgiordania i palestinesi sono 3.300.000. A Gaza, prima del genocidio, erano oltre 2.000.000.
In Israele su circa 10.000.000 di abitanti il 20% circa sono arabi che, pur essendo cittadini israeliani, hanno meno diritti degli altri.
Ormai 700.000 coloni ebrei vivono in Cisgiordania occupandone una parte consistente, controllando le terre migliori e l’approvvigionamento idrico. Di Gaza, attualmente, ne è rimasta meno della metà in mano ai palestinesi.
I palestinesi sono quindi numericamente allo stesso livello degli ebrei. Senza tener conto delle migliaia che vivono nei campi profughi negli altri paesi del Medio Oriente e il cui unico obiettivo è quello di rientrare in Palestina.
I sostenitori occidentali, e non solo, continuano a parlare di Stato Palestinese. Alcuni di loro, tra i più accaniti sostenitori di Israele e in prima linea nella repressione dei movimenti filo palestinesi in patria, come l’Inghilterra, hanno già riconosciuto formalmente questo Stato Fantasma.
Dove mai si farà questo fantomatico Stato Palestinese che da decine di anni rappresenta la posizione opportunistica dietro cui si mascherano tutti quelli che sostengono la borghesia israeliana, la sua azione coloniale e a chiacchiere parlano di diritti dei palestinesi?
Lo Stato dei palestinesi è una buona intenzione che può accontentare qualche illuso e può far apparire gli stati europei come equidistanti tra le due parti. Nella realtà, come ben sanno coloro che lo sostengono, è impossibile da realizzare finché la resistenza del popolo palestinese non sconfiggerà sul campo l’imperialismo israeliano. Parlano di due stati e collaborano con Israele a schiacciare il movimento di liberazione palestinese.
Altro che piano di pace. Il futuro che si prospetta è l’esatto contrario.
Se gli ebrei degli strati sociali più bassi rompessero con il movimento politico che sostiene essere il “popolo eletto” che deve costruire il proprio Stato in un territorio abitato da un altro popolo, i palestinesi, darebbero un reale sostegno alla lotta dei palestinesi per costituirsi in Stato indipendente.
Ma una parte degli ebrei israeliani, da una media borghesia ad una grande borghesia miliardaria, ha come unico obiettivo quello di buttare fuori i palestinesi e appropriarsi di quello che rimane della loro terra. Per realizzare questo obiettivo hanno lasciato una scia di sangue e sofferenze che hanno creato nei loro confronti odio profondo.
F. R.