Che strano, agitano la questione della sicurezza sociale, chiedono più repressione per la piccola delinquenza comune per dare addosso agli emigrati, ma passano sotto silenzio la vera emergenza sociale, gli assassinii degli operai mandati a lavorare, senza sicurezza, dai padroni per i loro profitti.
Caro Operai Contro, “Mia figlia è morta 3 volte: quando il macchinario l’ha portata via, quando sono stati concessi quei patteggiamenti e con questa assoluzione”. Così al Tribunale di Prato ha tuonato alla lettura della sentenza, E. Marrazzo la madre di Luana, aggiungendo: “La legge non è uguale per tutti”.
Sono passati più di 4 anni da quando la giovane operaia di 22 anni e madre di un bambino, Luana D’Orazio, il 3 maggio 2021, moriva risucchiata da un orditoio, dal quale erano state rimosse le misure di sicurezza, per consentire – come hanno accertato le indagini – di produrre più pezzi in meno tempo, aumentando la produttività dell’8%.
Dai processi per le morti sul lavoro, i padroni se la cavano con qualche multa, molto raramente condanne, ma con la condizionale. Gli anni di galera – il decreto sicurezza del governo Meloni – li appioppa agli operai e ai giovani che lottano e presidiano. Inoltre con i subappalti a cascata voluti da questo governo, gli operai sempre più numerosi sul lavoro ci lasciano la vita.
Qui si potrebbe innestare la considerazione: se la “separazione delle carriere dei magistrati”– come dicono i partiti dell’attuale opposizione parlamentare – porterebbe i pubblici ministeri sotto la linea politica del governo di turno, vorrà dire che i processi per le morti sul lavoro, assolverebbero ancora più sfrontatamente i padroni con le loro responsabilità?
Certi omicidi per il profitto, impropriamente detti “infortuni mortali sul lavoro”, sfuggono al controllo mediatico, che di solito li affossa in pochi giorni, e diventa più arduo per l’informazione filo padronale mandarli nel dimenticatoio come una inevitabile disgrazia. Se, come quello di Luana, diventano un “caso”, restano in primo piano per un po’ di tempo, oppure riaffiorano periodicamente, si può vedere nei vari passaggi – dall’istruttoria alla sentenza finale – le tappe di una “giustizia” che assolve l’azienda.
A meno che si voglia pensare sia sempre una combinazione che, con avvocati e studi legali da una certa tariffa in su, portino a percorsi processuali e sentenze dove tutto finisce in una bolla di sapone o quasi. Fino al paradosso di un processo concluso, ad esempio, senza dire chi ha manomesso il macchinario.
Erano proprio i padroni, i titolari dell’azienda, i coniugi Coppini e Faggi, ad essere accusati di “omicidio colposo e manomissione dei dispositivi di sicurezza dell’orditoio”. Loro, i titolari, sono stati i primi già nel 2022 a uscirne indenni con un patteggiamento: 2 anni per lei e 1 anno e sei mesi per lui, pene non scontate perché entrambi incensurati.
Il 18 novembre 2025 la sentenza definitiva ha assolto M. Cusimano, l’unico imputato rimasto. il manutentore esterno dell’azienda “assolto per non aver commesso il fatto”. Il giudice lo ha assolto con formula piena ritenendo che con la sua formazione di “meccanico”, non possieda le cognizioni “di elettricità” indispensabili a chi ha rimosso la sicurezza antinfortunistica costata la vita a Luana.
Neanche un mese fa il 28 ottobre, il governo approvava un decreto legge che andrà in vigore nel 2026, “per rafforzare gli interventi sulla sicurezza” . Promette più ispettori e controlli, ma nessun intervento sulle reali cause degli “infortuni”. E’ una scatola vuota per la propaganda della Meloni che, con il solito tono trionfalistico, ha declamato: “Il governo ha mantenuto un altro impegno con gli italiani”.
Con il commento alla chiusura del processo, indirettamente risponde alla Meloni quello che all’epoca era il fidanzato di Luana: “Me lo aspettavo. Questo è lo specchio del nostro Paese: una ragazza morta e nessuno che paga, è una pugnalata”.
A quanti macchinari nelle aziende, a tutt’oggi, hanno neutralizzato il dispositivo di sicurezza per produrre più in fretta?
Organizzarsi collettivamente nei posti di lavoro. Non permettere di velocizzare il lavoro, rimuovendo le misure antinfortunistiche, ed esigerle dove mancano. Fra operai coprirsi le spalle a vicenda nel segnalare mansioni e postazioni pericolose e a rischio di “infortunio”.
Saluti Oxervator.
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